Lo spazio bianco. DDF Numero Uno

di Pina La Villa - domenica 13 febbraio 2011 - 3610 letture

Nel film di Francesca Comencini “Lo spazio bianco”, Maria (Margherita Buy), che vive da sola, incontra Pietro. Quando rimane incinta lui scompare e lei è costretta ad affrontare da sola le difficoltà dell’attesa, complicate poi dalla nascita prematura della bambina.

Lo spazio bianco è quello in cui Maria vive il suo rapporto con la figlia, nell’attesa angosciosa sospesa tra la vita e la morte. Spazio dell’anima, che nel film risulta visibile nella sala delle incubatrici, con le tende dell’ospedale che si aprono e si chiudono segnando il passaggio dall’insicurezza a brevi momenti di gioia, e che nella realtà è quello vissuto da tutte le donne "in attesa".

La nascita prematura e l’attesa della giornata in cui “toglieranno i tubi” (e quindi la bambina dovrà farcela da sola a respirare e a vivere), aiutano a raccontare l’esperienza della maternità nella sua dimensione drammatica. In primo luogo la solitudine: Maria è sola, la responsabilità di una nuova vita è tutta sulle sue spalle. La gravidanza è un’esperienza vissuta in solitudine in un dialogo continuo col proprio corpo che custodisce una vita. Poi l’inadeguatezza: Maria ha quarant’anni - “non si fanno figli da vecchie” - dice in un momento di sconforto. Ma tutte le donne si sentono inadeguate di fronte alla responsabilità di una vita da consegnare al mondo. E’ sempre o troppo presto o troppo tardi o non è il momento giusto.

Poi, e soprattutto, l’attesa. La dolce attesa, ci hanno sempre raccontato. Le cose non stanno esattamente così. E’ l’attesa più lacerante. Maria è impaziente, non ce la fa a sopportare l’attesa, l’alternarsi di paura e speranza. Eppure deve imparare la pazienza. Sua figlia le insegna il dolore e la rinuncia, la obbliga a convivere con l’angoscia, a sopportare lo spazio bianco.

Perché non si torna indietro, anche se andare avanti fa paura. Gli occhi di Maria scrutano preoccupati quel minuscolo corpo dentro l’incubatrice che non sa se avrà forza sufficiente per vivere, e contemporaneamente si illuminano per lo stupore, per il miracolo di aver dato forma a un corpo e a una vita nuovi. Ormai il senso della sua vita è affidato a quel respiro. E se non ce la farà? Tutto, nel film, racconta l’attesa, la fragilità e la forza di Maria: le storie degli altri personaggi, la fotografia dei vari luoghi della città, la musica, e la straordinaria interpretazione di Margherita Buy.

Viviamo uno strano clima, in questi giorni, non solo in Italia : impoverimento, restrizione delle libertà,ingiustizia sociale, violenza, producono quella che viene definita la “paura del futuro”. Viviamo in uno “spazio bianco”? Credo di sì. E nello spazio bianco dell’attesa ci servono la forza e la tenacia di Maria.


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Il Numero Uno della rivista DDF, gennaio 2011