|
Gente di Roma - Cartoline dalla capitale
Regia:
Ettore Scola
Che un regista come Ettore Scola, maestro riconosciuto del
cinema italiano tout court (non solo commedia, dunque),
accetti alla veneranda età di settanta anni di rischiare
e rimettersi in gioco realizzando un film in digitale, agile
e snello come un esempio di cinéma-verité
d’annata, senza con ciò virare dalla sua poetica
di stampo umanistico-affabulatorio, è senz’altro
una nota di merito. Che per ottenere ciò, il buon
Scola sia costretto a ripiegare sul bozzetto localistico
e vagamente cartolinesco sulla Roma-Capitale, popolata di
personaggi-macchietta senza spessore né profondità,
è una colpa, specie per un fine sceneggiatore come
lui, che si è decisamente poco inclini a condonare.
“Gente di Roma” è un collage di episodi
minimalisti aventi come unico comun denominatore un ipotetico
itinerario tranviario attraverso i quartieri più
significativi della città; e se alcuni di questi
sketches possiedono una relativa autonomia drammaturgica
(soprattutto quello sull’autobus, protagonisti un
logorroico Salvatore Marino e un laconico Valerio Mastandrea),
la maggior parte degli episodi possiede una valenza di poco
superiore alla barzelletta.
Il tentativo, va da sé, è quello di creare
un affresco corale, variegato e multiforme (oltre che, ma
guarda un po’, multiculturale e interrazziale) che
faccia della differenza (di sguardo e di rappresentazione)
la propria linea maginot. Ma l’accumulazione di singoli
frammenti pare non produrre in realtà alcuna sintesi,
e a latitare è proprio la determinazione univoca
di un discorso unitario che si faccia visione del mondo,
e soprattutto di una città. E non bastano certo le
digressioni fantastico-soprannaturali in un cimitero, con
un esangue personaggio che ascolta le voci dei morti (con
annessa citazione dostoevskijana affidata alla voce dello
stesso Scola), o i ripetuti riferimenti all’attualità
(Nanni Moretti e Vittorio Foa che arringano le folle, una
puntata – assolutamente pleonastica – al Gay
Village) a conferire spessore e consistenza a una scrittura
tanto frammentaria quanto asfittica. Alla fine, di Roma
restano alcuni scorci piuttosto risaputi e una generale
sensazione di precarietà e incompletezza: ma dove
sono le borgate, i quartieri limitrofi, e soprattutto la
gente che li abita? Siamo veramente sicuri che la chiosa
più esatta per un film del genere sia il silenzioso,
malinconico incontro tra due anziani in una Piazza di Spagna
deserta illuminata dalle prime, pallide luci dell’alba?
Certo, a ben guardare, “Gente di Roma” si segnala
comunque per un uso consapevole del mezzo digitale, lontano
dai dogmi di facciata e vicino – come dovrebbe essere
– alla realtà. Ma rimane la fastidiosa sensazione
di un’occasione buttata malamente alle ortiche, un
atto mancato d’autore, un film monco e (volutamente?)
incompiuto. Peccato.
|