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L’ambiguità della memoria
di Sergio Di Lino
Film:
La Roma di Mussolini
Un’iniziativa, quella promossa dall’Istituto
Luce, che farà sicuramente discutere. Recuperare,
attraverso la realizzazione di una serie di documentari
di montaggio costruiti sulla selezione e il successivo assemblaggio
di spezzoni di cinegiornali d’epoca, la memoria storica
di un periodo normalmente rimosso della recente storia italiana,
il ventennio fascista, concentrandosi in particolar modo
sull’elemento di creazione architettonica. Operazione
affascinante e al tempo stesso pericolosa, che deve giocoforza
muoversi sul crinale dell’ambiguità, tanto
ideologica quanto etica, come dimostra chiaramente questa
prima issue della serie, “La Roma di Mussolini”.
Il quadro che emerge dalla visione del documentario è
quello di un governo totalitario che, facendo gioco (e questo
si sapeva già) su un populismo di marca aggressiva
e fortemente retorica, nonché su di un culto della
forza primordiale e della magnificenza imperiale, cercò
a più riprese di glorificare il proprio stato in
essere mediante la costruzione di vere e proprie cattedrali
laiche, monumenti eretti a uso e consumo di una sorta di
generalizzato culto dell’ego riveduto e corretto.
Attraverso il recupero di un maldigerito neoclassicismo
di marca imperiale (statue, monumenti), ibridato da una
tendenza alla rifunzionalizzazione di forme e schemi, il
corpus architettonico della Roma fascista si presente sotto
l’egida della redenzione del territorio italico dalla
barbarie della natura, nel nome del progresso che la rivoluzione
fascista avrebbe dovuto portare. Va da sé che tale
imprinting da Roma può essere trasposto senza difficoltà
a qualunque altra zona d’Italia. Ma forse, proprio
in quanto capitale, Roma si offre allo sguardo come la cartina
tornasole di un’intera ideologia, o per meglio dire
di una ben precisa strategia di propaganda. Le meravigliose
e gloriose sorti a cui si voleva destinato il popolo italiano
si riverberano nello splendore monumentale delle costruzioni
pensate e volute dagli architetti del regime, in cui tutto
viene pensato secondo dimensioni che vorrebbero lambire
il sublime sposandosi con la sobrietà del classicismo.
Proprio in questo risiede l’ambiguità di fondo
del documentario. Nel momento in cui esso rappresenta una
realtà apparentemente incontrovertibile, mostrando
con cognizione di causa come alcune vestigia del regime
costituiscano ancora oggi lo scheletro e il sistema linfatico
di un’intera città (la città universitaria,
i campi sportivi, alcuni quartieri periferici, la “City”
amministrativa dell’Eur, la metropolitana), la distinzione
fra accettazione di una realtà di fatto e revisionismo
storico sembra farsi, a una prima occhiata men che labile,
fino quasi a dissolversi del tutto. Il gioco dell’ambiguità
permette di apprezzare al meglio alcuni passaggi delicati
(il culto del lavoro come agit-prop dell’ideologia
fascista in ambito proletario), ma permane il sospetto di
una certa accondiscendenza nella raffigurazione del periodo.
Forse ciò è insito nel tono generale dei cinegiornali
Luce, attraverso i quali i due registi (coadiuvati da un
nutrito pool di esperti) costruiscono il loro discorso,
e di certo ciò non va minimamente a compromettere
il rigore filologico e la serietà del prodotto finale.
Il rischio è che a un osservatore superficiale il
documentario appaia a tratti agiografico, se non addirittura
qualunquista.
“La Roma di Mussolini” è distribuito
direttamente su supporto DVD edito dall’Istituto Luce.
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