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Sessant’anni
fa cominciava la resistenza. Scalfaro e Fassino: nessun
revisionismo cancella la storia.
di Lorenzo Misuraca
L’incontro sulla Resistenza, che si è tenuto
nel padiglione Willie Brandt della Festa nazionale dell’Unità
in occasione del sessantesimo anniversario dell’8
settembre 1943, è stato un’occasione utile
per gli invitati, tra cui Piero Fassino e Oscar Luigi Scalfaro,
di ricordare una delle pagine più
importanti della storia italiana, senza dimenticare le questioni
politiche attuali.
Insieme ai due politici, erano presenti Stefano Fancelli,
presidente nazionale della Sinistra Giovanile, Tino Casali,
presidente dell’Associazione Nazionale dei Partigiani
Italiani, e la on. Giglia
Tedesco, a fare da padrona di casa. Il partigiano Arrigo
Boldrini, nome di battaglia “Bulov”, era assente
per lievi problemi di salute.
È
stato un incontro molto partecipato. Regnava l’aria
di simbolico passaggio di testimone ai giovani, rappresentati
da Stefano Fancelli, del ruolo di custodi della memoria
storica della Resistenza.
Il sessantesimo anniversario della Resistenza acquista un
particolare rilievo in un periodo in cui i valori della
libertà, della democrazia, e dell’antifascismo
conquistati allora vengono messi in pericolo dall’azione
del governo Berlusconi, e dal revisionismo storico tentato
da più parti.
Il presidente nazionale dell’Anpi introduce il dibattito
ricordando i partigiani che “salirono in montagna”
l’8 settembre del ’43, per lottare contro il
fascismo. Ammonisce: <<non si può riscrivere
con la penna, quella Storia scritta col sangue>>,
e conclude invitando i giovani a vivere come
protagonisti la memoria del coraggio dei partigiani.
Su questo concetto ruota l’intervento di Fancelli,
che accenna ai ragazzi della Sinistra Giovanile di Marzabotto,
tenuti a mantenere vivo il ricordo della strage nazista
che vi avvenne. Scalfaro, che da poco più di un anno
è il presidente dell’istituto nazionale per
la storia del movimento di liberazione in Italia, ripete
più volte di essere emozionato. Ma l’emozione
non lo frena in un intervento divertente e zeppo di riferimenti,
neanche troppo sottili, al premier Berlusconi.
Inizia ricordando che da giovane è stato un magistrato,
e che quindi <<secondo il parere di uno che se ne
intende, anch’io faccio parte dei matti>>. E
rassicura Cofferati, tra il pubblico, che grazie alla grande
stagione sindacale di cui è stato protagonista, che
a lui del “matto” non
possono darglielo.
Racconta che prima dell’8 settembre del ’43
era stato congedato perché in Italia c’era
mancanza di magistrati (<<oggi se la giustizia è
ferma, si cantano le lodi>>), e diffida da una giustizia
vista ed esaminata solo dagli imputati…
Quando comincia a fare una breve cronologia degli stadi
di fascistizzazione del paese durante il ventennio, qualcuno
pensa alla solita lezione di storia. In realtà Scalfaro
si serve della storia per ribadire un concetto semplice:
se un governo nasce in circostanze giuridicamente corrette
(come
fu per il duce, che ricevette il mandato legislativo dal
re d’Italia Vittorio Emanuele III), non vuol dire
che non possa trasformarsi in una dittatura.
Per questo, l’ex presidente della Repubblica rifiuta
categoricamente qualsiasi revisionismo che metta sullo stesso
piano morti fascisti e morti partigiani: <<m’inchino
ai giovani morti per la repubblica di Salò credendo
che fosse la patria, ma non dimentichiamo che erano schierati
dalla parte sbagliata>>. Così come, continua
Scalfaro, i partigiani che compirono atti criminosi, infangando
la resistenza, erano dalla parte della libertà e
della democrazia. Riferendosi, poi alla lista unica di centro-sinistra,
dice che senza essere uniti si perde. Conclude ricordando
i tre termini indissolubili su cui si fonda la libertà
degli Italiani: Resistenza, Repubblica, Carta Costituzionale.
L’intervento di Scalfaro, interrotto più volte
dagli applausi, con il pubblico in piedi che lo acclama.
Fassino chiude l’incontro con un intervento breve
ma appassionato. È felice che l’apertura del
programma di celebrazione dell’anniversario della
Resistenza – che si concluderà nel 2005, organizzato
dai Ds, sia aperto da un incontro così emozionante.
Riferendosi alla cattiva memoria della destra italiana,
il segretario dei democratici di sinistra sottolinea che
<<la libertà e la democrazia non le ha regalate
al paese nessuno>>, ma sono state conquistate con
il sangue dei partigiani. Rilancia il valore della convivenza
democratica polemizzando con il clima di violenza creato
dal centro-destra: <<nella democrazia non ci sono
nemici d’abbattere, ma avversari con cui confrontarsi>>.
E spera che nella Costituzione europea in costruzione si
faccia riferimento alla Pace come valore universale. Fassino
congeda il pubblico ricordando la frase scritta su un manifesto
pubblicato nel 1963, per il ventesimo anniversario della
Resistenza: “25 aprile sempre”.
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