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Catania
- Lo spaccio di Via Ustica
Una città dimenticata dentro una città
dimenticata
di Ugo Giansiracusa
Catania è una città spaccata in due
come la vecchia Berlino. Solo che qui il muro è
invisibile. O forse si fa solo finta di non vederlo.
Ma se a Berlino il muro divideva delle persone uguali
in maniera artificiale qui, il nostro muro, divide
in maniera naturale realtà che sono veramente
assai diverse. Da una parte c'è la Catania
del ceto medio, della borghesia. Dall'altra c'è
la Catania dei quartieri poveri. Da una parte ci stanno
gli avvocati, gli insegnanti, i liberi professionisti,
la grande delinquenza affaristica. Dall'altra ci stanno
i panettieri, i venditori ambulanti, i garzoni dei
bar, la piccola delinquenza mafiosa. Da una parte
ci stanno i ragazzi che frequentano l'università
fino ai 26 anni. Dall'atra ci sono i ragazzini che
a 14 anni vanno a lavorare per portare qualche soldo
a casa.
Ma a Catania l'occupazione è veramente poca
e spesso si finisce a fare tipi di lavoro non del
tutto leciti. Sono rare le occasioni che hanno che
queste due realtà per incontrarsi. E, di norma,
anzichè un incontro si verifica uno scontro.
Ma a volte i contatti sono di tipo commerciale e allora
le cose cambiano un poco.
Via Ustica, con il suo spaccio, è uno dei
luoghi di incontro di queste due realtà che
hanno in comune soltanto l'essere nati nella stessa
città. A qualsiasi ora del giorno e della notte
un ragazzo della Catania "bene" abbia voglia
di comprare un po' di erba sa che in via Ustica può
trovare quello che cerca. La strada da fare è
poca e partendo dal centro della città in dieci
minuti si è già immersi nella realtà
dell'edilizia popolare di S. Giovanni Galermo. Grandi
palazzi costruiti come bastioni di una città
fortificata. Centinaia di appartamenti accatastati
l'uno sull'altro nel tentativo di costruire il più
possibile su uno spazio limitato. Piccoli appartamenti.
Piccoli balconi. Piccole finestre. Piccole strade.
Piccole vite.
E' odioso arrivare a pensare questo… ma la
sensazione è di essere in un altro mondo. Lontano
migliaia di chilometri da dove si è partiti.
Ogni sguardo che si incontra ti indica come un estraneo.
Ogni volto che si rivolge a te è quello duro
e cinico di chi non ha più nulla da sognare
e sperare. E' meglio non scendere dalla macchina.
Si cammina a passo d'uomo avanti e indietro finche
un paio di ragazzini di 10/12 anni si avvicinano veloci
con in loro motorini. Non ci sono preamboli. Non ci
sono giri di parole. C'è un semplice "Che
ti serve?". Basta dirgli quanti soldi vuoi spendere
e loro si allontanano dicendo di aspettare. Passano
solo pochi minuti in cui si ha il tempo di sentirsi
completamente fuori posto. Un rapido e veloce pensiero
per quei ragazzini che sarebbe bello vedere giocare
a pallone invece di correre con i loro motorini per
guadagnarsi qualche euro.
Un pensiero su questa parte di città che
sorge dall'altro lato del muro. Con le sue regole,
il suo modo di vivere, la sua economia, il suo senso
dell'onore, i suoi mille modi per sopravvivere. E
i ragazzini con cui si è parlato sono già
di ritorno. In una mano un piccolo involto di carta
di giornale. In un attimo l'involto è nelle
tue mani e i soldi nelle loro. Un rapido cenno di
saluto e il contatto fra le due realtà della
città è già finito.
Ogni tanto si sente che la polizia ha fatto una
retata da quelle parti ma ogni volta che ci sono andato
ho sempre trovato qualche ragazzino che mi veniva
incontro. Più spesso si dice che la polizia
ha paura ad andare da quelle parti e le volanti evitano
di passarci. Da quando ho l'età per comprendere
le cose questo posto è sempre stato uguale.
Solo un po' più fatiscente e degradato con
il passare del tempo.
Generazione dopo generazione i ragazzi nati in questi
palazzi vengono iniziati alla piccola delinquenza.
Forse qualcuno di loro cambierà strada. Forse
qualcuno di loro continuerà e farà carriera.
Tutto nell'indifferenza più totale. In fin
dei conti è un altro mondo…
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