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Riders
Il cinema nell’era dell’alta velocità

di Sergio Di Lino

Regista: Gérard Pirès

Dopo il successo di “Taxxi”, il regista Gérard Pirès, veterano del cinema di genere transalpino che solo nella maturità ha conseguito una popolarità indiscussa anche all’estero, tenta di riproporre la stessa formula in una coproduzione internazionale, con l’appoggio di alcune star del genere. Fedele alla linea dell’action-movie di scula bessoniana, il regista allestisce una nuova, sapida sarabanda di inseguimenti, sparatorie e acrobazie, incentrata sulle gesta di una banda di spericolati ladri-acrobati (notevole la sequenza iniziale del furto sui rollerblades), che tentano il colpo della vita ma vengono braccati dalla polizia e da un’organizzazione di delinquenti ben più feroci di loro.
Alternando sequenze di indubbia spettacolarità ad altre dai toni più intimisti, Pirès, ancora una volta, restituisce l’idea di un mondo alle soglie del caos, decostruendo lo spazio e il tempo, frammentando l’azione, smembrando di fatto la continuity narrativa. “Riders” si propone dunque, ancora una volta, come esempio molto “à la page” di cinema dell’ipervelocità, frenetico e concitato, le cui immagini viaggiano come proiettili impazziti, schegge di una realtà esplosa e destrutturata. In tale contesto, non sorprende più di tanto che il plot rifiuti una distinzione netta e manichea fra Bene e Male, in luogo di una confusione di ruoli e attitudini che sottolineano in maniera ancora più marcata il clima d’incertezza e precarietà che permea l’opera.
Ne esce fuori un film che gioca sui clichés del genere (l’attrazione fra il capo dei ladri e la tenace poliziotta che si mette sulle sue tracce, lo scontro fra la parte sana e la parte marcia delle forze dell’ordine, la lealtà di fondo dei novelli Robin Hood contro la spietata crudeltà dei veri villains del film), trascurando volutamente la creazione di una struttura nuova o spiazzante, preferendo piuttosto orchestrare delle vivaci variazioni sul tema. E se “Riders” non riesce a scongiurare del tutto il pericolo della mancanza di profondità, rimane pur sempre un film che, al di là del puro intrattenimento, riesce a restituire un’idea del caos e della frenesia malata che dominano la società contemporanea; una società in cui il romanticismo viene ben presto azzerato (l’uccisione, banale e insensata, della compagna del leader della banda, l’amore impossibile tra costui e la poliziotta che gli sta alle costole) e anche la morte assume un valore relativo.
Meno scanzonato di “Taxxi”, ma pervaso dallo stesso senso di fine imminente: dietro lo sberleffo di un “crash” automobilistico più o meno incruento, si cela lo specchio di un’era.

 

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