Rapporto di Amnesty International sul Kosovo/Kosova:
"Minoranze
prigioniere a casa propria"
A quasi quattro anni dalla fine della guerra, le minoranze
del
Kosovo/Kosova sono ancora a rischio di subire uccisioni ed attacchi
a
sfondo etnico: è quanto ha denunciato oggi Amnesty International,
presentando un nuovo rapporto dal titolo "Prigionieri nelle
nostre case".
Il rapporto descrive come le minoranze in Kosovo/Kosova non
abbiano modo di
ottenere giustizia per gli atti di violenza e le minacce alla
propria
integrità fisica e psicologica da loro subiti. L'impunità
per questi abusi
dei diritti umani costituisce un effettivo impedimento alla
libertà di
movimento e una limitazione al godimento dei diritti fondamentali,
come
quelli al lavoro, alla salute e all'istruzione.
"Fino a quando questi diritti non potranno essere garantiti,
i rifugiati e
i profughi interni che si trovano all'estero o in altre zone
della
Serbia-Montenegro non saranno in grado di rientrare nelle proprie
terre" -
ha osservato Amnesty International. "Ora che si sta discutendo
sul futuro
dell'Iraq, la comunità internazionale deve tener presente
le lezioni del
passato e assicurare l'adozione di misure efficaci per proteggere
i diritti
umani dei gruppi vulnerabili e assicurare che non vi sarà
alcuna impunità
per gli autori degli abusi dei diritti umani".
Nel suo rapporto, Amnesty International afferma che l'amministrazione
internazionale del Kosovo/Kosova si è trovata impreparata
ai massicci abusi
dei diritti umani contro le minoranze, seguiti al rapido rientro
della
comunità albanese. Sebbene gli atti di violenza contro
le minoranze siano
sensibilmente diminuiti rispetto ai mesi immediatamente successivi
alla
fine della guerra, essi continuano tuttavia ad avere luogo.
Il fatto che in larga parte i reati a sfondo etnico restino
impuniti
rafforza la sensazione che i loro autori rimarranno liberi di
compiere
ulteriori attacchi e contribuisce ad alimentare un clima di
paura.
L'impunità per gli abusi presenti e passati nega alle
minoranze del
Kosovo/Kosova i diritti fondamentali garantiti dalle leggi nazionali
e
dalle norme del diritto internazionale applicabili in questo
territorio.
"Le quotidiane intimidazioni subite da serbi, bosniaci,
gorani, rom,
ashkali ed egiziani (*) limitano la loro libertà di movimento.
Il timore
di avventurarsi fuori dalle enclavi monoetniche rafforza la
percezione di
prigionia e di esclusione e nega alle minoranze il godimento
dei
fondamentali diritti umani" - ha aggiunto Amnesty International.
"L'impossibilità di avere accesso a cure mediche
adeguate ha determinato un
aumento dei tassi di mortalità e delle malattie all'interno
dei gruppi
minoritari. In alcune zone, questi non hanno accesso alle medicine
di base".
Nei casi di emergenza, i pazienti devono rivolgersi alla Kfor
(la forza
multinazionale a guida Nato presente in Kosovo/Kosova) o recarsi
a un posto
di blocco della Kfor e attendere di essere scortati a un ospedale:
spesso
questi ritardi hanno conseguenze fatali.
All'interno delle enclavi monoetniche vi è una grande
difficoltà di
reperire insegnanti qualificati. Per i bambini che vivono al
di fuori di
queste enclavi, andare a scuola spesso significa un viaggio
di diversi
chilometri sotto scorta della Kfor. Ad esempio, venti bambini
serbi di
Pristina/PrishtinÞ devono recarsi sotto scorta della Kfor
a una scuola
elementare di Llapje Selo/LlaplasellÞ, a otto chilometri
di distanza.
Un'insegnante delle elementari di Prizren viene presa ogni lunedì
mattina
dalla Kfor e accompagnata nel villaggio in cui lavora, dove
rimane fino al
venerdì, quando sempre sotto scorta viene riaccompagnata
a casa.
L'impiego è a sua volta sottoposto a forti restrizioni.
Si calcola che fino
al 90% dei serbi e dei rom siano ufficialmente disoccupati.
Nel giugno 1999
tutti i serbi sono stati licenziati dalle industrie statali
e dai servizi
pubblici.
In base alla risoluzione 1244/99 del Consiglio di Sicurezza,
la Unmik (la
polizia civile delle Nazioni Unite) ha la responsabilità
di proteggere e
promuovere i diritti umani. Amnesty International chiede alla
Unmik e
all'Istituzione provvisoria di autogoverno di affrontare seriamente
il
problema dell'impunità e prendere misure adeguate a proteggere
i diritti
delle minoranze che già vivono in Kosovo/Kosova. Queste
misure serviranno a
garantire alle minoranze che vivono all'estero o in altre zone
della
Serbia-Montenegro l'esercizio del proprio diritto a tornare
in
Kosovo/Kosova in condizioni di sicurezza e dignità.
Mentre la possibilità di rientrare continua a dipendere
dalla presenza
della Kfor, Amnesty International chiede alla comunità
internazionale di
assicurare che nessun membro dei gruppi minoritari sia fatto
rientrare con
la forza in Kosovo/Kosova.
(*) I gorani sono slavi musulmani. Gli ashkari e gli egiziani
sono
albanofoni musulmani e si considerano gruppi distinti dai rom
Roma, 29 aprile 2003
Il rapporto in lingua inglese, Kosovo/Kosova - "Prisoners
on our own
homes", è reperibile sul sito www.amnesty.org
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