"Se sei fuggito da casa, fai una telefonata a
chi ti ama (...) sì, digli ancora di andare
a farsi fottere".
Un uomo senza età, nome, storia, futuro, professione,
niente occhi verdi, blu, castani, neri, piccoli, grandi,
allungati, profondi; capelli corti, lunghi, rossi,
verdi, blu, castani, neri, piccoli, grandi, allungati,
profondi. Niente che faccia riferimento a una, due,
tre vite. Niente.
Lui, il personaggio, uno come tanti, uno come troppi.
L'assenza di indizi che riconducano a una figura precisa
di uomo, permettono al lettore di rivedere nel protagonista,
qualsiasi individuo incontrato per strada, in metro,
su un 22, al ristorante, al cinema, in banca, al supermercato
o di rivedervi perfino se stesso.
La scelta improvvisa di mollare tutto, durante una
vacanza all'estero, per buttarsi in una feroce metropoli
ancora sconosciuta, senza età, nome, storia,
futuro. Una come tante, una come troppe.
Abbandonata la moglie nel cesso di un grande magazzino,
non restava che buttare quegli ultimi sacchetti della
spesa che lo tenevano ancora legato al passato, e
prendere il primo autobus che passava di lì.
Ed ecco fatto. Una sagoma vuota fatta di carne, occhi,
capelli, scarpe, giacca, un'immagine sfocata, "un
pedone da evitare".
Un mondo fatto di cartelli stradali, manifesti pubblicitari,
luci, suoni, sogni a metà prezzo, saldi/sconti/riduzioni,
Visa, American Express, sangue, sperma, piscio, corpi
inadeguati dentro abiti serializzati, chiacchiere,
Mac Donald's, ombre riflesse sull'erba quando c'è
il sole, e se piove? "Se piove mi dico solo:
sta piovendo, sta piovendo, sta piovendo”.
Uno humor nero, quello di Culicchia, "una sincerità
quasi imbarazzante" che porta alla spietata denuncia
di una realtà, la nostra, dove c'è tanto
bla bla bla.
"Passeggio per la città. Inspiro. Espiro.
Metto un piede davanti all'altro (...).Voglio solamente
inspirare, espirare, mettere un piede davanti all'altro.
Provare a non dover più essere nessuno."
Bla bla bla.
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