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Noi
non ci arrendiamo di Stefano
Gagni |
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Eravamo in tanti, il 15 Febbraio, a marciare, tutti
insieme. Eravamo neri, rossi, bianchi, di sinistra,
di destra, di centro, americani, europei, asiatici,
eravamo sparsi un po’ ovunque ed eravamo tutti,
per la prima volta in piazza a gridare la stessa identica
parola: PACE. Molte tv non hanno dato spazio alla manifestazione
ma abbiamo fatto comunque molto rumore. Noi la morte
non la vogliamo più vedere. Basta.
Purtroppo chi ci rappresenta non è d’accordo
con noi. Quella notte, un’ora e trentacinque minuti
dopo lo scadere dell’ultimatum del presidente
Bush, mentre guardiamo in tv le immagini in diretta
da Baghdad, un lampo ci fa trasalire e la sua luce illumina
le stanze delle nostre case ormai buie: è la
guerra che sfonda gli schermi e ci finisce addosso,
con una violenza alla quale non abbiamo mai osato neanche
pensare.. Abbiamo urlato, abbiamo manifestato, ci siamo
incatenati, abbiamo viaggiato per non vedere mai quel
bagliore nella notte, purtroppo non è servito
a nulla perché il peggior sordo è quello
che non vuol sentire. Ma noi non ci arrendiamo, ah no!,
in piazza ci siamo tornati e gridiamo ancora, più
forte di prima. Non siamo come loro e ci teniamo a manifestarlo
e quando ci insultano dandoci dei vigliacchi, oppure
ci chiamano con disprezzo “pacifisti” perché
non prendiamo una posizione, o meglio, perché
non siamo d’accordo con loro, noi gli rispondiamo
con una sola e semplice frase: chiamarci pacifisti è
riduttivo perché il concetto è molto più
ampio (purtroppo per voi): noi siamo per la VITA e scenderemo
in piazza per altri dieci, venti o magari trent’anni
per gridarvelo, dopo di noi ci saranno altre generazioni
che scenderanno in piazza per dar voce alle proprie
idee perché gli ideali, quelli nobili, non muoiono
mai.
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