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Reti & Comunicazione
15 FEBBRAIO 2003: come ti nascondo 110 milioni di persone |
Quali strategie
hanno adottato i tg di c@sa nostra per occultare
l’opinione pubblica sulla guerra in Iraq. |
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di Lorenzo Misuraca |
Centodieci
milioni di persone nel mondo non sono poche. Quattro
milioni soltanto a Roma un successo.
Eppure c’è qualcuno che, integerrimo
nella sua idiozia, continua a non tener conto
di numeri così imponenti.
Tornato a Siena dopo l’emozionante esperienza
della manifestazione di Roma, mi sono messo davanti
alla tv per vedere come la notizia venisse trattata
dai telegiornali, ed è bastata un’occhiata
alle edizioni notturne dei vari tg per confermare
un’idea sempre più diffusa in Italia:
l’informazione mediatica si allontana sempre
di più dalla realtà.
La manifestazione di Roma, e in genere le manifestazioni
che in tutto il mondo si sono mosse per rifiutare
la guerra in Iraq, sono state ineccepibilmente
un avvenimento senza precedenti nella storia mondiale:
contemporaneamente e in maniera organizzata, più
di 600 città di tutti e cinque i continenti
hanno visto riempirsi le strade di manifestanti.
E’ stata forse la prima, e sicuramente la
più grande, manifestazione popolare globale
della storia dell’umanità.
Qualsiasi giornalista con un minimo di competenza
avrebbe dedicato ampio spazio all’evento.
Il direttivo della Rai (ormai ridotto a Gianni-Baldassarri
e Pinotto-Saccà) ha, invece, incredibilmente
deciso di vietare la diretta della manifestazione
romana.
A nulla sono servite le proteste di vari esponenti
della destra che hanno reclamato: “ siamo
abbastanza grandi per evitare l’influenza
(dei pacifisti), e non abbiamo bisogno dell’aiuto
della mamma (Rai)”.
Ma ancora più interessante della censura
preventiva (negli ultimi tempi si usa molto aggiungere
tale aggettivo ad ogni assurdità proferita),
essendo evidentemente il velo censorio della TV
troppo striminzito per nascondere il numero strabordante
dei manifestanti, risulta la trattazione a posteriori
della notizia.
E allora facciamo i complimenti ai giornalisti
televisivi che hanno fatto i salti mortali e lavorato
di fantasia (senza alcun compenso extra) per sminuire,
travisare, confondere il significato di una protesta
che ormai era inutile tentar di nascondere!
Innanzi tutto la tattica più adottata è
stata quella di ridurre il più possibile
lo spazio dato al servizio sulla manifestazione
di Roma, e dilatare invece i tempi concessi ai
giudizi politici delle istituzioni e dei parlamentari
sulla mobilitazione pacifista del 15.
Qual è la ragione di tale inversione d’importanza
tra cronaca del fatto e commento?
Proprio quella di togliere materialità
al fatto, di togliervi oggettività, in
altre parole di rendere controverso un evento
che di controverso ha poco: milioni di persone
(corrispondenti al 70/80 % della popolazione di
ciascuno stato-quindi con idee politiche anche
opposte) hanno sfilato per rifiutare in maniera
secca l’ipotesi di un attacco militare all’Iraq.
1. Sfumare il più possibile
il dato soprastante (esilarante l’apertura
del tg4 con un “migliaia di persone hanno
manifestato in tutto il mondo…).
2. Dilatare il balletto di opinioni
contrastanti tra parlamentari progressisti presenti
alla manifestazione e politici conservatori scettici(tramite
un’ipocrita par condicio, simulacro d’imparzialità).
In due semplici mosse, i tg (con le solite eccezioni
di Rai3 e La7) hanno potuto inserire la marcia
di Roma, e del resto del mondo, all’interno
della categoria “questioni politiche controverse”;
categoria che spinge il distratto e perplesso
telespettatore a schierarsi -che comunque una
posizione va presa- dalla parte della coalizione
politica di appartenenza.
La natura universale della manifestazione del
15 febbraio ( sul tema della PACE) viene così
negata e snaturata, nel tentativo disperato di
riportare quel 20/30 % di elettorato di centro-destra
all’ovile, riequilibrando quantomeno la
partita, e salvando il salvabile.
A cadere come una manna imprevista dal cielo,
è stata poi la dichiarazione del sempre
più stolido e ambiguo Carlo (non)Azzecco
Ciampi: in un comunicato stampa di raro tempismo
e consueto don-abbondismo, il 15 febbraio stesso
il presidente della Repubblica scrive a Silvio
B. che stima l’azione del governo riguardo
alla crisi irachena, ma che lo stesso dovrebbe
preoccuparsi più dell’unità
dell’Europa che dell’alleanza con
Bush.
Ai tg della Rai e quelli di Mediaset (nonché
alla stampa governativa) non par vero: con un
abile colpo di bianchetto eliminano la seconda
parte, che è anche il tema centrale, del
comunicato e dichiarano trionfanti all’audience
in ascolto: “il presidente di tutti gli
italiani (no, stavolta non è Berlusconi)
è d’accordo con il presidente più
amato dagli italiani e dalle casalinghe (sì,
adesso sì), LA GUERRA VA FATTA!!!”
Sarebbe da ridere, se non ci fosse di mezzo una
guerra, e la situazione non fosse ad un punto
di rottura mai visto prima d’ora.
Mai negli anni passati l’opinione pubblica
(ammesso che esista) è stata così
poco rappresentata dai mass media, mai in precedenza
vi è stata una scollatura più grande
tra immagine televisiva della realtà e
realtà stessa.
Tanto più che l’assurdità
di tale posizione comincia a creare crepe anche
nel solido muro della realtà-fiction televisiva.
Fino alla guerra in Kossovo, il compito e la libertà
di lanciare messaggi di pace e dissociazione dalla
guerra era concesso (o se lo concedevano da soli)
solo a poche categorie di addetti al mondo dello
spettacolo: cabarettisti, comici, qualche attore
o cantante ospite in trasmissione. Per i più
regnava la regola tacita (o forse imposta?) di
tenere per sé le proprie opinioni.
La cecità morale e politica della minacciata
guerra in Iraq, ha risvegliato gli animi: mai
come adesso si è visto in tv un pullulare
così spavaldo di appelli alla diplomazia
internazionale, bandiere iridate, richieste di
pace,sdegno per Bush. Presentatori, giornalisti,
soubrettes, sportivi, concorrenti, nani, ballerine
e saltimbanchi: quasi tutti vogliono orgogliosamente
esporsi per la PACE!
Due cose totalmente antitetiche che corrono ad
alta velocità l’una contro l’altra:
la coscienza antimilitarista popolare e la censura
informativa su di essa. Finiranno inevitabilmente
per scontrarsi.
Dai cocci nascerà un informazione diversa,
e una diversa consapevolezza della partecipazione
attiva dei cittadini. Forse proprio nella direzione
dei tanti esperimenti, come Global TV, che da
Seattle in poi ci fa sperare in una informazione
condivisa e democratica.
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