
di Alessandro Calleri |
In
una tua recente intervista affermi che la guerra
è ormai stabilita, si farà comunque,
cosa possiamo immaginare per le prossime settimane,
qual è lo scenario che dovremo aspettarci
Nelle prossime settimane gli americani attaccheranno
l’Iraq sia che ci sia l’autorizzazione
della nazioni unite sia che non ci sia. La mia
riflessione deriva dall’analisi del fatto
che l’attuale gruppo dirigente degli stati
uniti ha bisogno della guerra, ne ha bisogno
perché l’america è in crisi,
è in una drammatica crisi politica. La
globalizzazione americana è fallita e
questi venti anni di presunto sviluppo mondiale
hanno portato il mondo in un vicolo cieco. Il
meccanismo americano presuppone una disparità
nella distribuzione del reddito intollerabile
nel mondo, ma soprattutto presuppone la prosecuzione
indefinita di un sistema di rapina che non è
compatibile non solo con la povertà del
mondo, ci sono circa cinque miliardi di persone
su sei che non sono in condizioni di sopravvivere,
ma soprattutto presuppone un conflitto inesorabile
con la natura stessa, cioè con le condizioni
di vita del nostro pianeta. Quindi avendo perduto
l’egemonia da un punto di vista economico
gli Stati Uniti hanno bisogno di ricostituirla
con una militarizzazione del sistema
che consenta un rilancio delle spese militari,
il controllo totale sulle risorse energetiche
ma soprattutto un dominio imperiale. Di questo
sono perfettamente consapevoli i politici di
cui l’America ha bisogno per mantenere
il suo dominio, quindi non ci sono vie di mezzo.
Se l’America non fa la guerra dovrebbe
riformare se stessa, come ha scritto Gorbaciov
dovrebbero fare la perestroika dell’america,
ma non sono ne capaci di farlo ne hanno voglia
di farlo.
Tra le possibili soluzioni quella dell’esilio
di Saddam sembra più una barzelletta
che una reale soluzione politica, ma qual è
il reale futuro possibile per l’Iraq?
L’eventuale futuro dell’Iraq si
individua in un protettorato
americano con un controllo diretto sulle sue
risorse energetiche, cioè 112 miliardi
di barili di petrolio. Il futuro dell’Iraq
è questo, il protettorato, un ritorno,
in parole povere, all’epoca coloniale
con un governa dettato dall’esterno, dipendente.
In buona sostanza per l'Irak non ci sarà
nessun futuro, in questo modo gli americani
non fanno altro che incrementare la diffusione
del terrorismo internazionale perché,
quale che sia la loro valutazione, questa guerra
produra un ulteriore avvitamento dell’odio
contro gli Stati Uniti, un odio generalizzato
in tutto il mondo arabo, parliamo di un miliardo
di persone. Loro sanno benissimo che in questo
modo destabilizzano tutta l’area e destabilizzano
tutto il mondo arabo e musulmano. Penso però
che siano consapevoli di questo, più
o meno sarà quello che pensano di poter
ottenere. Non sono interessati ad una stabilizzazione
o a nuovi equilibri, l’attuale gruppo
dirigente degli Stati Uniti è interessato
invece ad una perenne tensione perché
solo attraverso una permanente tensione e la
paura diffusa in tutto l’occidente possono
procedere alla militarizzazione dell’economia
americana e prepararsi così al grande
scontro con la Cina. Se si prevedesse un futuro
di equilibri gli americani avrebbero già
abbassato di molto le pretese ma siccome hanno
bisogno di squilibrio lo stanno creando e lo
creeranno nel corso di diversi anni, tanto è
vero che questo è l’unico modo
con cui è possibile spiegare la frase
pronunciata più volte da Dick Cheney
secondo il quale stiamo per entrare in una guerra
che durerà trent’anni.
Parliamo di Megachip, l’osservatorio
Italiano sui Media, quali sono gli obbiettivi
dell’associazione.
Aprire una discussione con le forze democratiche
italiane sul ruolo dei media nella trasformazione
della vita politica di questo paese. Io continuo
a rilevare che le forze dell’opposizione
non hanno ancora capito niente del sistema della
comunicazione, salvo rare eccezioni. Tant’è
vero che il centro-sinistra quando è
stato al governo, ha fatto fare alla televisione
pubblica esattamente quello che fanno le reti
private di Berlusconi. Questo dimostra che non
hanno nessuna idea dell’importanza del
problema e della grave situaziona che il monopolio
produce per la democrazia italiana. Megachip
è uno strumento per aprire una discussione
politica, tra le forze non si rendono
conto che sono manipolati e che siccome manipolare
un’intera popolazione significa di fatto
alterare la democrazia di un paese io penso
che Megachip come strumento di autodifesa collettiva
dei cittadini diventa un importante momento
di discussione attraverso cui potremo salvare
la nostra democrazia. Quindi una cosa un po’
più ampia della democrazia nella comunicazione
ma una proposta di battaglia politica per cambiare
il terreno della politica sulla comunicazione
e cioè per cambiare il terreno della
nostra democrazia e riportare l’Italia
all’interno dei confini Costituzionali
attuali dai quali è stata portata fuori
con l’inganno e la violenza.
Trascendendo il panorama nazionale
delle “comunicazioni”, cosa possiamo
dire invece delle dinamiche locali in cui spesso,
le distorsioni appaiono più accentuate,
è possibile aprire la soglia del conflitto
a livelli più bassi di quello rappresentato
dallo scenario nazionale? A Catania con il gruppo
ciancio che domina i media locali penso che
rappresenti un caso clamoroso….
La Sicilia rappresenta una caricatura, l’italia
rappresenta una caricatura da un punto di vista
mediatico perchè è un paese dove
un uomo solo detiene sei televisioni contemporaneamente
e che nello stesso momento capo è del
governo, un’assurdità incredibile,
ma qui in Sicilia esiste un’altra assurdità,
esiste un altro monopolio, un monopolio dentro
il monopolio, con un’altra persona che
ha in mano tutti i mezzi di comunicazione locali
e regionali. Io ritengo che l’azione di
megachip si sposa benissimo con questo genere
di situazione, bisogna rompere questo monopolio,
significa di fatto che la popolazione dovrebbe
iniziare a dotarsi di strumenti per cominciare
a contestare questo tipo di sistema della comunicazione,
come ad esempio costituire dei nuclei di lettori
dei giornali di questo monopolista (Mario Ciancio,
ndr.), a cominciare dalla scuole. Bisogna leggere
i suoi giornali e vedere come eroga l’informazione
e, nel caso in cui vengano raccontate delle
bugie o delle distorsioni bisognerebbe assolutamente
metterlo in mutande di fronte ai suoi stessi
lettori, proprio come Megachip cerca di fare
a livello nazionale, creare dei luoghi dove
si inizia a ragionare sulla comunicazione.
Come è cambiato di fatto il
lavoro giornalistico e l’ambito della
comunicazione in generale grazie all’uso
delle nuove tecnologie.
Internet è un grandissimo strumento
per gli specialisti e per coloro che si occupano
di informazione e comunicazione, per gli scienziati,
per tutti coloro che hanno “attività
professionali raffinate”, consente di
mettersi in contatto con il mondo e rappresenta
certamente un grande balzo in avanti, siamo
certamente di fronte all’inizio di una
grande rivoluzione tecnologica che introdurrà
altri cambiamenti. Bisogna anche dire però
che la rete non risolverà certamente
il problema dei media. Milioni di persone non
andranno mai su internet, milioni di persone
andranno per giocare su internet, milioni di
persone andranno in rete per occuparsi dei loro
hobby o per inseguire specifiche informazioni
ma la formazione dell’opinione pubblica
avverrà nel lungo tempo attraverso i
sistemi di comunicazione di massa che sono indubbiamente
più comodi, la gente schiaccia un pulsante
e guarda comodamente la televisione, non si
può pretendere da tutti di diventare
mediattivist. Questo errore lo fanno appunto
molti dei mediattivisti attuali i quali scambiano
la realtà per quello che c’è
sullo schermo, non è così e non
lo sarà mai. Se pensiamo che internet
sia uno strumento di comunicazione allora sono
pienamente d’accordo, io lo uso come strumento
di organizzazione per comunicare con gli altri,
per scambiare le informazioni che mi consentono
di uscire dalla rete e di fare Genova, di uscire
dalla rete e di fare Firenze. Chi pensa che
la rete rappresenta la zona della libertà
vive una cantonata colossale e questa è
una delle ragioni per cui nasce megachip. Possiamo
ipotizzare che tra cento anni forse le cose
saranno diverse e la rete acquisirà dei
valori aggiunti rispetto a quelli attuali ma
attualmente io vedo purtroppo che lacrisi politica
che matura con la guerra non maturerà
nei prossimi cento anni ma maturerà nel
corso di questa generazione, quindi al momento
bisogna lavorare fuori dalla rete per vincere
la battaglia sulla comunicazione nella società
in tutta la sua articolazione.
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