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Girodivite - n° 60 / gennaio 2000

Quando Catania guida la classifica

di Pino Finocchiaro

Minori a rischio, Catania in testa alle classifiche nazionali
Il "Grido" del giudice Scidà cade nel silenzio delle Istituzioni
di Pino Finocchiaro

"Se non si affronta la questione minorile, Catania è senza futuro". Le parole del procuratore generale Giacomo Scalzo cadono come una doccia fredda su Catania, capitale dell'Etna Valley, citata dal presidente Ciampi come modello di sviluppo per l'Italia. Metropoli siciliana che resta al quart'ultimo posto nella classifica della vivibilità, per l'anziano presidente del Tribunale dei Minori, Titta Scidà, è al primo posto nella classifica nazionale della delinquenza minorile. Poco importa la guerra delle classifiche. Il dato assoluto è di per sé inquietante: in un anno, dei 1917 minori arrestati in Italia, 257 sono stati arrestati nel distretto catanese, 120 i catanesi, 50 hanno dovuto rispondere di un reato grave e inquietante come la rapina: un reato da grandi. Da anni, Titta Scidà, lancia il suo "grido" di dolore per la minore età profanata da abusi e soprusi nel tragico - complice - silenzio delle istituzioni. Quest'anno, il procuratore generale Giacomo Scalzo nella relazione sullo stato della giustizia nel distretto di Catania ha accusato anche i media giacché "il fenomeno della criminalità minorile, lungi dall'allarmare le coscienze, è invece oggetto di costante silenzio da parte degli strumenti di informazione quasi a rimuovere lo scomodo problema dell'aumento della devianza minorile". Scalzo non ha esitato a paragonare la tetragona figura di Titta Scidà che da decenni - irremovibile - invoca pace per i figli di una città che piange mille morti di mafia al protagonista de "Il grido" di Edvard Munch. Nel ritratto dell'espressionista norvegese, un uomo al bivio della vita, urla solo e impotente la sua esasperazione tra l'indifferenza dei passanti e lo scorrere lontano di altre esistenze da necessità strette a navigare - ché "vivere non necesse" - su un lago distante. Scalzo ha detto di Scidà: "A volte ascoltato, più spesso trascurato, il suo è un 'urlo' (per trasporre in prosa la figurazione del Munch) che dovrebbe svegliare enti e istituzioni . (...) Noi saremo al Suo fianco, come già lo siamo stati per l'istituzione dei servizi sociali nel distretto; occorre però, una mobilitazione di tutti i settori - mass media, istituzioni - per operare sul fronte minorile". Scidà commenta amaro: "Catania non occupa il secondo posto, nella graduatoria della frequenza del numero degli arresti di minorenni. Occupa il primo. C'è, comunque, qualcosa di più grave che i fatti. E' lo sforzo, corale, di nasconderli". Il "Grido" di Scidà è alto, circostanziato, diretto al patto scellerato tra mafia e collettori di investimenti pubblici. Le mani sulla città. E sui suoi figli più piccoli, incolpevoli. "E'ormai tempo di chiedersi il perché di quell'impegno di celamento. Lo diciamo da dieci anni. Né la criminalità dei minori, né la mafia, sono piombate improvvisamente su Catania, come la peste sulla Atene di Pericle. Esse sono due dei costi inflitti a Catania dalla criminalità degli affari pubblici". Scidà, insiste: "Nascondere gli effetti - la mafia: negata sino all'estremo limite delle possibilità; e la criminalità minorile, scotomizzata tuttora - significa volere oscurare le cause. (...). Perché della criminalità amministrativa, della corruzione, delle complicità, pare constatato il decesso. Cose morte. Morte? C'è in ogni cuore un piccolo Galilei, che sa suggerire, ad ogni giusta occasione, un suo 'eppur si muove!'". Senza remore Scidà accusa: "L'inquietudine ha per oggetto, insieme con i campi tradizionali dell'abuso, proprio quello della spesa per l'assistenza. E se essa, l'inquietudine, è giustificata, allora può dirsi che la criminalità amministrativa tende a confiscare per sé anche il denaro occorrente per alleviare il disagio che essa stessa ha provocato". Quanto all'accostamento con la figura ritratta da Edvard Munch, il giudice Scidà si schermisce, è "... una metafora che mi onora troppo", e tetragono tal pari insiste: "... troppo, se essa viene dai versi di un poeta che, mentre altri non sapevano darsi il coraggio, non seppe darsi - lui - la paura, e provò con la sua fine, di non essere immeritevole della vita".

Argomenti di questa pagina:
Catania, delinquenza minorile
 

 


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