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Girodivite - n° 59 / dicembre 1999 - Speciale 2000

Morire di carcere

da ilManifesto, 15 dicembre 1999.

CARCERE CASO CIUFFREDA

"Non è stato curato"

Nessuno a Regina Coeli ha saputo o voluto curare la crisi di astinenza di Marco. Lo dicono le carte dell'inchiesta ministeriale chiuse da giorni nel cassetto di Caselli

Marco Ciuffreda, morto di carcere: poteva essere salvato. Barbara Medici, morta di carcere: a Natale doveva tornare a casa

- GIOVANNA PAJETTA - ROMA

M arco Ciuffreda è morto perché nessuno a Regina Coeli ha voluto, o saputo, curare la sua crisi di astinenza da eroina. I medici del carcere romano erano più che consapevoli delle sue sofferenze, lo hanno scritto nero su bianco fin dal primo giorno, ma i farmaci che gli hanno somministrato sono stati inadeguati, se non addirittura dannosi. Non solo. Per ben 24 ore, nonostante già domenica pomeriggio sul suo diario clinico fosse stata registrata "una crisi ipotensiva" così grave da indurre il medico di guardia, il dottor De Villano, a chiedere che fosse tenuto "sotto controllo", Marco è stato abbandonato a se stesso. E solo grazie ai suoi compagni di cella, che hanno chiamato allarmati le guardie, lunedì pomeriggio è stato portato, semi svenuto, prima all'infermeria della prima sezione e poi al centro clinico. "Ma in quel momento - come ammettono gli stessi ispettori del ministero di grazia e giustizia - è già in corso quella crisi che si rivelerà irreversibile e fatale". Il giorno dopo infatti, il 2 novembre, Marco Ciuffreda morirà all'ospedale Spallanzani. Cinque giorni dopo l'arresto.

Le conclusioni dell'inchiesta ministeriale, chiusa da giorni e giorni in un cassetto del direttore generale del Dap Giancarlo Caselli (se non in quello del ministro Oliviero Diliberto) sono arrivate, in busta chiusa e senza mittente, negli uffici di Luigi Manconi. "Sono carte che reputo autentiche e altissimamente affidabili - dice il senatore dei Verdi - Anche perchè coincidono interamente, persino nei minimi particolari, con le ricostruzioni fatte dalla famiglia, dal manifesto e da me". Ciò che però nessuno di noi poteva sapere è che Marco poteva essere salvato. Dai suoi, se Regina Coeli avesse rispettato gli ordini del giudice e avesse eseguito gli arresti domiciliari, ma anche dai medici del carcere.

La verità è talmente lampante che nemmeno il contorto linguaggio burocratico di chi ha steso la sintesi finale, per l'ufficio centrale dell'ispettorato presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, riesce a nasconderla. "Pur dovendosi sostanzialmente concordare con le conclusioni della relazione che ha escluso possa addebitarsi all'operato dei sanitari del carcere una particolare negligenza e, quindi, tantomeno un qualsivoglia contributo causale al verificarsi dell'evento fatale - scrive infatti il relatore del Dap - non ci si può esimere dal constatare, con vigile preoccupazione, che il livello deontologico della medicina penitenziaria non è stato, almeno in questo caso, quello auspicabile". Un'ammissione fatta a denti stretti, ma inevitabile, visto che solo poche righe prima l'ispettore era stato costretto ad ammettere l'esistenza di "un vuoto operativo di 24 ore, dalle ore 17, 30 di domenica alle ore 17,00 di lunedì 1 novembre". Ovvero dalla prima crisi registrata (in realtà, nella cartelle dell'ospedale sono annotati "episodi sincopali" già nel pomeriggio di sabato), fino al momento in cui, ormai troppo tardi, il carcere si accorge di ciò che è successo.

Per cercare di salvare il salvabile, e giustificare la sua sommaria assoluzione dei medici e della direzione di Regina Coeli, l'ispettore del Dap si arrampica sugli specchi. Fino a sostenere che, in fondo, nessuno poteva sapere che Marco stava così male, visto che "dalle dichiarazioni dei compagni di cella deve dedursi che il Ciuffreda durante la giornata del 31 ottobre, e soprattutto nelle ore notturne, non abbia manifestato particolari segni di malessere". Ma in realtà, al di là dell'inedita decisione di far diventare "infermieri" i detenuti della prima sezione, la più grave ammissione di colpa sta proprio dietro quel "particolari segni di malessere". Perché a Regina Coeli, come purtroppo nella stragrande maggioranza delle carceri italiane, nessuno considera uno stato di grave sofferenza, tantomeno una malattia, le crisi di astinenza da eroina.

Se i compagni di cella non hanno dato l'allarme prima insomma, mostrandosi indifferenti a quei "turbamenti" o "malesseri", è solo perchè ciò che avevano davanti agli occhi era la norma. A Regina Coeli, dove i tossicodipendenti sono più del 30%, vedere qualcuno che smania, che sviene, che vomita è fatto comune. Tolta qualche rara eccezione, come il carcere di Rebibbia, nessuno all'interno della amministrazione penitenziaria pare pensare che valga la pena di alleviare le sofferenze dei detenuti consumatori di eroina prescrivendo, invece di qualche sonnifero o antidolorifico, il metadone. Utilizzato, in Italia, solo per 620 tossicodipendenti detenuti su 15mila (dati del Gruppo Abele di Torino).

Solo così, forse, si possono spiegare le altre, singolari, "dimenticanze" dei medici di Regina Coeli. Ovvero il fatto che il dottor De Villano, dopo aver scritto che bisognava tenere "sotto controllo" le condizioni di salute di Marco, si sia persino dimenticato, domenica stessa o lunedì prima di lasciare il carcere alle due del pomeriggio, di chiedere come stesse.

Oppure perché mai quando la situazione precipita al punto che i sanitari della prima sezione decidono di somministrare "analettici rianimativi", nessuno si preoccupa poi di riferire diagnosi e intervento al medico del centro clinico dove Marco viene ricoverato d'urgenza. In fondo dalla prima sezione al piccolo ospedale di Regina Coeli ci sono poco più di cento metri, e Marco arriva lì "con segni clinici chiaramente indicativi di un collasso cardiocircolatorio in atto: ipotensione, tachicardia, complicatosi dopo poco con cute subcianotica e tachipnea". Una situazione così allarmante da spingere a chiamare un'ambulanza. Peccato che, prima di spedirlo all'ospedale Nuovo Regina Margherita, il dottor Salerno, medico del centro clinico, paia invece preoccupato soprattutto solo del fatto che a Marco possa venire un'ulcera, tanto che gli ultimi farmaci somministrati a Regina Coeli sono Maalox e Ranidil.

 


Released online: December, 1999

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