POLITICA O QUASI
Come ereditare il femminismo
IDA DOMINIJANNI
C he cosa rimane, che cosa è passato
per le giovani donne di quel movimento quasi trentennale chiamato
femminismo? E della politica delle donne in Italia, delle sue
pratiche, delle sue parole, dei desideri che ha liberato? E che
ne è, oggi, della scommessa di dare visibilità e
valore alle relazioni fra donne, di farne il paradigma di un'altra
politica?". Sono domande non nuove, e oggi urgenti, per la generazione
che ha vissuto il femminismo degli anni '70, '80, '90. Nuovo è
che, sul numero 44-45 della rivista "Via Dogana", a porsele siano
invece alcune giovani ventenni o giù di lì di oggi:
le eredi potenziali del femminismo o, come loro si battezzano
e "Via Dogana" titola, "le ereditiere". Il rovesciamento del cannocchiale,
dalla vecchia alla giovane generazione, è fecondo: fa fare
un salto al discorso, dal problema della trasmissione a quello
della recezione del femminismo. Anche ricevere un'eredità
infatti è un problema, salvo che per i parassiti; tantopiù
se chi la trasmette non è morto ma vivo e vegeto. E per
ereditare in vita, osserva Antonia De Vita, giovane laureata in
filosofia con Luisa Muraro, bisogna capire "come sopportare il
peso della ricchezza ricevuta, come praticare la gratitudine senza
farsi immobilizzare dall'ingombrante presenza delle donne che
ci hanno precedute" (è come ricevere in regalo una magnifica
casa, aggiungono Laura Sebastio e Barbara Bertaiola, e non sapere
cosa spostare e cosa tenere per farne casa propria). Problema
principe per la vita di qualunque tradizione politica, che troppo
spesso le tradizioni politiche hanno affrontato in modo velatamente
autoritario, immaginando il rapporto fra generazioni o come copia
conforme dell'originale o come ineluttabile rottura, senza mediazione
"tra un voltare le spalle e l'eccessiva prossimità con
l'origine".
V ia Dogana" cerca invece questa mediazione,
e la indica in un intervallo fra le due generazioni femminili,
un vuoto dove qualcosa che per le anziane era importante può
cadere ("non tutto è ereditabile"), e qualcosa che è
importante per le giovani può nascere, "un nuovo inizio,
un'altra lettura, un'altra scommessa", scrive sempre De Vita.
Non che sia facile: la rivista mette francamente in scena tutti
gli attriti della comunicazione fra le due generazioni in questione.
Pia Marcolivio, Giannina Longobardi e Anna Maria Piussi, tre "anziane"
da anni impegnate nella pedagogia della differenza, mettono nero
su bianco osservazioni e fantasie sulle "giovani", e non sempre
sono rose e fiori, come del resto tutte sappiamo nei nostri luoghi
di lavoro, manifesto compreso. Piussi parte anzi da tre
dati negativi: le ventenni hanno poche notizie del femminismo,
tendenzialmente ignorano il sapere delle donne e al solo sentir
parlaredi differenza sessuale reagiscono con un bel rifiuto. Longobardi
corregge il tiro: il problema è che le ventenni portano
tutti i segni del cambiamento prodotto dal femminismo (migliore
rapporto con la madre, libertà sessuale, rapporto più
contrattuale e meno dipendente coi maschi, relazioni tenaci con
altre donne, maternità come scelta e non come destino),
e tuttavia non "sanno" il cambiamento, non ne hanno consapevolezza
storica, pensano che sia piovuto dall'alto. "Una rivoluzione è
avvenuta a livello profondo e si mostra nel comportamento che
rivela la voglia e la sicurezza di contare nel mondo proprio come
donne, anche se non con la chiarezza di come riuscirci - scrivono
Piussi e Longobardi -. Ma la rivoluzione non è giunta al
livello della coscienza, il conflitto fra i sessi non ha dimensione
simbolica, il rapporto con la madre è lasciato in sospeso".
Sarà perché, continuano, nel suo insieme "il tempo
che stiamo vivendo è tempo di guerra, ma il conflitto politico
fa fatica ad emergere". O anche perché, come riconosce
la giovane De Vita, nel gran desiderio di esistenza sociale delle
giovani rischiano di inabissarsi "il vissuto emozionale" e "il
desiderio nella sua radicalità rivoluzionaria", e "erotismo
e piacere rischiano di essere inghiottiti da progetti, doveri
e responsabilità"?
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