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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

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Girodivite - n° 59 / dicembre 1999 - Speciale 2000

Musica per non dimenticare

da ilManifesto, 19 dicembre 1999

NOVITA' DISCOGRAFICHE. IN DUE CD, UN RECUPERO DELLE CANZONI POPOLARI E DI LOTTA

Storie d'Italia in musica e parole

Mauro Palmas propone "A volte ritornano", con la voce di Elena Ledda. Materiali sonori inediti per i Franti

- GUIDO FESTINESE -

L a memoria, notoriamente, è merce deperibile e fastidiosa. La rincorsa beota all'up-to-date, all'aggiornamento senza fastidiosi criteri di giudizio rende meglio, avvolge in una confortante cappa di oblio, dilata un presente asfittico e normale. Chissà quanti pacchi dono musicali, in questo periodo, andranno a confortare il gran ballo della rimozione sotto l'albero natalizio. Si sprecheranno, siamo certi, le etichette adesive sulla fine del millennio, sul futuro che avanza, sul tempo reale veloce come un clic sulla tastiera. Nel minestrone istantaneo ogni ghirigoro sul pentagramma sarà confortato della qualifica di evento. Purché non rammenti la storia vera, quella di chi ha pochi approdi alla star-system, la memoria lunghissima, il senso della storia, insomma.

In controtendenza voluta e rivendicata, ecco due suggerimenti per far buona lezione di storia e di musica assieme, in nome di una memoria per nulla disposta a concedere spazi ai miasmi revisionistici. Il caso ha voluto che le due lezioni in compact disc buone per tutte le generazioni siano uscite nello stesso momento, l'una quasi il prologo all'altra. E non si creda, in entrambi i casi, che i conti col passato significhino approssimazione musicale. Tutt'altro.

Iniziamo con il magnifico viaggio in dodici tappe nella nostra altra storia voluto da Mauro Palmas, e registrato in terra di Sardegna con l'aiuto della voce incantata e terrigna di Elena Ledda. A volte ritornano (sottotitolo: "cento anni di speranze italiane nel canzoniere popolare") è una delle più riuscite operazioni a tutt'oggi tentate di racchiudere in nuove musiche il drammatico controcanto popolare alle lotte sociali che hanno attraversato la penisola dal tempo delle camicie rosse di Garibaldi a quello di chi il nome di Garibaldi ha assunto con fierezza per denominare le proprie brigate di combattenti della libertà contro nazisti e repubblichini. Non si tratta né di supponenza, né di nostalgia, non c'è ombra di retorica né pedanteria filologica, in questo piccolo ma luminoso esempio di libro di storia alternativo costruito con le canzoni, la storia che non è finita nelle versioni ufficiali.

Oltre a Elena Ledda, Mauro Palmas ha voluto nelle registrazioni Simonetta Soro, voce, Maurizio Geri, voce e chitarra, Gabriele Mirabassi, clarinetto di radiosa efficacia, Silvano Lobina, basso, Alberto Pisu, batteria, Serge Desaunuy: un cast a mezza strada fra folk music e jazz creativo, in modo da costruire sull'antico tessuto melodico insospettabili ricchezze di accenti, aperture luminose, soluzioni sonore tanto dirette quanto sorprendenti. Un caso per tutti: l'incredibile versione di Bella ciao che chiude la raccolta, scaturendo da un rutilante impasto di swing sulle corde, come il jazz gitano che suonava Django Reinhardt nell'Europa abbrutita da altre intolleranze. Il brano più antico, Cassisia agghia 'intu, un canto dei primi del '700 è nato durante la guerra di successione spagnola, cui la creatività popolare ha regalato una succosa integrazione che rovescia il senso originario di fatalismo indifferente: non è importante che trionfi Filippo V o Carlo Imperatore, Marx ha insegnato che è necessario sconfiggerli tutti, i tiranni. E ritroviamo in nuova veste Otto ore e Italia bella mostrati gentile, ma anche la straziata verve antimilitarista sulla mattanza della Grande guerra di Gorizia. Se qualcuno vuol fare esercizio di memoria recente, può rammentare che nel '64, al Festival di Spoleto, quando il Nuovo canzoniere italiano intonò Gorizia scattò una denuncia di due solerti ufficiali per essere, quella canzone, "lesiva dell'onore italiano".

Chissà quante occasioni di "lesione dell'onore italiano" troverebbero i due militari oggi ad ascoltare la seconda chicca della memoria da mettere sotto l'albero, un cofanetto rosso fuoco di elegante povertà che fascia tre cd e un libretto, e reca la scritta Franti. Non classificato 1978/1987/1999. Tutto, ma proprio tutto quello che esiste di registrato per testimoniare l'intera e cruciale esperienza del più combattivo e ragionato gruppo musicale antagonista nato in Italia. A prezzo speciale, 30mila lire, ricavato interamente devoluto alla sopravvivenza di A/Rivista anarchica, tribuna non solo della parte anarchica dei movimenti, ma di ogni istanza realmente libertaria e antiautoritaria. Fondi neri nel senso letterale, siete avvertiti. "Franti sei tu ogni volta che dalle macerie costruisci un nuovo spazio di libertà", raccontano le note: e i primi assaggi di spazi di libertà di quel gruppo raccontano di cantine riassettate alla meglio, di ultimi fuochi dei Circoli del proletariato giovanile, di resistenza a oltranza negli anni dell'arroganza e delle Milano da bere, dell'intelligenza politica dei "messaggi in bottiglia" lanciati anche nel buio, trovando nuova sponda nell'area magmatica dei "nuovi" centri sociali, dei cani sciolti, dei punx anarchici e telematici. Da Pavese e Che Guevara a Marcos e Hakim Bey, insomma: un altro modo per cantare Bella Ciao, mille modi per mescolarsi "con tutti quelli che strenuamente vogliono la luna". Impossibile dar conto della ricchezza di situazioni (spesso catturate con un registratore a cassette in case di compagni, o negli studi di Radio Popolare, o in concerti) e del labirinto di musiche che Franti ha incrociato nella propria storia. Le cover di Robert Johnson papà del blues, i ricordi di Lou Reed, Bob Dylan e Linton Kwesi Johnson, le dediche a Demetrio Stratos, i lampi intelligenti e rabbiosi di un nuovo "canzoniere popolare" che ha fatto tesoro del free jazz nero e assertivo, del "rock in opposition" europeo, della cruda e non mediata comunicazione diretta del punk. Un ventennio senza smemoratezze. Su tutto, la voce immensa e gentile di Lalli, un monito di saggezza che per fortuna anche noi del Manifesto abbiamo raccolto. "Non si tratta di grande arte, ma di una grande forza e di un grande cuore per andare avanti", dice Franti semplicemente. Per chi si vuol mettere alla ricerca di quest'onda di memoria: droli

inrete.it (per A volte ritornano) e marcpan

tin.it (per Franti).

 


Released online: December, 1999

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