Cinema
anni Ottanta: Tra simbolo e evocazione
Cinema anni Ottanta: Tra simbolo e evocazione
Tra i migliori registi degli anni '80 e '90 si pongono alcuni
autori in grado di andare oltre il film di intrattenimento e di
godimento immediato, capaci di trasmettere il senso di una emozione
anche intellettuale di pił lunga durata. Oltre a
Woody Allen, Clint Eastwood, David
Lynch, Steven Spielberg ecc., tutti appartenenti alla cinematografia
statunitense, sono da ricordare qui almeno Win
Wenders e Werner Herzog. Essi appartengono
a una cinematografia che usa le storie per raccontare tra psicologia,
evocazione, simbolismo, la realtà più vera e autentica,
sia essa della realtà storica che della realtà umana.
In realtà la cinematografia europea negli anni Ottanta e
Novanta tenta strade autonome e caratteristiche, di fronte allo
strapotere della cinematografia statunitense. Ci si rintana in una
produzione di nicchia, valorizzando i migliori autori attraverso
il circuito dei cinema d'essai e del festival (Cannes dal 1946,
Venezia dal 1932, Berlin dal 1951). Mentre i francesi tentano in
questi anni la resistenza culturale ed economica attraverso la sovvenzione
della propria cinematografia da parte dell'intervento dello Stato
sia in forma diretta che sotto forme protezionistiche, momenti di
buon cinema si hanno sporadicamente, e ogniqualvolta le cinematografie
regionali recuperano i paesaggi umani e urbani (o sub-urbani) del
proprio folklore, riuscendo a valicare il confine dell'evocativo
e del simbolico. Così il successo di un film come "Nuovo
cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore, forte della prima parte
folklorica e autentica, o "Mediterraneo" di Salvadores
cineasta più maturo e continuo, o i films di Almodovar
ecc.
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