I neòteroi

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I neòteroi

Antitradizionalisti si dichiararono i neòteroi intorno al -I secolo. Essi ripudiavano la tematica etico-politica del passato e proponevano come modello la poesia dotta alessandrina. Furono definiti "neòteroi" o "poetae novi" da Cicero in senso polemico come poeti alla moda, per i loro atteggiamenti estetizzanti e aristocratici, i loro atteggiamenti da innovatori. Come le buone avanguardie europee di fine XIX e inizio XX secolo, la definizione spregiativa attecchì e servì a identificarli come gruppo.
Provenivano quasi tutti dalla Gallia cisalpina ma operarono a Roma, legati da reciproca amicizia, liberi e spregiudicati nella vita privata erano in politica in genere contrari a Caesar. In comune avevano il culto della letteratura, l'esigenza di esprimersi con spontaneità ma anche con consapevolezza d'arte. Iniziati alla poesia ellenistica da Partenio da Nicea, idealmente educati alla scuola di Valerius Cato, dichiararono guerra ai lunghi poemi epici di imitazione enniusiana. Privilegiavano gli epilli, i carmina docta cioè i brevi componimenti di argomento mitologico poco noto a imitazione di Callimaco e di Euforion. A loro interessava la diretta confessione lirica, le divagazioni leggere (le nugae), ma sempre nel più rigoroso rispetto della tecnica metrica.
Il più rappresentante del gruppo è certamente Catullus. Tra gli altri del gruppo vanno ricordati: Gaius Licinius Calvus, Caius Elvius Cinna, Furius Bibaculus (che alcuni identificano con Furius Alpinus), Laevius che introdusse a Roma il genere alessandrino della elegia narrativa.
Più importanti senz'altro risultano Publius Terentius Varro Atacinus, Gaius Valerius Catullus e Titus Lucretius Carus.

Contesto

L'Impero di Augustus



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