WWW. Le tre lettere che hanno cambiato il mondo

mercoledì 13 marzo 2019, di Sergej

Il 12 marzo 1989 il dott. Tim Berners-Lee presentò ai suoi capi del CERN di Ginevra un report su un sistema di comunicazione capace di gestire la gran mole di informazioni che venivano scambiati all’interno del CERN

Il 12 marzo 1989 il dott. Tim Berners-Lee presentò ai suoi capi del CERN di Ginevra un report su un sistema di comunicazione capace di gestire la gran mole di informazioni che venivano scambiati all’interno del CERN e con i computer di scienziati dislocati in vari laboratori del mondo. Il sistema lo chiamò MESH. Solo dopo fu chiamato World Wide Web (WWW).

Il 6 agosto 1991 fu pubblicata la prima pagina web [1]; il primo server del web era ospitato sul computer di Berners-Lee, un NeXT (la società fondata da Steve Jobs dopo che aveva lasciato Apple) su cui fu appiccicata una grossa etichetta che diceva “non spegnete, è un server!”. Come ricorda Dominique Bertola [2], era accaduto che un tecnico aveva “preso in prestito” il cavo di alimentazione causando il primo blackout della storia del Web. Fulcro del sistema era il link, la possibilità di collegamento ipertestuale - una rivoluzione nel mondo della comunicazione e della scrittura. Nel marzo del 1991 i software e il browser necessari per usare il sistema furono disponibili all’interno del CERN e nell’agosto di quell’anno Berners-Lee annunciò pubblicamente la sua invenzione. Nel dicembre del 1991 fu attivato il primo server del web negli Stati Uniti, nel centro di ricerca SLAC (università di Stanford). Nell’aprile 1993 il CERN disse che “la tecnologia WWW sarebbe diventata utilizzabile liberamente da tutti, senza bisogno di dover pagare alcuna tassa” al CERN. Alla fine del 1993 c’erano già almeno 500 server per il web, che generavano circa l’1 per cento del traffico di internet [3].

Non ci sembra un caso che il Web sia nato con le caratteristiche comunicative spinte, proprio in terra europea, e in ambiente scientifico. L’esperimento europeo di creare uno spazio non soggetto alle restrizioni che i due Imperi dell’epoca ponevano non solo alla cultura e alla ricerca, ma anche alle coscienze e alle vite delle persone. Non a caso i telefonini nascono in Norvegia, e il Web in Svizzera all’interno degli spazi di condivisione della scienza internazionale.

Non negli Stati Uniti dove domina la logica militare del top-secret e la logica delle corporation per cui deve essere evitata qualsiasi innovazione profonda del mercato.

E non nell’URSS che si avviava proprio in quegli anni alla sua dissoluzione. Il 1989 come "anno spartiacque". Proprio in quel momento si sarebbe potuta fare una più coraggiosa "scommessa europea" che invece non si volle fare.

Il Web è stato, come i personal computer, una di quelle cose che se non c’era bisognava inventarla. Tutta la nostra cultura sentiva nel profondo il bisogno di questa tecnologia: quando apparve è stato un evento luminoso. Il suo “successo” in termini tecnologici e di persone che fin dal primo momento vi si sono dedicate, testimonia tutto questo. E fin dall’inizio è stata fatta una scelta basilare: la tecnologia doveva essere libera, non soggetta a forme “proprietarie” né allo sfruttamento economico. Un bene comune, come l’acqua l’aria il cibo e i diritti fondamentali della persona. Una logica che fin dall’inizio cozzava contro le tentazioni fasciste e contro l’avidità degli umani: contro chi pensa che le conoscenze debbano essere secretate e vietate, contro chi ritiene che tutto debba essere oggetto di intermediazione economica, soggetta al dio denaro. Noi tutti - compresa la redazione di Girodivite che fin dall’inizio è stata “nel Web” - avevamo piena coscienza di tutto questo. Noi siamo nati nel 1994 [4], mentre in Italia si profilava da una parte il tentativo di liberazione dalla cappa oppressiva e corrotta della Prima Repubblica - la dissoluzione dei vecchi corrotti partiti, la speranza di quei mesi con il tentativo giudiziario di ripulire il Paese; dall’altra tornava la chiusura, quella fase chiamata Seconda Repubblica, “l’era berlusconiana” che ha inquinato i pozzi e differito ancora la transizione italiana. Il Web ci è servito, è servito ai movimenti e ai gruppi democratici e non allineati al potere, per poter continuare a chiedere libertà e pulizia, per poter denunciare, per dire il no delle nostre generazioni. Il no dei ragazzi e delle ragazze che avevano riempito le piazze contro il governo Tambroni, contro le gabbie salariali, contro l’oppressione nelle scuole e nei luoghi di lavoro; la generazione che ha vissuto il terrorismo e il piano di repressione che armava gli idioti manovrati dai servizi segreti; la generazione che diceva no alla ristrutturazione del capitale finanziario e al neoliberismo che voleva i poveri sempre più poveri e i soliti ricchi sempre più ricchi. I movimenti avevano usato i ciclostili (nel Sessantotto), i fax (il movimento della pantera), ora i movimenti usavano il Web.

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Tim Berners-Lee e Vint Cerf

Sapevamo che non sarebbe durato, sapevamo che il potere si sarebbe presto accorto del Web e avrebbe cercato di controllarlo. Di soffocarlo. Attorno al 2000 il Web è stato preso dalle logiche commerciali: fu la “bolla informatica”, e quando scoppiò lasciò sul terreno migliaia di aziende e speculatori; le intenzioni speculative commerciali sul Web cambiarono, ma da allora il Web rimase “commerciale”. Negli ultimi anni, tre linee di tendenza (come scriviamo nel cronoWeb): 1) la privatizzazione del Web, con il dominio di alcune corporation che hanno fatto diventare privato ciò che prima era pubblico: così FaceBook (ma anche Google ecc_) che si è impossessata di una fetta del Web e del lavoro gratuito e dei dati personali degli utenti. 2) il tentativo dei nuovi Imperi di creare zone controllate, confini là dove prima non esistevano confini: Cina, Stati Uniti, Russia, Europa e così via stanno creando sistemi di controllo sul Web. 3) il tentativo dei vecchi Stati nazionali di tassare i profitti delle corporation che dominano e lucrano sul Web. I vecchi Stati nazionali hanno “creato il mercato”, favorendone l’espansione creando uno spazio esentasse; ora passato all’incasso ma dovendo fare i conti con corporation che sono ora oltre-nazionali, hanno un potere che i singoli Stati non riescono a contrastare. Di qui il successo dei nuovi Imperi continentali.

Nel frattempo il Web è divenuto terra di nessuno, spazio della guerra tra fazioni politiche, cyberguerra, discarica per imbecilli (Umberto Eco non aveva tutti i torti); si favoleggia sul “dark Web” e sulle “fake news” e altre amenità del genere. I giornali tradizionali che prima avevano l’esclusiva delle notizie e si facevano pagare dai potenti di turno debbono fare i conti con la controinformazione. C’è la rivincita dei nerd e delle nerd [5]. Ci sono i movimenti integralisti anti-Web, coloro che vorrebbero bruciare computer e mentre che ci sono anche qualche strega. Ci sono i movimenti identitari, altrettanto fanatici dei movimenti integralisti. Insomma, il Web è un mondo bellissimo - vario, stravagante e divertente. Viva il Web, mille anni ancora di Web.

Fino al prossimo blackout elettrico.


Note

[1] All’indirizzo http://info.cern.ch/hypertext/WWW/TheProject.html (esiste ancora)

[2] Cfr https://www.punto-informatico.it/30-anni-www-web-cavo/

[3] Cfr https://www.ilpost.it/2019/03/12/world-wide-web-invenzione/

[4] Per i nostri 25 anni vedi: Dossier 25 anni di Girodivite

[5] Cfr https://www.girodivite.it/Siamo-tutte-nerd.html


Sergej

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