Svimez: emergenza Sud d’Italia

martedì 4 ottobre 2011, di Emanuele G.

Secondo lo Svimez c’è il rischio concreto che ben 2,5 milioni di giovani abbandonino il Sud nei prossimi anni. Una catastrofe sociale di immane proporzioni.

SUD, SVIMEZ: NEL 2010 SUPERATA RECESSIONE MA SI ARRANCA

Stagnano i consumi, deboli gli investimenti. Emergenza giovani: 2 su 3 sono a spasso.

Oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia.

Le prime anticipazioni del Rapporto SVIMEZ 2011 in presentazione il 27 settembre.

Un Sud che arranca, pur lasciandosi alle spalle la recessione più grave dal dopoguerra, con Abruzzo, Sardegna e Calabria che guidano la ripresa. Un Sud dove le famiglie hanno difficoltà a spendere, e il tasso di disoccupazione effettivo volerebbe al 25%, considerando chi il lavoro lo vuole ma non sa dove cercarlo.

E’ il quadro che emerge dal paper “Nord e Sud: insieme nella crisi, divergenti nella ripresa”, che anticipa i principali indicatori economici del Rapporto SVIMEZ 2011 sull’economia del Mezzogiorno, in presentazione a Roma il prossimo 27 settembre.

Pil: l’Italia cresce meno della media Ue e il Sud arranca – In base alle valutazioni di preconsuntivo della SVIMEZ, nel 2010 il Mezzogiorno ha segnato rispetto all’anno precedente un modesto +0,2%, ben lontano dal +1,7% del Centro-Nord.

Non va meglio nel medio periodo: dal 2001 al 2010 il Mezzogiorno ha segnato una media annua negativa, -0,3%, decisamente distante dal + 3,5% del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree.

In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno è passato dal 58,8% del valore del Centro Nord nel 2009 al 58,5% del 2010.

La crisi, poi, ha picchiato forte in tutto il Paese: nel biennio 2008-2009 la caduta del Pil è stata di oltre il 65% più elevata della media europea (-6,3% al Sud e -6,6% al Centro- Nord contro il -3,8% della media Ue). Ma è nella ripresa che le due aree divergono.

Nel 2010 il Pil pro capite nazionale in valori assoluti è stato di 25.583 euro, risultante dalla media tra i 29.869 euro del Centro-Nord e i 17.466 del Mezzogiorno.

Pil: al Sud crescono Abruzzo, Sardegna e Calabria. Basilicata giù dell’1,3%.

L’area che nel 2010 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+2,1%), seguita da Centro (+1,5%) e Nord-Ovest (+1,4%).

A livello regionale, la forbice oscilla tra il boom del Veneto (+2,8%) e la flessione della Basilicata (-1,3%).

A seguire, Friuli Venezia Giulia, Marche e Abruzzo segnano tutte +2.3%, Umbria +2,2%. Crescita anche per il Lazio (+1,8%), Lombardia e Trentino Alto Adige (+1,7%), Emilia-Romagna (+1,5%), Valle d’Aosta (+1,4%) e Piemonte e Sardegna (+1,3%).

All’interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all’Abruzzo (+2,3%), che recupera in parte il calo del 2009 (-5,8%) grazie alla ripresa dell’industria e alla buona performance dei servizi. Grazie alla crescita del terziario registrano segni positivi anche Sardegna (+1,3%) e la Calabria (+1%). Se la Sicilia è praticamente stazionaria (+0,1%), registrano segni negativi Puglia (-0,2%), Molise e Campania (-0,6%). Discorso a parte per la Basilicata, che registra il calo maggiore dell’attività produttiva a livello nazionale (-1,3%), soprattutto per effetto del calo delle costruzioni (-8,4%) e dei servizi (-0,6%).

Situazione non positiva anche se si guarda anche alla media annua 2000-2010: Campania e Puglia, che avrebbero dovuto rappresentare il motore produttivo del Mezzogiorno continentale registrano segni negativi (rispettivamente -0,2 e -0,3%), come la Basilicata (-0,7%).

In valori assoluti, nel 2010 la regione più ricca è stata la Lombardia, con 32.222 euro, seguita da Trentino Alto Adige (32.165 euro), Valle d’Aosta (31.993 euro), Emilia Romagna (30.798 euro) e Lazio (30.436 euro).

Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.574 euro), che comunque registra un valore di circa 2.200 euro al di sotto dell’Umbria, la regione più debole del Centro-Nord. Seguono il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera è la Campania, con 16.372 euro.

I settori: in risalita, ma non si recupera ancora la perdita. Bene l’agricoltura al Sud A livello settoriale il Sud registra nel 2010 una crescita del valore aggiunto doppia rispetto al Centro-Nord (+1,4% rispetto al +0,7%) nell’agricoltura, che spezza il ciclo negativo iniziato nel 2005.

Riguardo all’industria in senso stretto, la crescita al Sud è del +2,3%, meno sostenuta che al Centro-Nord (+5,3%). A tirare la ripresa della domanda estera soprattutto le industrie chimiche e petrolchimiche (+7,2%), i prodotti in metallo (+7,2%), i macchinari e i mezzi di trasporto (+3,6%). Ma si è ben lontani dal recuperare quanto si è perduto: dal 2000 al 2010 il valore aggiunto manifatturiero ha perso al Sud il 20%, contro il già forte - 14,2% del Centro-Nord.

In risalita anche i servizi, al Centro-Nord tre volte tanto rispetto al Sud (+1,2% contro +0,4%).

Consumi: le difficoltà delle famiglie meridionali – Riguardo ai consumi, a livello nazionale crescono moderatamente nelle famiglie (+1%), mentre calano nella PA per effetto delle manovre correttive (-0,6%).

A livello disaggregato la performance nelle due aree è simile nella spesa della PA (-0,5% al Sud, -0,6% al Centro-Nord). Non così per le famiglie: nel 2010 l’incremento della spesa nel Mezzogiorno è stato un terzo del Centro-Nord (+0,4% contro +1,3%). In particolare, i consumi di vestiario e calzature sono aumentati nel Centro-Nord del 3,9%, solo dello 0,7% al Sud; giù invece la spesa per beni alimentari (-0,4%), rispetto al +0,3% dell’altra ripartizione, una chiara indicazione delle difficoltà delle famiglie meridionali a sostenere il livello di spesa.

Da segnalare che dal 2000 al 2010 la spesa delle famiglie al Nord è cresciuta dello 0,5%, al Sud è scesa dello 0,1%. Più elevata nel periodo la spesa della PA: +1,4% al Sud, +1,6% nel Centro-Nord.

Investimenti: in ripresa, ma pesano le costruzioni.

In ripresa nel 2010 gli investimenti (+2,5% a livello nazionale), ma al Centro-Nord tre volte più del Sud (+3,1% contro +0,9%). A far rallentare il Mezzogiorno sono stati gli investimenti nelle costruzioni, -4,8%, che dal 2008 al 2010 hanno segnato un calo addirittura del 16%, principalmente per effetto della crisi che ha colpito le aziende da un lato e per la contrazione degli investimenti pubblici dovuti ai tagli del FAS e alle manovre correttive.

Occupazione in calo in tutte le regioni meridionali.

Negli ultimi due anni il tasso di occupazione è sceso al Sud dal 46% del 2008 al 43,9% del 2010, al Centro-Nord dal 65,7% al 64%.

Su 533mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese dal 2008 al 2010, ben 281mila sono stati nel Mezzogiorno. Con meno del 30% degli occupati italiani, al Sud si concentra dunque il 60% della perdita di posti di lavoro.

Occupazione in calo in tutte le regioni meridionali, con l’eccezione della Sardegna. Particolarmente forte è il calo in Basilicata (dal 48,5 al 47,1%) e Molise (dal 52,3 al 51,1%).

Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione si registrano in Campania, dove lavora meno del 40% della popolazione in età da lavoro, in Calabria (42,2%) e Sicilia (42,6%).

Il tasso d’occupazione si riduce anche nelle regioni del Centro-Nord con l’eccezione della Valle d’Aosta, del Friuli e del Trentino Alto Adige, che presenta il valore più alto con il 68,5%. Particolarmente intensa è la flessione in Emilia Romagna (- 2,8 punti percentuali, dal 70,2% al 67,4%) e in Toscana (dal 65,4 al 63,8%).

Emergenza giovani: 2 su 3 sono a spasso – Allarme giovani. Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%; per le donne nel 2010 non raggiunge che il 23,3%), segnando un divario di 25 punti con il Nord del Paese (56,5%). La questione generazionale italiana diventa quindi emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno.

Inattivi aumentati di oltre 750mila unità.

Tra il 2003 e il 2010 al Sud gli inattivi (né occupati né disoccupati), sono aumentati di oltre 750mila unità.

Mentre crescono i giovani Neet (Not in education, emplyment or training) con alto livello di istruzione. Quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. Sono circa 167 mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro, con situazioni critiche in Basilicata e Calabria. Uno spreco di talenti inaccettabile.

Disoccupati impliciti ed espliciti – Nel 2010 il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 13,4% contro il 12% del 2008, più del doppio del Centro-Nord (6,4%, ma nel 2008 era il 4,5%).

Se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori che usufruiscono della CIG e che cercano lavoro non attivamente (gli scoraggiati), il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 14,8% a livello nazionale dall’11,6% del 2008, con punte del 25,3% nel Mezzogiorno (quasi 12 punti in più del tasso ufficiale) e del 10,1% nel Centro-Nord.

Documenti allegati


Emanuele G.

:.: Città invisibili

Parole chiave

Home page