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LA FAVOLA DELL’AUDITEL E DI UNA TELEVISIONE MIGLIORE

una iniziativa di Mega Chip e di Articolo 21
di Vanessa Viscogliosi, foto a cura di giacomo alessandro fangano

Accendere la TV oggi significa trovarsi di fronte a programmi scadenti, a donne oggetto, a speculazioni sui sentimenti e sui dolori della gente comune.
Film e trasmissioni degni di nota sono ghettizzati in fasce orarie notturne. Di certo ne saranno contenti gli insonni, meno gli altri che sono costretti a sorbirsi piagnistei e tette sia su Mamma Rai che la Mediaset.
Se la TV italiana è divenuta mediocre e superficiale lo dobbiamo soltanto alla dura legge dei numeri o, meglio, a quella dei soldi.

Tutti i palinsesti televisivi gravitano intorno alle pubblicità che si riescono a trovare. Gli stessi programmi sembrano essere scritti e ideati non per offrire un servizio al pubblico ma per fare da spartiacque tra uno spot televisivo e l’altro.
Tutto questo è ridicolo e deludente. Come se non bastasse l’unica preoccupazione di molti che “fanno televisione” è quella di conoscere i dati dell’Auditel.
Alle 10 di ogni mattino, presentatori, giornalisti, attori e veline del momento, angosciati dall’ansia di aver fatto magari un flop, si informano attraverso questo morboso strumento, di quante persone abbiano seguito l’ultima fatica.
Peccato che l’Auditel si basa sulla scelta televisiva di un piccolo margine della popolazione italiana, ovvero il 10%.
Una televisione di cattiva qualità, è ovvio non poteva che avere un sistema grossolano di rilevamento degli ascolti televisivi…ma come è possibile, allora, stabilire il successo di una trasmissione, o di un film, rispetto a un altro?
Megachip e Articolo 21 hanno lanciato contro l’Auditel un’interessante campagna, “Basta con l’Auditel”, volta a mettere in luce l’inattendibilità di questo mezzo.
I dati quotidiani che vengono propinati, infatti, si discostano altamente con la reale visione e il gradimento degli spettatori.
Pochi in Italia sanno come nasce l’Auditel e con quale funzione. La Rai, la Fininvest e l’Upa firmano un patto nel 1986 con l’obiettivo di rilevare, attraverso questa società privata, gli ascolti degli spot. In seguito l’Auditel si è trasformato in un «giudice inappellabile», come sostiene Roberta Gisotti, nel suo ultimo libro, La favola dell’Auditel.
L’indagine condotta dalla giornalista di Radio Vaticana è stata giustamente utilizzata come supporto teorico alle accuse mosse, nei confronti dell’Auditel, da Megachip e Articolo 21, in occasione della conferenza stampa, tenutasi a Roma lo scorso 24 ottobre, durante la quale è stata promossa la rivoluzionaria campagna.
«L’Auditel è uno strumento fallace», dichiara Giulietto Chiesa, giornalista e fondatore di Megachip, «il libro e Roberta Gisotti vi spiegheranno il perché».
In effetti l’analisi accurata dell’autrice rivela la totale inadeguatezza e l’inaffidabilità di questo sistema di rilevamento.
Il campione Auditel è composto da 5075 famiglie. Ogni nucleo familiare è considerato solo un gruppo di consumatori e non di cittadini utenti. Per diventare infatti una “famiglia Auditel”, occorre dichiarare di essere abituati a stare incollati davanti al televisore almeno 3 o 4 ore al giorno, in caso contrario non si è rilevanti per la pubblicità.
Non esiste nessuna garanzia poi che la famiglia campione, di regola impegnata in questo servizio per 5 anni e ripagata con un piccolo elettrodomestico all’anno, adempia con onestà la propria mansione: chi può dimostrare infatti che ci sia qualcuno davanti alla TV e per quanto tempo?
Ogni azione della famiglia campione deve essere registrata. Anche l’andare in bagno a lavarsi i denti o andare in cucina a preparare il caffè deve essere segnalato sul telecomando dell’Auditel. In quanti però lo fanno? In fin dei conti il premio annuale è soltanto un tostapane…
C’è da dire inoltre che l’Auditel controlla uno o al massimo due televisori a famiglia, ma solo se questi si trovano nel salotto o in cucina. Ne consegue, quindi, che gli apparecchi delle camere da letto, non vengono considerati.
Non parliamo poi dei limiti tecnici: nelle ore serali solo le frequenze di Rai1, Canale5 e La7 non si sovrappongono e nel pomeriggio si salvano solo quelle di Rai2 e La7.
E tutte le altre? Semplice…si confondono tutte.
Com’è possibile che in tutti questi anni si è fatto affidamento su un così imperfetto strumento?
Sicuramente la favola dell’Auditel ha rinvigorito le tasche di molti, tranne quelle dei consumatori. Pardon, degli spettatori.

MEGACHIP DIXIT.
“Meno Auditel per tutti significa meno TV deficiente, più attenzione alla qualità dei programmi, più trasparenza economica per chi investe in pubblicità. Alla fine, più pluralismo”.

Nel corso della conferenza stampa sulla campagna “Basta con l’Auditel”, è stata illustrata una petizione indirizzata all’Authority per le comunicazioni, a cui si richiede che essa svolga, secondo legge, le rilevazioni degli ascolti radiotelevisivi.
È stato inoltre lanciato un appello per segnalare le famiglie del campione Auditel, la cui lista è segreta, allo scopo di smascherare l’inattendibilità del metodo e della tecnica utilizzata, così come già emerso dalle testimonianze delle poche famiglie uscite allo scoperto sulla stampa.

 

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