Mia figlia Vera con l'abito nuovo, di Sebastiano AddamoE' bello. La tua vanità è aquilarosa mentre volteggi la gonnanon so come si chiama, ma èruota azzurra code di pavonegoccioli di cristallo entro latua nuvola felice.Ti guardo soltanto con la tuagioia momentanea procederesulle svelte chiare rotaie delgiorno assoluto;ti guardo.Ti guardo da entro l'oggettivausura delle cose, del tempo, esei invulnerabile la Storia cheti vive per ora non ti tocca;sento i tuoi passi per le scale,sei già orfana, e lo so che tispaventi, lo che a rimuovereprovi l'evento oscuro, lo soche vorresti coprirti gli occhinon sapere quel che già temi esai, gaia mia figlia dal nomignoloun po' strano;lo so che non possopersuaderti ad accettare quantonemmeno sono in grado diriconoscere, lo so che non possoaiutarti (stavolta non potròdavvero) sarai spaventata delmio spavento e vorrei iomorire la tua morte,mentre neldomenicale giorno la signoradi fronte alzata tardi respiraintorpidita la luce che l'accecae il signore distratto forseper notturne sclerotiche copuleinciampa - e bestemmia - sullamerda del suo cane (ma sono ipiccoli consueti gesti, questiatti, a restituire la purezzaintatta delle cose);mentre dalontano ti guardo camminarela nuvola felice la ruota dipavone la coda di cristallo,e senza stupore incontro davantia te il lutto.Mia figlia Vera con l'abito nuovo, in: Significati e parabole, da: Collettivo - Quaderni della Fenicequaderno n. 54 - Ugo Guanda Editore - Milano 1979Sebastiano Addamo: biografia
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