Prima tappa


In viaggio, a piedi, lungo un percorso vecchio di secoli, fra storia religione uomini e luoghi del nord della Spagna, fino alla fine del mondo.


di Antonio Cavallaro pubblicato il 11 luglio 2004

Sul taxi che prendiamo per arrivare a S. Jean Pied de Port l’autista ci racconta di un medico statunitense che ha iniziato il cammino prendendo la Via Alta, la stessa che vorremmo fare noi per attraversare i Pirenei. "Al suo arrivo a Roncisvalle, il dottore ha bevuto 1 caffè, la caffeina ha accelerato ancor di più i ritmi di un cuore gia provato dalla fatica facendogli venire un attacco cardiaco che lo ha ammazzato sul colpo!". Due giorni dopo sentirò parlare ancora di questa storia da un altro pellegrino ma stavolta il medico avrà nazionalità francese. Da qui alla fine del viaggio diverrà tedesco, italiano, brasiliano, spagnolo…

E’ la metà di aprile, la Spagna del dopo undici marzo con l’elezione di Zapatero e la conseguente decisione di ritirare le truppe dall’Iraq si trova al centro dell’attenzione mondiale, divenuta suo malgrado unità di misura del tornaconto delle altre nazioni, subendone plausi o critiche. "Aznar: por tua culpa 200 muertos", questa scritta da il benvenuto a chi in metropolitana, si muove dall’aeroporto verso il centro di Barcellona. Chiusa nel suo dolore, la Spagna vorrebbe lasciar trasparire solo rabbia, ma è incapace di nascondere le ferite, le cui tracce si scovano anche in tutte quelle bandiere della pace appese nei balconi. La Spagna ferita fa sorvegliare i suoi treni da poliziotti con pistole ben in vista, pronti ad ogni stazione a scendere dai vagoni per controllare chi scende e chi sale. La scena mi ricorda i films western… il mucchio selvaggio, gli assalti ai treni. Scende anche un ragazzo che ad ogni fermata, sotto l’occhio attento dei poliziotti cerca di far fare pipì al suo piccolo cane. Il cane non ne vuole sapere, i poliziotti s’infastidiscono, il ragazzo sgrida il cane. E’ questa rappresentazione farsesca della paura che mi tiene sveglio tutta la notte quando da Barcellona ci muoviamo verso Pamplona.

Una volta arrivati attendiamo fino al pomeriggio per prendere il bus che ci porterà a Roncisvalle, al confine tra Spagna e Francia. Il bus inizia il suo cammino attraversando paesi, arrampicandosi per tornanti circondati da una boscaglia che man mano che si sale si fa più fitta. Sono partito con due amici, uno dorme, con l’altro in silenzio osserviamo il paesaggio e ogni tanto ci guardiamo, il bus è pieno di persone che come noi domani inizierà il cammino. Alla partenza da Pamplona ho osservato il loro equipaggiamento, tutti gli zaini erano molto più piccoli e apparentemente più leggeri dei nostri. A qualche metro da me un canadese ed un danese parlano ad alta voce, per il canadese è la seconda volta, avverte il danese che questa non è affatto una passeggiata ed occorre una buona preparazione fisica, dice anche che il suo zaino pesa 7 chili. I nostri zaini pesano quasi il doppio e lo sappiamo (compreso quello che dorme), tutto ciò non ci tranquillizza e anzi aumenta quel senso di inadeguatezza che ci ha colto da quando siamo saliti sul bus. Ma la mia ansia esplode quando passiamo davanti all’albergue di Larrasoana, rifugio per pellegrini che dovrebbe ospitarci fra due giorni. Fuori alcuni pellegrini giunti lì il pomeriggio hanno le facce distrutte dalla fatica, un paio zoppicano, una donna è intenta a disinfettare una ferita al piede. Fuori la porta c’è una lunga fila fatta di scarponi, messi lì, danno la sensazione di un qualcosa che si voglia abbandonare. Sveglio il mio amico che dorme, dobbiamo prendere delle decisioni (e mi infastidisce vederlo tranquillo), ci scambiamo le nostre impressioni parlando ad alta voce, il bus è una piccola babele, nessuno parla italiano e ci hanno gia scambiato per spagnoli e una volta per portoghesi. Dobbiamo alleggerire i nostri zaini e decidiamo di spedire domani da S. Jean quanta più roba possibile tenendo solo l’indispensabile. Il bus fa capolinea a Roncisvalle da lì l’unico modo per arrivare a S. Jean è il taxi. Paghiamo 30 euro per fare quella ventina di chilometri che separano i due paesi . Arriviamo che è gia sera, ci fermiamo alla associazione Les Amis de Saint Jacques- Pyrénées Atlantiques ove ci viene rilasciata per 10 euro la Credencial del Peregrino. Stanotte dormiremo nell’Albergue di un certo Jean, che incontriamo per strada: "italiani, eh?", è la prima cosa che ci dice, "ah siciliani" è la seconda. Poi ci ignora e parla tutto il tempo con lo spagnolo che è con noi. Arrivati a destinazione ci chiede 12 euro e ci porta in una cucina dove c’è del pane e del companatico, sarebbe la nostra cena compresa nel prezzo. Dopo ci mostra le nostre camere e il bagno, se volessimo fare una doccia dovremmo farla in fretta ed in silenzio perché come dice Jean "qui, stanno gia tutti dormendo". Sono le 10:30 di sera, in camera c’è qualcuno che dorme, quasi al buio comincio a spogliarmi, e provando qualcosa di molto vicino ad un sentimento di colpa vado a farmi la doccia, dopo scivolo in un letto sconosciuto all’interno di una stanza che neanche ho visto. Sono stanco e mi sento molto spaesato, cosa ci faccio qui? Che ci stiamo a fare qui? Allora ripasso nella mia testa tutto quello che so sul Cammino di Santiago.

Giacomo il Maggiore, apostolo di Gesù, giunge nella penisola iberica spingendosi dal sud fino alla celtica Galizia , dove compie opera di proselitismo. Ritornato in Palestina muore martire, primo tra gli apostoli, decapitato nel 42 A. C. per mano del re Erode Agrippa. I suoi discepoli, Teodoro e Anastasio, ne trafugano il corpo trasportandolo con una barca nuovamente in Galizia dove viene sepolto, ma di questa tomba se ne perdono le tracce almeno fino nel IX secolo, quando l’eremita Paio ne rinviene il sepolcro attirato da misteriose luci apparse sul monte Libradon, guidato anche dallo stesso Giacomo apparsogli in sogno. In una penisola iberica conquistata e dominata dagli arabi, la notizia della scoperta della tomba diviene per la Spagna e per l’Europa un forte simbolo d’identificazione comune, riuscendo a creare coesione fra gli sparuti regni cristiani contro quella minaccia musulmana che rischiava di espandersi nel continente. Alcune leggende vedono lo stesso apostolo apparire nei luoghi di battaglia su un cavallo bianco e brandendo una spada, mettersi alle testa delle truppe cristiane contro gli arabi. Questo ha dato a S. Giacomo l’appellativo di "Santiago matamoros", l’ammazza mori!

Nella scoperta delle reliquie Carlo Magno, Papa Leone III e altri importanti personaggi dell’epoca vedono un segno divino, l’inizio di un possibile riscatto. Fanno erigere una prima chiesa sopra il sepolcro, intorno alla quale si cominciano a sviluppare piccoli sobborghi. Sono gli albori di Santiago (S. Giacomo in spagnolo) destinata a divenire la terza città santa della cristianità dopo Roma e Gerusalemme. Nei secoli avvenire studi e ricerche hanno portato a ritenere più veritiera l’ipotesi che i resti del santo si trovino ancora in Palestina, ma la chiesa ha sempre rifiutato ogni altra congettura che mini il ruolo di Santiago de Compostela come simbolo della "Riconquista" e attraverso il pellegrinaggio, emblema comune ed unitario dell’Europa cristiana. Compostela ha attirato viandanti da tutti gli angoli della Terra, desiderosi di seguire l’itinerario delle stelle, la Via Lattea, per redimersi dalle proprie colpe, come si dice fece lo stesso imperatore Carlo Magno che, stando alla tradizione popolare inauguro l’itinerario per Santiago. Non c’è un unico itinerario, molti sono i tracciati ma quello più conosciuto è senz’altro il "Cammino Francese". Partendo dal versante francese dei Pirenei si può entrare in Spagna valicando due passi: Roncisvalle o Somport. I due tratti iniziali sono conosciuti anche come "Cammino Navarro" e "Cammino Aragonese", per poi congiungersi più avanti in un unico cammino che attraversa tutta la Spagna settentrionale. Papi, sovrani, santi, persone comuni è praticamente da quasi dodici secoli che si cammina verso Santiago, su un percorso rimasto lo stesso fin dal Medioevo.

Nei secoli per necessità, interesse o solidarietà si è riusciti a dare un’organizzazione al Cammino (sono stati diversi milioni i pellegrini provenienti da tutta Europa nel corso degli anni). Ai giorni d’oggi il documento che attesta lo status di pellegrino è la Credencial, ritirata nei centri d’accoglienza che si trovano durante i primi giorni di cammino, permette innanzitutto di essere ammessi negli albergue. Questi altro non sono che dei rifugi (spesso luoghi storici) messi a disposizione da parrocchie, ordini religiosi, municipalità o privati che, oltre a mantenere un’antica tradizione religiosa e culturale, hanno scoperto nell’afflusso ininterrotto di pellegrini una risorsa economica. Ogni giorno l’hospitalero dell’albergue dove si è giunti apporrà un sello (timbro) sulla Credencial del pellegrino, dandogli ospitalità per una notte. I sellos dimostreranno di aver compiuto il percorso del Cammino. Non ci sono "tappe" con lunghezze prestabilite, non è una gara. Ognuno compie ogni giorno la strada che è in grado o vuole compiere. Non c’è un periodo prestabilito, si può cominciare in qualsiasi giorno dell’anno da solo o in compagnia e per i quasi 800 km della rotta jacopea il pellegrino sarà guidato da frecce gialle, che dipinte su muri, alberi, case, rocce e quant’altro lo condurranno a Santiago. A Santiago esibendo la Credencial si otterrà la Compostela, che oltre ad attestare l’avvenuto pellegrinaggio, "purifica" il pellegrino da tutti i peccati commessi nella sua vita, conferendogli indulgenza. Il pellegrinaggio è considerato tale anche solo se si compiono almeno 100 km a piedi o 200 km con altri mezzi (bicicletta, cavallo ecc.), ma cercare di percorrere tutti gli 800 km è tutta un’altra cosa! Oltre alla sua valenza strettamente spirituale, il Cammino di Santiago è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

L’indomani ci alziamo presto insieme agli altri, riempiamo due scatoloni con vestiti, creme, medicinali e libri che riteniamo essere zavorra inutile e andiamo all’ufficio postale. Io però non ho la sensazione di aver alleggerito il mio zaino ma spero di aver tolto almeno due chili. Così finalmente ci prepariamo alla partenza (siamo gli ultimi, sono almeno le 10:30). Donando qualche euro ho preso in albergue tre conchiglie da appendere allo zaino, simbolo del pellegrinaggio. In passato chi si recava a Santiago era solito spingersi fino a Finis Terrae sull’Atltantico, ove si credeva anticamente finisse il mondo, la conchiglia oltre a essere un ricordo rappresentava la prova dell’avvenuto pellegrinaggio. Chiediamo a Jean di immortalare il momento in una foto. Pronti, su, via! Luigi si accende un sigaretta. Col pollice levato il simpatico hospitalero ci saluta: "bravo, bravo… comincia a fumare".

La guida indica questa prima tappa come molto impegnativa e con il dislivello maggiore rispetto a tutte le altre, passando dai 150 metri fino ad arrivare ai 1400 per poi ridiscendere. Abbiamo deciso di valicare i Pirenei attraverso la Via Alta, la stessa usata da Napoleone per invadere la Spagna. Indubbiamente più bella e affascinante dell’alternativa fornita dalla Via del fondovalle, è soprattutto estremamente più dura. Poco fuori il paese la strada si inerpica subito per chilometri e chilometri. La fatica ci fa distanziare dopo qualche chilometro, ritrovandomi solo. Controllo il respiro a fatica, piegato sulle gambe dal peso dello zaino. C’è un fortissimo vento che con le sue raffiche mi sposta dandomi anche brividi di freddo malgrado il sole non sia coperto da nuvole. Rischio quasi di piangere, impotente, mi pare di morire ad ogni passo, mi assale lo sconforto quando mi rendo conto che impiego più di un minuto per fare cinque metri, non riesco a muovermi in avanti, mi muovo lateralmente a piccoli passi. Non ho la forza di pensare a niente, gli occhi sono fissi sulle mie scarpe che arrancano sulla strada in salita, la bocca spalancata fa da cornice al mio respiro affannato. Che ci stiamo a fare qui?

Solo dopo (molto dopo), giunto in cima, posso apprezzare la bellezza che mi sta attorno. Sono circondato dai Pirenei che si stagliano su un cielo blu tagliato dalle numerose scie degli aeri che lo attraversano. Ai miei piedi ho boschi fitti e vallate verdissime, ad una decina di metri da me un branco di cavalli pascola su un prato di cui non vedo la fine. Ieri qui c’è stata una tempesta di neve, ne trovo le tracce lungo la via, il bel sole di oggi non riesce a scioglierla tutta. I pellegrini che si sono messi in cammino ieri non sono stati fortunati come noi. Ci ricongiungiamo e affrontiamo insieme la tanto agognata discesa che si inoltra nei boschi. Nessun cartello indica l’ingresso in Spagna, a quello ci pensano le compagnie telefoniche mandandoci dei messaggi sul telefono. Questa regione della Spagna è la Navarra, una terra che ha visto molti scontri fra cristiani e musulmani, lo stesso stemma della regione sono delle catene con cui, vuole la leggenda, sia stato imprigionato un re musulmano dopo la battaglia di Tolosa nel 1212. Lì dove la neve si è sciolta ha lasciato posto al fango che certo non ci facilità il percorso. Alessandro raccoglie un ramo e comincia ad intagliarlo per farsi un bastone, anch’io provo a farmene uno ma poi lo perdo quando lo aggancio dietro lo zaino. Dopo due ore arriviamo a Roncisvalle, l’albergue è un antico hospital del XVI secolo ed è gestito da due tedeschi, mi dicono che la luce verrà spenta alle 22 e c’è il silenzio! Viene riaccesa alle 6 e la doccia se voglio farla, devo farla entro le 21. Per me tutto va bene e poi non potrei fare altrimenti.

Trovo un letto e mi infilo subito sotto la doccia, poi vado molto volentieri a cenare. Sono stanchissimo, non ho ne la forza ne la volontà di andare ad ammirare la Capilla de Sancti Spiritus dove pare sia sepolto Rolando, ne di arrivare all’Alto de Ibaneta dove una lapide ricorda il sacrificio di Rolando e dei suoi paladini nel 778 in un agguato tesogli da Baschi e Saraceni, e dove la leggenda vuole che un angelo sia apparso a Carlo Magno inginocchiato sulla tomba del nipote per indicargli il cammino delle stelle, l’unico che porta al perdono. L’albergue è un enorme stanzone di 80 letti, accanto a me alcuni curano i propri piedi gia rovinati, fuori dei lampi non preannunciano nulla di buono per domani e tutti dicono che pioverà. La luce si spegne, la notte si tinge di blu e per la seconda sera mi addormento ponendomi molte domande.


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