Nussbaum e dintorni
Nel nuovo libro di Martha Nussbaum
un approccio alla Amartya Sen sulla questione femminile
Sesso, diritti e capacità Di Francesca Rigotti (Da "IlSole24ore")
Il lavoro filosofico di Martha Nussbaum è abbastanza
noto al lettore specialistico. Nel suo nuovo libro però la filosofa
americana si propone di indirizzarsi anche al pubblico dei non specialisti.
Oggetto del suo studio è il problema del pieno dispiegamento del potenziale
umano, femminile e maschile, nel mondo che ci aspetta. Per avvicinare
il lettore meno abituato al linguaggio teorico, Nussbaum ha incluso
nel lavoro la narrazione di casi concreti (in particolare quelli di
due donne indiane, Vasanti e Jayamma) e materiale pratico filtrato
dalla sua esperienza empirica e di osservazione sul campo. L'impianto
teorico del lavoro parte dalla posizione della donna nei Paesi del
Terzo mondo, in base all'assunto che la disuguaglianza di "genere"
è strettamente correlata alla povertà. La prospettiva adottata permette
di non compromettersi con le questioni di casa ma consente allo stesso
tempo di lanciare uno sguardo lungo al fenomeno della subordinazione
femminile in posti lontani, per ritirarlo magari fino a luoghi a noi
più vicini. La tesi forte di Martha Nussbaum è che per arrivare a
una soglia minima di rispetto della dignità umana (femminile e maschile)
l'approccio migliore risulti quello fondato sulle capacità umane,
anzi sul principio delle capacità di ogni persona, basato a sua volta
sul principio di considerare ogni persona un fine in sé. Nonostante
questa enunciazione chiaramente kantiana, non è Kant il referente
della Nussbaum, o meglio non il Kant assertore di una concezione non
cognitiva delle passioni e dei sentimenti, che Nussbaum non approva;
né lo sono Rawls e Habermas, che sulla scia di Kant ignorano il peso
degli "strong feelings" nei loro modelli procedurali di scelta politica.
L'approccio secondo le capacità difeso da Martha Nussbaum infatti
non solo dà un posto preminente all'immaginazione e ai sentimenti
ma fa anche affidamento su di essi sul piano metodologico. Il referente
principale della teoria del "capability approach" è l'idea marxiano-aristotelica
del pieno dispiegarsi delle capacità e delle funzioni umane. Quel
che le interessa è la soglia più alta di questo dispiegamento, quella
raggiunta la quale la persona diventa un essere "veramente umano",
degno di essere tale (Marx). L'idea centrale che Nussbaum accoglie
è quindi il principio marxiano dell'essere umano in quanto essere
libero e dignitoso che modella la propria vita in cooperazione e reciprocità
con gli altri, invece di essere guidato o spinto per il mondo come
l'animale di un gregge. È un vero peccato che l'autrice non sviluppi
questo punto, che mi sembra di grande interesse. Ella invece preferisce
solo accennare al suo debito marxiano-aristotelico per poi dedicarsi
a spiegare minuziosamente in che cosa il suo approccio differisca
da quello di Amartya Sen, che per primo lo ha introdotto in economia
e che ne fornisce una trattazione completa nel suo recente "Development
as Freedom" (ora pubblicato da Mondadori), e poi nello specificarne
i caratteri. Noi ci chiediamo, dice Nussbaum sottolineando la propria
specificità e originalità, che cosa le persone sanno o non sanno fare
e le invitiamo a pretendere dai loro governi dei principi costituzionali
che garantiscano un livello minimo di capacità. L'elenco delle capacità
umane principali è lungo: vita, integrità fisica, libertà di pensiero,
rapporto libero con le altre specie, svago, gioco... ed è diretto
agli esseri umani in generale, con particolare attenzione al mondo
delle donne. In molti Paesi del mondo per esempio le bambine non vengono
incoraggiate a giocare: indirizzate come sono ai lavori domestici
e alla sedentarietà, non sanno nemmeno come si fa. Diventeranno, se
ricche, quelle matrone dalle curve morbide e dai gesti posati, non
abituate a muoversi all'aperto, a cui il fisico magro e slanciato
di Martha Nussbaum appare quasi peccaminoso. È chiaro a tutti a questo
punto che le capacità di cui parla Nussbaum prendono nella sua teoria
il posto dei diritti: sono imprescrittibili né possono mai venire
eluse a favore di altri tipi di vantaggi sociali. Se noi guardiamo
a ogni persona come a un fine in sé e non come a uno strumento per
soddisfare bisogni altrui, questa concezione acquista corpo e spessore.
È una prospettiva che può aiutare le donne a uscire dalla "logica
del sacrificio", quella che chiede loro di porre il soddisfacimento
dei bisogni dei familiari davanti alla realizzazione del proprio sé.
In India, racconta Martha Nussbaum, lo zucchero costa molto meno del
latte, così che le donne indiane povere mettono il latte nella tazza
di té dei figli e del marito e lo zucchero nella propria. Eppure,
mi viene da commentare, non sono gesti che facciamo tutti, che fanno
tutti i genitori, madri e padri, per un tradizionale amore familiare
che non mi sentirei di condannare, e che peraltro anche l´autrice
esalta come condizione per il pieno fiorire del reciproco rispetto
e dello sviluppo delle capacità umane. L'approccio secondo le capacità
presenta comunque, ella spiega, dei vantaggi rispetto all'approccio
secondo i diritti: non rischia di essere considerato di importazione
occidentale perché non è legato a una cultura particolare o a una
tradizione storica delimitata: se noi parliamo di ciò che le persone
sono di fatto in grado di fare e di non fare, non diamo infatti nessun
privilegio a un'idea occidentale, perché le idee di attività e capacità
si trovano in qualsiasi cultura. Questo approccio inoltre salvaguarda
il valore della diversità dei costumi senza preservare la brutalità
di alcune pratiche: la violenza domestica, la monarchia assoluta o
la mutilazione genitale. Ancora una volta, se la tradizione viola
i diritti - o comunque vogliamo chiamarli - è la tradizione che deve
soccombere, non i diritti (vedi "Se la tradizione viola i diritti",
"Il Sole-24 Ore-Domenica", 17 ottobre 1999). L´approccio secondo le
capacità è universalistico, come lo sono la tolleranza religiosa,
la libertà di associazione e le altre libertà maggiori, come lo è
il principio di considerare ogni persona come un fine, ma la strategia
migliore è quella di formulare norme e diritti universali come un
insieme di capacità ("set of capabilities") per il pieno dispiegamento
della persona umana e per la protezione delle sue sfere di libertà.
- Martha C. Nussbaum, "Woman and Human Development. The Capabilities
Approach", Cambridge University Press, Cambridge 2000, pagg. 304.
- Amartya Sen, "Lo sviluppo è libertà", Mondadori, Milano 2000, pagg.
356, L. 35.000. (L'edizione originale, "Development as freedom", è
stata recensita da Pier Luigi Sacco domenica 5 marzo 2000).
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