MATRIX
RELOADED
Intrappolati tra sogno e
realtà, tornano gli eroi della saga tecno-filosofica
dei Wachowsky Bros.
di Sergio Di Lino
“The
Matrix”, ovvero la saga più rutilante
del cinema contemporaneo, l’unica in grado di
coniugare pratiche alte e basse, spesso senza soluzione
di continuità né cognizione di causa,
ma con degli esiti comunque affascinanti. Dopo l’ipervalutazione
spropositata del primo episodio, alla luce dei fatti,
molti appassionati con l’acquolina in bocca
sono usciti dalla visione di “Reloaded”
piuttosto delusi. Colpa dell’ambizione smisurata
dei Wachowsky Bros, ipertrofici fino all’intollerabile
e spesso non del tutto consci della natura precipuamente
di entertainment del loro prodotto; così, di
fronte a sequenze sontuosamente e sterilmente pompier
(gli sproloqui francesizzanti di Merovingio, il colloquio
con il pacioso oracolo, fino al colpo di grazia dell’Architetto)
e altre decisamente kitsch (il ballo tribale nell’arena,
che da centro-comizi si trasforma all’istante
in discoteca), il vero motore del film, ovvero le
spettacolari scene d’azione, mutuate, è
vero da tutto il cinema di Hong Kong possibile e immaginabile,
ma ugualmente spettacolari e coinvolgenti (grazie
anche all’elaborazione ulteriore della tecnica
del bullet-time), risultano annacquate, quasi degli
innesti spuri, degli obblighi da assolvere nei confronti
dell’intrattenimento di massa. Perennemente
indecisi sulla dimensione entro la quale collocare
la loro operazione, i Wachowsky denunciano tale ambiguità
anche in sede di messa in scena, persi tra raffinatezze
e grossolanità, cineasti di genere anelanti
allo status di sperimentatori: in tal modo, alcune
scene immaginifiche e/o fantasmagoriche rasentano
l’allure del cinema puro, mentre altre sono
più vicine agli action-movies prodotti da Jerry
Bruckheimer. Rimane il guanto di sfida lanciato, con
innegabile coraggio, allo spettatore, anche il più
affezionato (forse per questo motivo molti hanno voltato
le spalle al film), e alla sua capacità di
resistenza; rimangono alcune scene che rubano letteralmente
gli occhi, su tutte la lunghissima (quattordici minuti)
sequenza di inseguimento in autostrada, e costituiscono,
inutile negarlo, alcuni dei momenti più alti
mai raggiunti dal cinema d’azione; rimane l’impianto
filosofico e retorico messo in piedi dai due registi;
rimane l’universo alternativo creato all’uopo
per la saga (è in arrivo entro l’anno
il terzo episodio, è già pronta la serie
di cortometraggi animati “Animatrix” –
alcuni dei quali diretti da autentici maestri dell’animazione
contemporanea – da immettere direttamente nel
mercato home-video, e già si vocifera sottovoce
di un quarto film…). Rimane un’esperienza
percettiva a suo modo unica (per ora…) e per
certi versi inarrivabile. Ma non si chiedano emozioni
vere: alla maniera del prototipo, “Matrix Reloaded”
è un’operazione troppo studiata e mediata
(troppe citazioni, rimandi, links più o meno
legittimi) per appassionare veramente. Un film abbacinante,
ma senza cuore né anima. Peccato.
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