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Uno di noi di Sergej

La morte di Luigi Pintor, il 17 maggio 2003. Pintor, uno di noi.
Incazzoso sempre, lucidissimo "dalla parte del torto" brechtianamente.
Giornalista, là dove questo significa impegno politico in prima linea.
Era nella vecchia Unità prima di essere espulso, insieme ai compagni
de Il Manifesto, per "frazionismo" - cioè perché contro l'URSS e
l'aggressione alla Cecoslovacchia. Poi, da sempre, con Il Manifesto. I
suoi editoriali sempre graffianti, amari, nitidissimi, ci sono stati di
conforto e ci hanno indicato una direzione in questi anni craxiani e poi
berlusconiani. Rimangono i suoi libri - scritti negli ultimi anni e
pubblicati tutti da Bollati Boringhieri (Il nespolo, Servabo, ecc.), ma
soprattutto la sua esemplarità di giornalista e di vita. Fratello di Giaime
Pintor, che saltò su una mina nel 1943 mentre tentava di passare le
linee per organizzare la resistenza nel Lazio. Con la morte di Luigi
Pintor muore un tipo di giornalismo generoso, politico, che non ha
niente a che fare con il giornalismo-spazzatura e il giornalismo-
spettacolo televisivo. Girodivite sta dalla parte di Luigi Pintor, dalla
parte del torto - visto che tutti gli altri posti sono stati occupati.




"Scritta sotto il ritratto di un antenato mi colpì, quand'ero piccolissimo, una misteriosa parola latina: servabo. Può voler dire conserverò, terrò in serbo, terrò fede, o anche servirò, sarò utile".

Tratto dal libro "Servabo" di Luigi Pintor


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