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Cinema/Visioni
“Ricordati di me” e… tradisci che
ti passa! |
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Nessuna
famiglia felice, solo famiglia. Nessun matrimonio
felice, solo matrimonio |

di Teresa Geria
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Siamo
di fronte ad uno stadio più avanzato rispetto
a “L’ultimo bacio”… il
sì è già stato pronunciato…
il riso è tratto! Se la monotonia della
vita di coppia ti assale, se sei entrato nella
spirale affamata di sangue della frustrazione
e della mediocrità, se chi ti sta accanto
da 2/4 della tua fottutissima vita ha dimenticato
il bello che c’è in te… tradisci
che ti passa! In “Ricordati di me”
non abbiamo lo stereotipo di “due cuori
e una capanna” , ma del “dimmi chi
dorme accanto a me?” con tutti gli annessi
e connessi. Nessuna famiglia felice, solo famiglia.
Nessun matrimonio felice, solo matrimonio. Marito
e moglie si sono annullati a vicenda, hanno smesso
di sapere perché si sta ancora insieme,
non riconoscono la persona che avevano scelto
come l’Unica. Il profumo, che li caratterizzava
e li attraeva l’una verso l’altro,
è ormai un olezzo di “merda”
che ha ricoperto il loro nido d’amore. L’insoddisfazione
in questo caso è congenita: il figlio Paolo
non vuole più indossare la maschera da
perdente e la sorella Valentina non si sente affatto
una brava ragazza, perché “le brave
ragazze vanno in Paradiso: io voglio arrivare
dappertutto”. Giulia e Carlo non sono quello
che avrebbero voluto essere. L’una per l’altro.
La dinamica è semplice. Due catalizzatori
innescano il processo di trasformazione: una ex
del passato e un regista di teatro instillano
nella mente di entrambi la consapevolezza che
l’arte è come l’amore: non
si è mai sazi. Due aiutanti, Dei ex machina,
simbolo di quel dito che non si deve mettere mai,
o quasi mai, tra moglie e marito.
Gli attori di Muccino sono personaggi che vivono
anche senza il loro autore, scoppiano di rabbia,
di vitalità, perdono il controllo.
La voce narrante è super partes, conosce
i pensieri più intimi e istantanei e la
sua scelta, fin dall’inizio, farebbe presumere
ad un happy-end, stile “Le fabuleux destin
d’Amélie Poulain”…ma
non è del genere fiaba. Non è “e
vissero felici e contenti”.
La fetta di vita che si gusta è più
teatrale che mai e nel film c’è un
chiaro riferimento: attori su un palco sono gli
Alter Ego dei protagonisti, sono a tre dimensioni,
li puoi sentire, ci puoi girare intorno, ti identifichi
in loro, sei tu.
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