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Movimento
Disobbediamo all’ordine della guerra |
“Quando
i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri
a morire” (Jean- Paul Sartre). |
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di Valentina Arena |
Sabato
15 febbraio tutto il mondo ha manifestato nelle
piazze e per le vie delle città contro
la guerra e il terrorismo. Sono stati 110 milioni
nel mondo a sfilare e il messaggio è forte
e chiaro: “niente guerra senza se e senza
ma”.
Molte città italiane sono state affollate
da pacifisti e la capitale è stata protagonista
di una delle più grandi manifestazioni
mai viste fino ad oggi, oltre 2 milioni tra studenti,
scout, famiglie, suore, preti, forze politiche,
intellettuali e cittadini del mondo.
Alle 14 i manifestanti sono già tutti in
marcia verso piazza S. Giovanni in Laterano, muniti
di bandiere arcobaleno, striscioni, cartelli e
volantini.
Il corteo prosegue ordinato partendo da Circo
Massimo e percorrendo piazza Venezia e via Nazionale,
dove incontriamo Don Vitaliano, il prete no global,
accanto ai Disobbedienti che ricordano Carlo Giuliani
con un lungo applauso. Più avanti c’è
anche Nanni Moretti, i girotondini e Franca Rame
- non potevamo mancare a un appuntamento così
importante.
Si cammina tanto, ma nessuno sembra essere stanco,
si grida pace, si balla, si sventolano milioni
di bandiere color arcobaleno.
Un’ora dopo la partenza, siamo a piazza
della Repubblica, vicino Termini, ci sono i sound
system dell’Arci e dei centri sociali che
gridano a squarcia gola il loro no alla guerra
in Afganistan e chiedono più democrazia
a partire da un rilancio dell’ONU senza
condizionamenti.
Fanno anche tanta ironia sul nostro Primo Ministro
che è presente ma solo come “pupo”
di cartapesta dai lunghi tentacoli di piovra che
afferrano piccoli missili.
Alle 16.30 si percorre l’ultimo tratto,
da Santa Maria Maggiore a S. Giovanni. A capo
del corteo ci sono i sindaci delle città
di Genova, Torino, Bagheria e molte altre. C’è
anche il sindaco di Roma, Walter Veltroni, che
si dice soddisfatto e onorato di ospitare una
manifestazione di tale portata.
Arriviamo al capolinea verso le 17.15 circa, ma
ancora parte del corteo, lungo 9 km, deve arrivare.
La piazza è stracolma e dal palco iniziano
i primi interventi. Si ribadisce il no alla guerra
preveniva, perché “la pace conviene”
e perché troppe persone hanno già
sofferto. La guerra non sconfigge il terrorismo
ma di certo uccide la democrazia e nega i diritti
umani e il diritto alla vita a milioni di persone.
Si scende in piazza per difendere l’articolo
11 della nostra Costituzione perché “nessuno
può farsi giustizia da sé”,
per opporsi alla globalizzazione che genera ingiustizia
sociale, per rifiutare la sudditanza dagli Stati
Uniti.
La piazza si collega via satellite con Bagdad
per qualche minuto e intanto dal palco qualcuno
ci ricorda che la Rai, servizio pubblico, ha deciso
di non dare voce alla manifestazione negando ingiustamente
la diretta, diversamente da Mediaset e La7, sarà
stato complotto politico?
Si fa un minuto di silenzio per le vittime di
guerra e dopo segue un lungo applauso. L’ultimo
appello è rivolto a chi ha potere di veto,
alle forze politiche, ai partiti e ad ogni singolo
parlamentare. Si chiede a loro un atto di coraggio
ma soprattutto di coerenza, un impegno comune
per superare la crisi attraverso il dialogo e
fermare la guerra. “E’ tempo di chiarezza
e non di politicismo”.
Una manifestazione forse non potrà bloccare
la logica crudele della guerra o forse si, forse
potrà far riflettere e pensare, potrà
cambiare poche o molte cose.
La guerra la decidono i potenti ma la subiscono
i deboli, ma i deboli uniti possono diventare
potenti. Noi uniti in tutte le piazze del mondo
abbiamo dimostrato di essere forti nel dire il
nostro no alla guerra. Non ci stiamo a questo
gioco di potere e di interessi e gridiamo pace,
perché un altro mondo, migliore di questo,
è possibile.
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