segnali dalle città invisibili
 

Giro99 Catania social forum
Un percorso per riprenderci la città

a cura del Catania Social Forum

Una Convenzione per l’altra città
Un percorso per riprenderci la città,
per liberare Catania

E’ possibile costruire intorno al Catania Social Forum ed in rapporto con molte associazioni, un processo di accumulazione di iniziative e di riflessioni tali da definire ed imporre forme nuove di democrazia diretta e di controllo popolare nella città dominata dalla destra e caratterizzata dalla decomposizione del tessuto sociale.
L’obiettivo da assumere è quello, in forme da definire, del “Bilancio Partecipativo” e della costruzione di una “Città Amica”. L’uno e l’altro obiettivo vanno costruiti nell’oggi indipendentemente, anzi in conflitto, con le istituzioni comunali. Le riforme statutarie in atto così come i meccanismi istituzionali, dal taglio dei trasferimenti, ai meccanismi di tassazione, alle privatizzazioni, pongono le istituzioni, con i loro meccanismi di democrazia autoritaria, Consiglio e Giunta lontane e nemiche dei cittadini. Non diverso è il ruolo delle Municipalità assieme private di ogni potere programmatorio e finanziario, ed assieme braccio organizzato di mediazione clientelare.


Per “riprendere la città” occorrono due condizioni:
a)l’inchiesta sulla materialità della vita dei quartieri, della scuola, della sanità, delle infinite miserie delle periferie che sono nel cuore stesso della città, a cominciare dall’analisi dei redditi individuali e della loro provenienza
b)l’analisi della città, del suo sviluppo e del suo degrado, dei suoi ceti dominanti, dell’intreccio tra poteri economici, politici, mafiosi. In una parola comprendere l’intreccio tra il “Caso Catania” della Commissione antimafia e il “Modello Catania” della modernizzazione e dello sviluppo.


L’inchiesta può già cominciare in alcuni quartieri (Librino, San Cristoforo, Civita, Montepo) in rapporto con le aggregazioni, anche deboli, di quartiere. Proponiamo un modello di inchiesta che assuma la forma di una spirale. A partire da un piccolo nucleo che, anche attraverso mezzi televisivi, coinvolga i cittadini e documenti (il Teatro di Librino ad esempio) il degrado, ma anche, attraverso interviste, la volontà, i bisogni degli abitanti, la composizione sociale. Rimettere in circolo questi documenti nel quartiere arricchirli con nuove questioni e nuove informazioni, costruire su questo proiezioni ed assemblee può costituire un circuito permanente sempre più largo, di conoscenze e di intervento sul territorio, mettere a fuoco i problemi su cui si può articolare l’ipotesi di bilancio partecipativo. E’ possibile così ridare la parola ai cittadini. La Convenzione è quindi un momento iniziale di un impegno permanente e strutturato di inchiesta e di intervento.

Questa città….

L’analisi della città, dei suoi ceti dominanti e dei progetti è assai più complessa, richiede competenze ed interlocuzioni da costruire già in una prima Convenzione con molte associazioni, molti interlocutori, ma non con tutti.
Possiamo partire da due elementi che sono di tutta evidenza:
la crisi della maggioranza che appoggia Scapagnini
e la crisi delle politiche di “sviluppo” che hanno caratterizzato il “Modello Catania” in sostanziale condivisione tra centrodestra e centrosinistra (Piano Regolatore Generale, Patto Territoriale Catania Sud, Patto per il Lavoro, Agroalimentare)
Alla instabilità della Giunta (tre assessori dimissionari o dimissionati, lotta Scapagnini/Lombardo, AN contro tutti) hanno corrisposto trasformazioni del sistema di governo che accentuano il carattere antidemocratico delle istituzioni. Ed infatti al massacro del PRG, già in atto nella Giunta Bianco a partire dal maxi emendamento (assessore urbanistica Scuderi) ha corrisposto, non soltanto la ricerca di un nome rispettabile tanto rispettabile da non accettare l’incarico (arch. Bohigas) da contrapporre a Cervellati, ma anche la nomina di una Commissione di Saggi. Alla perdita di credibilità di Scapagnini, la costituzione di una Authority da affidare al fascista Trantino. Il fato che nessuna di queste strutture abbia prodotto alcunché, se non un aggravio delle spese del Comune, già fortemente intaccate dall’infinito elenco di consulenti e da una rapace politica clientelare, non ci deve fare ignorare che, per questa via, ulteriori poteri sono sottratti al Consiglio e ai cittadini: decidono quelli che non sono stati eletti. Proseguono così quei meccanismi di espropriazione dei cittadini messi in atto con l’elezione diretta del sindaco-podestà che hanno aperto la crisi della democrazia parlamentare con l’introduzione del maggioritario e sempre più forti tendenze presidenzialistiche.
Nella stessa direzione vanno i rimpasti attuati con l’allargamento della Giunta. E’ un fatto probabilmente unico in Italia che deputati nazionali della Casa delle Libertà siano anche amministratori della città.
Un vero e proprio comitato d’affari che vede un impegno diretto dei notabili senza alcuna mediazione nel controllo e nella direzione dei flussi di denaro pubblico, nazionale ed europeo.
La Convenzione chiederà pubblicamente un resoconto dell’attività dell’Authority, della sua legittimità, così come del Comitato dei Saggi e dei suoi costi.

Sul versante delle politiche economiche le cronache cittadine ci forniscono tutti gli elementi necessari. Elenchiamo alcune questioni:
col Patto Territoriale Catania Sud, i ceti dominanti catanesi “scoprivano” la naturale tendenza turistica del territorio. L’attuazione del Patto ha portato alla devastazione e cementificazione del Boschetto della Plaja. All’attacco dell’Oasi del Simeto per la costruzione di villaggi turistici, all’aumento dell’offerta diposti letto con la costruzione-ristrutturazione di molte strutture alberghiere nel centro della città, così come alla reiterazione dello scandalo delle Ciminiere. All’aumento dell’offerta ha corrisposto un crollo (- 10/15 %) delle presenze turistiche a Catania. E’ confermata così la denunzia del carattere speculativo di quelle politiche fondate sulla devastazione del territorio e sul meccanismo del lavoro nero (strage del Mulino S.Lucia)
il Patto per il Lavoro. E’ ormai opinione comune (vedi le posizioni della Cisl decise al ritiro della firma) che il modello di concertazione catanese, mentre diminuisce le tutele ed attacca i diritti in sintonia con il Patto per l’Italia, non ha prodotto risultati né sul terreno della microimprenditoria né su quello del riassorbimento della forza lavoro espulsa, né sulla capacità di attrazione d’investimenti nel settore dell’ impresa high-tech sul modello della ST-Microelettronics. E’ ormai del tutto evidente che non è credibile il mito delle classi dominanti, la capacità autopropulsiva della Etna Valley; un mito condiviso dai Sindacati ed usato per costruire deroghe ai contratti nazionali di lavoro. Il distretto high-tech non esiste. Per sua natura una impresa come la ST-Microelettronics, a capitale pubblico italo-francese, fa rete con tutte le sue imprese distribuite a livello mondiale, struttura la sua ricerca con una pluralità di centri internazionali, usa l’Università di Catania principalmente come serbatoio di forza lavoro a basso costo, nonché polarizza (C.N.R.) risorse pubbliche sul suo stesso territorio. Non punta ad esternalizzazioni significative di processi produttivi, crea un indotto a bassissima occupazione, nella maggior parte dei casi totalmente dipendente dalla casa madre e che incide per il 10% degli acquisti. Né il distretto sognato di high-tech + call- center regge. Non solo crollano i call-center ma neppure la sinergia con la Nokia funziona poiché quest’ultima disinveste. Nello stesso tempo con la sua Scuola d’Eccellenza e la Specializzazione degli Istituti tecnici, il sistema formativo ed ingenti risorse pubbliche sono del tutto assunte nell’ottica dell’Impresa.
Le politiche del “Distretto del piacere” costruito sulla più violenta compressione dei diritti sindacali, come mostrato dall’inchiesta condotta dalla Filcams-Cgil e dai Collettivi studenteschi, sono andate in crisi per la sovraofferta di strutture (pub), la crisi della “movida” catanese. Si sono create, con la privatizzazione di larghissime fette della città, occasioni di facile investimento (licenze, mancati controlli..) di capitali, tutti da investigare, ad alta redditività fondati come sono sul sovrasfruttamento di forza lavoro giovanile, spesso di origine studentesca cui sono state negate altre occasioni di lavoro
sul Piano Regolatore Generale abbiamo già accennato. Sembra evidente che la Giunta per sua scelta non sarà in grado, nei tempi previsti, di modificare/rovesciare il modello Cervellati. Da qui la presenza di un Commissario ad acta, nominato dalla Giunta Cuffaro, che non potrà procedere se non verso un PRG “leggero” aperto a tutte le varianti più immediatamente appetibili alla speculazione edilizia. D’altra parte la struttura dei poteri permette già la sovrapposizione di poteri programmatori da parte di Enti diversi dalla rappresentanza dei cittadini. Tutte le questioni relative al Piano Urban e ai poteri programmatori dell’Università parlano chiaramente (dalla Purità alla Civita): nessuna riqualificazione urbana, ma graduale espulsione dei ceti popolari ed artigiani.

…da liberare

Non ci interessa, per ora, un confronto tra modelli di gestione che si sono susseguiti nella città. Possiamo soltanto dire che l’ultimo rappresenta una variante populista e degradata del primo. Innanzitutto perché la Giunta Scapagnini non porta che a compimento quello che l’altra aveva progettato. Certo aggiunge di suo il tocco di chi all’hard dei chip di silicio aggiunge il soft delle biotecnologie coinvolgendo, in un ruolo subalterno, la facoltà di Medicina nei test di industrie farmaceutiche svizzere.
Si dimostra così come, nel mutare delle Giunte, non è mutato il blocco che domina la città. Il blocco che, amputato dei Cavalieri del Lavoro, è il cuore del Caso Catania ed al cui centro è il Partito della Borghesia catanese: La Sicilia e Ciancio. Intoccabile anche quando, come nel caso dell’ affaire Ospedale Garibaldi, l’indagine si avvicina pericolosamente agli edifici del giornale.
I due schieramenti competono nella relativa capacità di alimentare le richieste del blocco dominante, le richieste di sicurezza, stabilità, accumulazione. Una capacità che è del tutto legata al rapporto che ciascuno degli schieramenti ha con chi detiene il potere a livello nazionale.
Così si spiega perché, contemporaneamente, cade nelle mani di Latteri l’Università con larghi consensi nella “sinistra accademica”, e il Comune in quelle di Scapagnini, perché è noto che Roma cadrà in quelle di Berlusconi e Palermo in quelle di Cuffaro. E tutto questo con complessi passaggi dall’uno all’altro schieramento di cui è simbolo Cuffaro, inamovibile in qualsiasi giunta di centrodestra, centrosinistra fino a divenire il Presidente, vero e proprio “genius loci siciliae”.

Ora queste politiche diverse nella capacità di utilizzare strumenti di consenso, di attingere ai vari Fondi sociali europei e perfino nella capacità di tenere pulito il centro della città, sono unificate dal fatto che le modernizzazioni autoritarie che le ispirano contemporaneamente determinano una polarizzazione crescente tra la ricchezza (da indagare) dei pochi e la povertà dei ceti popolari. Povertà nella capacità di accedere ai servizi, alla scuola, alla sanità, ad un territorio non devastato in una parola ad una città che sia amica dei suoi cittadini e di quelli, i migranti, che la abitano e che devono essere uguali agli altri anche nei diritti politici.
Ricca cioè del loro incontrarsi, generosa delle sue strade e delle sue piazze, dei mille edifici , delle Ville Monumentali (Villa Bellini), di proprietà comunale e cioè di proprietà dei cittadini, da sottrarre all’uso privato o al degrado, capace di aprire le scuole ai quartieri, di dotarle di biblioteche, di impedire l’attacco alla salute che il traffico micidiale, l’accumulo di rifiuti, l’inquinamento elettromagnetico determinano.
Per questo occorre reinventare uno spazio pubblico nell’economia, sottrarre al mercato la funzione di moltiplicatore delle differenze e delle dipendenze, dare ai cittadini la possibilità di programmare la qualità della vita.
A cominciare dalla lotta contro le privatizzazioni dei beni comuni: l’acqua in primo luogo. Ma anche contro l’esternalizzazione delle funzioni tradizionalmente pubbliche.
Ma anche la lotta contro i consumi imposti: per prodotti mediterranei non adulterati legando, anche su questo terreno, la critica alla modernizzazione omologante dei Mc Donalds e della CocaCola alla pratica delle crispelle e del vino rosso.
Tutto ciò richiede la critica di questa democrazia autoritaria, la sperimentazione di altra e più profonda democrazia.

Bilancio Partecipativo e Statuto comunale

La crisi della partecipazione democratica, attraverso il suffragio universale, alle scelte politiche di fondo che condizionano la nostra esistenza, ha avuto finora una risposta “da destra” sul piano della governabilità e decisionalità come soluzione esemplificativa della rappresentanza degli interessi, in un quadro e concezione moderata della non conflittualità degli interessi nella rappresentanza elettorale per territorio (sistema elettorale maggioritario, elezione diretta del sindaco, tutti i poteri alla giunta).
Tra il momento del voto e la scadenza dei mandati elettorali, non esistono momenti di coinvolgimento del corpo elettorale, del popolo, di tutti/e che non sia la mediazione clientelare di un rapporto individualizzato con la politica, fuori dalla rappresentazione sociale dei bisogni e del loro soddisfacimento in un ambito di priorità di intervento da stabilire e perseguire democraticamente nelle sedi istituzionali deputate a farlo. L’esperienza di Porto Alegre del Bilancio Partecipativo è la critica ed il superamento di questo modello di “consumo elettorale” della partecipazione e la proposizione del diritto di voto- suffragio universale come espressione di libertà solo se intesa come partecipazione ordinaria e periodica ed istituzionalizzata, ancorché consultiva, alla individuazione delle priorità su cui investire le risorse finanziarie della comunità.
A Catania, la crisi di partecipazione democratica e l’impossibilità di questo modello di partecipazione elettorale di esprimere e soddisfare i bisogni sociali è sotto gli occhi di tutti.
Dai documenti significativamente unitari di 87 consiglieri di quartiere, che lamentano l’impossibilità politica di svolgere qualsiasi funzione decentrata di governo agli occhi dei concittadini, alla mancata attuazione (regolamento comunale) degli istituti di partecipazione popolare da parte delle giunte di centro sinistra e centrodestra, si rivela di fondamentale importanza “importare”, non ideologicamente, l’esperienza del Bilancio Partecipativo a Catania, significando con ciò la progettazione di un percorso di partecipazione e di inchiesta sulle priorità sociali della città e dei nostri. quartieri e delle risorse per soddisfarle. Un lavoro che può sfociare in una proposizione istituzionale dentro una nuova ipotesi di Statuto comunale, di nuovo patto sociale tra tutti/e
Il Gruppo di lavoro del Catania Social Forum
Elenchi e titoli delle relazioni saranno comunicati al più presto per la prima Convenzione da tenersi entro il 30 novembre

 

Il Progetto
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