articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
***** ***
Girodivite - n° 57
/ ottobre 1999 - Immigrazione, Kossovo
Quelli del Magazzino 47
di Francesco Di Chiara, dal quotidiano Bresciaoggi, venerdì 10
ottobre 1999.
Sfuggiti allo sgombero, un centinaio di profughi sono ancora in
via industriale Magazzino 47, donne e bimbi nel "limbo"della disperazione.
Molte persone malate, situazione igienica impossibile. E ora arriva
il freddo.
C'era una volta in via Industriale un centro sociale per il ritrovo
e il divertimento dei giovani; oggi c'e' un campo profughi. Prima qualcuno
suonava e ballava in quel grande tendone a Magazzino 47, oggi una ventina
di uomini dormono accatastati sulla pedana dei protagonisti. Se cercate
uno spuntino o una birra nella cucina del centro, niente paura, sarete
in buona compagnia con una ventina di donne sdraiate in terra su materassi
improvvisati e una sessantina di ragazzini e bambini, dai 14 anni in
giu', che scorazzano qua e la' offrendovi comunque un sorriso e un ciao.
I nuovi ospiti sono oltre quel muro, in via Industriale, dietro il cimitero,
dal 22 settembre, da quando sono fuggiti di fronte ai pullman che volevano
portarli "in una prigione a Rimini". Non hanno voluto lasciare Brescia
perche', dicono, (qui ci sono i nostri parenti, i nostri fratelli, i
nostri nipoti)e quella colonia a Rimini dava l'impressione di "un'anticamera
d'attesa per essere rigettati nell'inferno del Kosovo". Loro invece
sono fuggiti dal Kosovo, da Mitrovica, da Pristina, quando un giorno
(uomini armati con la sigla UCK sono entrati armi spianate e ci hanno
cacciato);hanno preso la via del mare, dove guarda a caso "altri uomini
amici dell'UCK " hanno loro suggerito che potevano scegliere:"o morire
o salire su un barcone pagando tre milioni a testa". Il barcone li ha
portati a Bari, a Brindisi:era il periodo dall'8 al 29 luglio,i giorni
in cui i Rom erano accusati dagli albanesi di essere stati dalla parte
dei serbi."Ma quali serbi?", si difendono i Rom di via Indusdtriale,
"noi siamo sempre stati pacifici, non abbiamo mai preso armi nè contro
albanesi nè contro i serbi.Siamo stati in quella terra ... avevamo la
casa... l'hanno bruciata... avevo le pecore... facevo l'ingegnere hanno
ucciso i miei amici, poi siamo fuggiti dalla guerrra". Il problema è
che ora si sentono ancora in guerra."Cosa abbiamo fatto di male per
meritarci questo?"dicono Alisa, Dalibor, Shemsi, Hasan.Sono chiamati
ingiustamente "campi nomadi" i quattro sobborghi-bidonville che ospitano
a Brescia famiglie del popolo rom; sinti e cittadini dell'ex Jugoslavia.Ma
di nomade è forse rimasto solo il loro spirito.Sono venuti in Italia
prima e dopo la guerra , da là dove molti di loro erano cittadini stanziali,
ben inserito con lavoro e figli regolarmente a scuola. "Quei campi stanno
scoppiando,non possono reggere l'arrivo di altri 250 profughi rom!"hanno
più volte avvisato il sindaco e l'assesore Giordani. Da qui la richiesta
d'aiuto a Roma del sindaco Paolo Corsini:"vi aiutiamo, portiamo quei
rom nella colonia attrezzata di Rimini!", ha risposto il Ministro. Il
problema è che loro non vogliono andarci: 140 si sono dileguati e 106
si sono rifugiati nel Magazzino47. Ora sono assistiti da alcuni volontari,
maggior parte giovani donne, tra cui Maria, un medico che ogni pomeriggio
e' tra loro per seguire le 5 Rom incinta, i bambini con la febbre, le
persone malate perche' colpite dalla "sindrome da guerra" hanno il terrore
negli occhi. Il riscaldamento non c'e', i servizi igienici sono minimi
e c'e' una sola doccia. I bambini non vanno a scuola e nessun adulto
puo' ancora lavirare, pur volendolo. Un francescano ha portato loro
del pane, un parroco di via milano del vestiario.Ma in 15 giorni nessun
altro s'e' fatto vedere, ne' la Caritas, ne' i Servizi sociali, ne'
la Consulta per la pace, ne' altre associazioni di solidarieta'. Centosei
persone, tra cui 65 bambini, sono li' che attendono un qualche esito
positivo nel loro futuro, con stampati negli occhi gli orrori recenti
di una guerra crudele. Sono gia' stati in piazza Loggia per farsi sentire,
durante la riunione del Consiglio comunale. Sono gia' andati all'assemblea
dalla consulta per chiedere aiuto. Sono entrati dai padri Saveriani
in via Piamarta sabato scorso, durante i lavori del convegno di Missione
Oggi. Hanno distribuito volantini a tutti e parlato con tanta gente,
ma la' in quel "campo profughi" di via Industriale nessuno s'e' fatto
vedere, e il freddo sta arrivando. Intanto tre fogli bianchi sono stati
riempiti con i nomi di ciascuno di loro, per essere inviati all'assessore
Giovanna Giordani che "verifichera' caso per caso".Sono i nomi dei membri
di quelle 14 famiglie fuggite su una barca dalla disperazione e dall'odio.
Si chiamano Adem, Stankovic, Dimitriejevic, Ajrizi, Curoli, Ramadani,
Mehemeti, Selimi, Sali, Berisha. Bussano, per caso o per destino, alle
porte dei bresciani e cercano amore e affetto. Quanto farebbero loro
comodo quei sacchi d'indumenti trovati nelle discariche! Ma servono
anche medicinali, pannolini, prodotti per l'igiene, coperte, alimenti.
Serve quel calore e quell'affetto che forse i bresciani non hanno dimenticato
di possedere.
Released online: October, 1999

******July,
2000
|
|
|
|