articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
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Se lo chador non è sufficiente. Il movimento delle donne
in Algeria
Tra aprile e maggio anche in Italia si può firmare per chiedere la
riforma del Codice di Famiglia algerino. Una firma simbolica, di solidarietà
con il movimento democratico delle donne algerine. L'Algeria è stata
attraversata negli ultimi anni dalla guerra civile. Motivi di carattere
internazionale - il crollo della protezione URSS sull'Algeria ha proiettato
questo paese nelle mire delle attenzioni delle multinazionali del petrolio
-, e locali - un regime corrotto nato dopo una "guerra di liberazione"
che ha provocato centinaia di migliaia di morti e infangato il nome
della Francia (nel dopoguerra, perché sulla condotta di questo paese
europeo imperialista e colonialista prima della guerra si cala un pietoso
velo). Verso l'Algeria gli italiani, compresa la sinistra, hanno avuto
sempre un atteggiamento schizofrenico. L'Algeria era fuori dagli interessi
post-coloniali italiani, terra "appartenente" ad altri dunque
non c'era ragione per occuparsene, mentre il governo nato dalla guerra
civile aveva preso una piega che lo rendeva decisamente impresentabile
alla mitografia di cui si è cibata l'immaginazione adolescenziale di
sinistra.
I morti recenti provenienti dal "fondamentalismo islamico"
e dal governo del "partito unico", il clima di terrorismo,
fanno ogni tanto riemergere il problema-Algeria sui telegiornali o nelle
note di politica estera dei giornalini italici. Una superficialità che
non è di tutti: "Il Manifesto" è riuscito a mantenere una
vigile e accurata attenzione sui "fatti d'Algeria". Giornalista
del "Manifesto" è Giuliana Sgrena, che più di tutti in Italia
si è occupata e conosce il problema delle donne in Algeria. Occasione
d'incontro con Giuliana e con la situazione algerina è stata quella
del dibattito tenuto il 28 aprile 1998 a Catania.
Dalle parole di Sgrena emerge una realtà in chiaro-scuro della situazione
algerina. Il governo del "partito unico" con il suo alto grado
di corruzione era riuscito a creare un vasto malcontento generale. I
democratici algerini d'altra parte non sono riusciti né a compattarsi
né a dare una risposta sensata alla crisi. Il fronte islamista ha raccolto
il consenso di questo malumore generale. Ciò nonostante il fatto che
il regime appoggiava l'islamismo e dava ai religiosi vasti poteri e
mezzi. Il Codice di Famiglia approvato nel 1984 e definito da Sgrena
"infame", era stato approvato sotto il regime del partito
unico e non certo con l'avvento degli islamisti fondamentalisti. Il
Codice ammette la poligamia islamica, e le donne subordinate alle figure
maschili: si veda la figura del "tutore" (il padre, o un fratello
o un parente maschi) cui la donna deve fare ricorso per sposarsi. Il
mantenimento e istituzionalizzazione della forma giuridica del ripudio
che è rimasta la forma principale di separazione tra le coppie (anche
se in linea di principio esiste anche il divorzio), vittima della quale
quasi sempre è la donna. Tanto più che in ogni caso l'abitazione resta
al marito. Ciò ha significato, anche per la sopraggiunta crisi economica,
l'enorme difficoltà economica che debbono affrontare le donne nel riaccoglimento
a casa dei genitori, ed è anche questo uno dei motivi dell'enorme incidenza
del fenomeno della mendicità e della prostituzione femminile in Algeria.
Le donne avevano partecipato alla guerra per l'indipendenza (ricorda
poi Hamid Larbi che la guerra, durata 7 anni, aveva fatto 1,5 milioni
di morti; all'indomani della liberazione c'erano in tutto il paese solo
12 medici e 4 ingegneri, su 12 milioni di abitanti). Ma avevano rinviato
a dopo la liberazione di porre la questione della parità dei diritti.
Sarebbe allora a questo punto vedere cosa è successo subito dopo la
liberazione, perché ha trionfato il regime al posto delle forme di governo
di modernizzazione statalista di tipo socialista come è accaduto altrove.
Nelle fasi iniziali dei regimi socialisti, proprio l'acquisizione di
forme di parità dei diritti è sempre avvenuto - salvo poi ritornare
lo status maschilista ma in linea con l'irrigidimento proprio di quelle
forme non-democratiche. Sgrena su questo punto non ha parlato, andando
direttamente alla situazione degli anni Ottanta, quando nel paese si
ha una ventata islamista di vasta portata. Si costituiscono tra l'altro
i "guardiani della morale" che arrivano a instaurare un vero
e proprio coprifuoco all'università, con il divieto alle donne di circolare
dopo le 18, e una serie di pestaggi e attentati alle donne sorprese
oltre quell'orario (con l'uso tra l'altro del vetriolo, per cui molte
sono le donne che ancora portano sul viso i segni dell'acido). Nel 1989
si ha in Algeria il pluripartitismo. Nello stesso tempo si moltiplicano
le azioni fondamentaliste: in un villaggio una donna divorziata viene
assalita, il figlio rimasto in casa viene ucciso nell'incendio della
casa. Nel 1991 si hanno le elezioni, con la vittoria del Fronte Islamico
di Salvezza (FIS). Sono elezioni a cui molte donne non partecipano,
anche perché la legge prevede che gli uomini possano votare al posto
delle donne. Tuttavia è anche vero che vi era un consenso, da parte
della maggioranza delle donne, nei confronti del FIS, contro la corruzione
del regime. La politica del FIS contro le donne divenne sempre più accesa,
in parallelo al radicalizzarsi della lotta politica. Vi è il tentativo
sistematico di espellere le donne dai luoghi pubblici. Anche l'imposizione
dello chador fa parte di questo dominio del fondamentalismo; in Algeria
la tradizione non prevedeva l'uso dello chador, che è cosa di importazione
iraniana. Vi era nelle donne più anziane la resistenza a indossare qualcosa
che non faceva parte della propria tradizione; mentre nelle donne più
giovani vi è stato il fenomeno della moda, specie all'Università: a
un certo punto indossare lo chador era diventato una moda. Quando il
fondamentalismo ha reso il clima terroristico, molte donne si sono rifiutate
di indossare lo chador. Ciò è soprattutto evidente e possibile nelle
città. Altro punto su cui c'è stata la resistenza delle donne è stato
quando i fondamentalisti hanno preteso la chiusura delle scuole (laiche).
Qui il movimento delle donne si è opposto, anche nel nome del futuro
dei propri figli. Occorre ricordare come in Algeria la guerra civile
abbia visto più di 700 scuole incendiate, oltre alle continue minacce
di bombe tese a creare un clima di terrore, per non far mandare i figli
a scuola.
All'inizio i fondamentalisti si erano mossi colpendo bersagli selezionati:
insegnanti, giornalisti, parrucchieri donne. Poi anche portare lo chador
non fu sufficiente. Ciò anche con il ritorno in Algeria dei combattenti
fondamentalisti in Afganistan. Mercenari addestrati dalla CIA, hanno
costituito vere e proprie bande, armate, con capisaldi nei vari paesi
e villaggi non solo dell'entroterra. Uno degli usi importati dagli afgani
è quello del "matrimonio temporaneo" con cui un capo-banda
può rapire e violentare una donna senza commettere illecito nei confronti
della religione, "sposandola" per poi ripudiarla immediatamente
dopo. L'obiettivo dei fondamentalisti a un certo punto è diventato la
purificazione della comunità musulmana, da effettuare anche tramite
l'eliminazione di 2-3 milioni di algerini. Si trattava di eliminare
non solo i "traditori" ma colpire anche i loro discendenti,
estirpandoli: di qui il particolare accanimento con cui le donne incinte
sono state sventrate e i feti fatti a pezzetti. Una tale violenza diffusa
ha però portato al rigetto e all'isolamento dei fondamentalisti, e a
una ripresa delle lotte democratiche.
Anche il regime si è dovuto adeguare alla nuova situazione. Fermo restando
il fatto che fa comunque parte del regime un gruppo come quello di Hamas,
sessista e fondamentalista; e che comunque tale regime è sempre più
disposto a trattare con i teocratici che non con gli esponenti del movimento
democratico. Spiragli di aperture tuttavia ci sono. Dal 1995 non è più
possibile per un maschio votare al posto della donna. I vari gruppi
e associazioni del movimento delle donne hanno elaborato un progetto
di 22 emendamenti al Codice di Famiglia, che è stato presentato al governo.
Il governo ha risposto prima con il rinvio. Poi, l'8 marzo 1997, il
movimento ha organizzato una grande raccolta di firme, che ha visto
le donne democratiche scendere nelle piazze e nei quartieri popolari,
per far firmare le altre donne. Molte donne dei quartieri popolari non
sapevano neppure che il Codice di Famiglia era cosa diversa dalla khayria
islamica. Proprio l'8 marzo 1997, il governo pubblicava una sua proposta
- su indicazione del ministro donna, ma senza tener conto delle proposte
provenienti dal movimento delle donne benché il ministro avesse partecipato
alla elaborazione dei 22 emendamenti. Nella nuova proposta del governo,
rimane la figura del tutore (cui si dà un nome diverso), viene concessa
alla donna divorziata di rimanere nella casa fino al raggiungimento
della maggiore età dei figli. Nonostante i limiti e le insufficienze,
per Sgrena proviene proprio dal movimento delle donne algerine l'unica
elaborazione di forme e pensiero politico autonomo che si sia sperimentata
in Algeria; una elaborazione capace di fornire una alternativa reale
sia al modello islamista che a quello del regime.
Oltre a Giuliana Sgrena sono intervenuti Hamid Larbi, che ha accennato
alla complessità della situazione algerina - in cui occorre tener conto
anche della presenza di 10 milioni di berberi, e delle divisioni all'interno
dei partiti democratici -. E Renato Camarra del CISS, che ha parlato
del modo come in Italia si è cercato di capire la situazione algerina,
divisi tra i fautori del dialogo (Comunità di Sant'Egidio) e gli anti-fondamentalisti,
ma rivendicando il "diritto di voler continuare a capire"
come fondamentale, sempre e comunque. All'incontro sono stati distribuiti
e posti in vendita vari materiali. Per chi fosse interessato, disponiamo
le fotocopie degli articoli de Il Manifesto dedicati al movimento delle
donne algerine, mentre per le riviste e i libri ci si può rivolgersi
alla CUECM di Catania.
Released: April, 1998
******July,
2000
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