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L'Italia aderisce all'attacco della Nato per affermare i propri interessi nazionali nei Balcani?
Secondo il gia' citato direttore di Limes, Lucio Caracciolo, "siamo dentro una guerra che dal punto di vista della nostra sicurezza e dal punto di vista della nostra collocazione nel mondo, non ha alcun senso. Capisco che possa averlo per altri, ma per noi, proprio non ne vedo il senso. Ed e' anche estremamente pericolosa. Quanto all'esperimento della compattezza della Nato, alla fine, i primi a pagarlo saremmo noi, quando arriveranno a decine di migliaia i profughi. Sbarcheranno qui da noi, non certo a Miami." (Avvenire 28/3/99)
In Europa tutti sono d'accordo con l'intervento Nato?
"La Svezia si è dissociata e considera illegittimi gli attacchi. L'Austria ha deciso di negare il proprio spazio aereo ai cacciabombardieri Nato. L'Irlanda e la Finlandia si sono trincerate dietro la loro neutralita'" (Corriere della Sera 25/3/99). Inoltre la Grecia, nazione della Nato, ha preso le distanze dai bombardamenti.
Secondo il presidente dei vescovi degli Stati Uniti Joseph Anthony Fiorenza "l'Europa dovrebbe essere molto piu' autonoma, non puo' agire come se tutto dipendesse dall'esercito e dalla strategia politica americana". (Avvenire 28/3/99)
Da chi dipende se gli aerei italiani in guerra possano svolgere azioni di bombardamento o meno?
"Siamo parte della Nato - ha dichiarato il ministro della Difesa Carlo Scognamiglio - e questa operazione e' sotto il comando della Nato. L'impiego futuro dei nostri mezzi dipendera' dalla discrezionalita' della Nato" (Repubblica 26/3/99).
Quali sono i compiti operativi degli aerei italiani?
Spiega il tenente colonnello Giovanni Fuochi, capo ufficio comando della base di San Damiano (Piacenza): "Abbiamo lo stesso tipo di missione, lo stesso tipo di aereo, lo stesso armamento dei tedeschi. Altro che retroguardia. Il nostro e' un ruolo Sead, da Soppression enemy air defence. I Tornado decollano portando missili Harm che distruggono i radar nemici. E che costano 500 milioni l'uno. Se i Tornado rientrano vuoti non e' perche' li hanno gettati in mare per sport. Quanto ai bombardieri, ci sono. E sono pronti ad alzarsi in volo se la Nato lo richiedera'". Il colonnello Gianni Ammoniaci, comandante del 50' stormo della base strategica di San Damiano fa notare al giornalista Giorgio Gandola che i caccia italiani partono carichi di missili e rientrano vuoti: "E poiche' non si segnalano affondamenti di pescherecci in Adriatico significa che li abbiamo lanciati su obiettivi militari in Serbia".
(Fonte: Il Giornale 1/4/99)
I piloti italiani uccidono?
"Il missile esplodendo lancia migliaia di cubetti di tungsteno; e' chiaro che chi sta nel bunker puo' essere ucciso. Se corre alla velocita' di 2.500 km all'ora puo' anche provare a scappare", ironizza il tenente colonnello Giovanni Fuochi. E alla domanda "cosa ne pensate dei pacifisti", risponde: "E' semplicistico manifestare davanti alle basi, sarebbe piu' giusto farlo davanti al Parlamento. Il militare e' il piu' pacifista dei pacifisti perche' e' il primo a rischiare la pelle. Mi da' fastidio essere chiamato assassino. Se io volo con i missili sotto l'ala so perche' lo faccio. C'e' un solo modo di fermarmi: impedirmi di volare. E questo spetta alla politica".
(Fonte: Il Giornale 1/4/99)
Quanto costa questa guerra ?
In una lettera pubblicata dal quotidiano "Il Manifesto", nel numero del 7/4/1999, Mao Valpiana, direttore della rivista "Azione Nonviolenta", afferma che "un giorno di bombardamenti costa 225 miliardi, quanto il bilancio annuale dell’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)". In un giorno stiamo sprecando quello che le nazioni unite destineranno in un anno intero ai profughi di tutto il mondo (non solo ai kossovari)
I raid della Nato sono condivisi dagli oppositori di Milosevic?
Il presidente del Montenegro, "ribelle" a Milosevic, si chiama Milo Djukanovic e vive anche lui sotto il bombardamento Nato. Ha dichiarato alla Repubblica (8/4/99): "La decisione della Nato di risolvere il problema del Kosovo con i bombardamenti e' stata un errore. Aggrava le ferite aperte nel nostro paese. Parlare di pace e democrazia sotto le bombe e' difficile. Suscitano piuttosto emozioni patriottiche e di condanna per la violenza. Ho provato con i miei interlocutori che era una mossa sbagliata. D'altra parte mi ha sempre sbalordito che a lungo la Nato abbia considerato Milosevic come l'unico partner nei Balcani. Ora lo vuole punire, ma di fatto ne fanno le spese i cittadini che non hanno colpe. Bisogna fare tutto per calmare le acque. E cessare immediatamente il fuoco sul Montenegro. Un solo proiettile in piu' sarebbe uno sbaglio catastrofico".
Il presidente del Consiglio Massimo D'Alema ha invece affermato: "In questo momento avverto che c'e' un grande assente in Jugoslavia, che e' l'opinione pubblica, l'opinione intellettuale, le forze democratiche che pure esistono in quel paese, e che evidentemente non sono messe nelle condizioni di sapere e di far sentire la propria voce" (Il Manifesto 6/4/99)
Per posta elettronica il sindaco della citta' di Nis (che dal 1996 si oppone al regime di Milosevic alla testa della sua citta') ha diffuso su Internet questo messaggio:
"Venti minuti fa la mia citta' e' stata bombardata. Hanno colpito la citta' di Nis, dove i cittadini nel 1996 votarono per la democrazia e si alzarono in piedi in una pacifica protesta per difendere i loro diritti. Protestammo 100 giorni per costringere il regime ad accettare i risultati delle elezioni. I cittadini votarono per la democrazia europea e americana!!! Oggi la mia citta' e' stata bombardata dagli aerei… americani, inglesi, francesi, tedeschi, canadesi!
Vi pongo la domanda: perche' i capi di stato parlano con i terroristi e gli ispiratori della violenza e NON con coloro che in Serbia combattono per la democrazia in modo giusto e corretto? I miei cittadini ed io lottiamo seriamente per la democrazia, tuttavia stanotte siamo stati bombardati da aerei provenienti dalle nazioni della democrazia dell'Occidente!!
C'e' qualche logica spiegazione per questo?
C'e' una buona spiegazione a tutto cio'?
Zoran Zivkovic, Sindaco di Nis
L'azione della Nato rientra nel concetto di "disarmare l'aggressore" e nei principi di ingerenza umanitaria in difesa del diritto alla vita?
Dice l'intellettuale americano Noam Chomsky: "Quello che i leader serbi hanno fatto negli ultimi dieci anni e' imperdonabile e la condanna deve essere totale e senza equivoci. Tuttavia il comportamento di Washington indebolisce il concetto di interferenza umanitaria, invece di metterlo in pratica". (Avvenire 28/3/99)
Secondo il presidente dei vescovi degli Stati Uniti Joseph Anthony Fiorenza "per chiunque si tratta di un dilemma molto complesso. Tuttavia i bombardamenti in corso mi sembrano un'iniziativa ingiustificata, poiche' non sappiamo quanti morti e feriti stiano causando tra civili innocenti. I vescovi esprimono serie riserve sulla giustificazione di questa guerra." (Avvenire 28/3/99)
Ma la guerra non potrebbe far vincere i diritti umani in Kossovo?
Padre Bartolomeo Sorge, direttore della rivista dei gesuiti "Aggiornamenti sociali", ha fatto osservare che "la guerra non e' mai lo strumento adatto per risolvere situazioni in cui siano violati i diritti. La guerra e' di per se' un atto disumano perche' crea vittime innocenti, si impone con la forza e la violenza genera violenza, l'odio genera odio. Inoltre, nella guerra vince la forza non la ragione. Per esempio, se, per ipotesi, Milosevic fosse piu' forte della Nato, vincerebbe lui, ma non per questo avrebbe ragione. In secondo luogo, la guerra non e' adatta, in particolare, a risolvere il problema dei diritti umani perche' questi ultimi non si affermano con la violenza ma con il consenso democratico e delle coscienze. Sostenendo che i diritti umani si attuano con la violenza e non con il consenso, ci metteremmo sullo stesso piano di chi li conculca. Ecco perche' insisto sulla riorganizzazione dell'Onu come ente sovranazionale capace di gestire, di prevenire le situazioni di violazione dei diritti umani e di ingiustizia per ristabilirli. Alcuni enti sono stati gia' creati come la Corte dell'Aja, le Corti internazionali" (intervista rilasciata all'Unita' del 31/3/99).
E' possibile che un militare della Nato si possa dichiarare "obiettore di coscienza" in questo conflitto?
"Un soldato americano dovrebbe esaminare molto attentamente la propria coscienza per valutare se si sente di partecipare o meno a questa guerra. E se non la ritiene giustificata dovrebbe mettere al corrente i propri superiori delle sue riserve morali", ha dichiarato il presidente dei vescovi degli Stati Uniti Joseph Anthony Fiorenza (Avvenire 28/3/99)
La rete telematica PeaceLink rende disponibile sul proprio sito un modulo di "indisponibilita' alla guerra" per i militari di professione italiani, realizzato con la consulenza di un esperto di diritto; questo modulo, se firmato e consegnato nel momento opportuno, proteggerebbe il militare nel caso in cui venisse destinato ad azioni di terra, particolarmente rischiose, in contrasto con i principi costituzionali e della coscienza individuale. Le conseguenze, per il militare di professione che firmasse e consegnasse questo modulo, non sarebbero ne' il carcere ne' il licenziamento ma, forse, unicamente un provvedimento disciplinare.
Che differenza c'e' fra una guerra e un'azione di polizia internazionale di "ingerenza umanitaria"?
Una guerra ha come obiettivo la vittoria, un'azione di polizia ha come obiettivo la sicurezza della popolazione. Nel primo caso (la guerra) vi puo' essere un'esclation nell'uso della forza e a una moltiplicazione della violenza in una spirale crescente di attacchi; nel secondo caso (l'azione di polizia) si punta piu' su azioni di difesa, di disarmo degli aggressori e di interposizione, mirando ad usare la forza per diminuire la violenza complessiva. La guerra aumenta la violenza, l'azione di polizia tende a diminuirla. In quest'ottica l'ingerenza umanitaria - per la sua natura rivolta alla difesa della sicurezza delle popolazioni - non puo' che essere basata su un'azione di polizia e non su un'azione di guerra.
L'attacco Nato protegge i civili in Kossovo?
L'attacco Nato, annunciato per tutelare i civili del Kossovo e proteggerli da nuovi massacri, sembra aver provocato l'effetto opposto: "Stanno accadendo cose tremende in Kosovo", ha detto il portavoce delle Nazioni Unite Jamie Shea, smentendo l'ottimismo del presidente del Consiglio Massimo D'Alema che affermava "L'azione militare della Nato ha indotto, pare, i serbi a sospendere l'offensiva contro i civili in Kosovo" (Corriere della Sera 26/3/99) chiedendo la riapertura delle trattative. Lo stesso D'Alema ha poi cambiato opinione due giorni dopo dicendo che le trattative non si potevano riaprire perche' "i massacri dei civili inermi sono intollerabili" e ponendo come condizione per la riapertura delle trattative il ritiro delle "truppe speciali serbe" (Corriere della Sera 28/3/98). Questo in sintonia con Clinton che ha dichiarato: "Le truppe serbe hanno continuato i loro attacchi contro uomini disarmati, donne e bambini" (Avvenire 28/3/99) presentando cio' non come il fallimento degli obiettivi umanitari dell'azione militare a protezione dei civili ma come la ragione della prosecuzione dei bombardamenti. Tentando un paragone, questo attacco Nato appare risultare di "protezione" verso i civili come puo' esserlo un assalto della polizia ad un gruppo di rapinatori asserragliati in banca che si facciano scudo di ostaggi indifesi. Ne usciranno vivi gli ostaggi? Saranno uccisi dai rapinatori? O dai proiettili sparati dalla polizia?
Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, osserva: "Cio' che sconvolge e' pensare che questa guerra e' stata progettata per difendere gli abitanti del Kosovo, e che proprio questi ne sono le vere vittime, per i bombardamenti a cui sono esposti e per il rincrudire della repressione. Verrebbe da chiedersi: perche' questa guerra? Chi l'ha voluta? Se era per difendere i kosovari dall'oppressione serba, abbiamo ottenuto proprio il contrario". (L'Unita' 31/3/99)
La "Campagna Kossovo" afferma: "Nella guerra moderna si sta verificando che la vera vittima rimane sempre e solo la popolazione civile di qualsiasi gruppo etnico sia. Nella situazione specifica i missili e le bombe uccidono sia le vittime che i carnefici, tanto piu' che questi ultimi usano le prime come scudi umani per difendersi dai bombardamenti della Nato" (documento 27/3/99).
Quale probabilita' ha un pilota Nato di uccidere i profughi anziche' difenderli?
Questo e' il dialogo tra un pilota Nato e il suo aereo guida, un Awacs, relativo all'attacco aereo della Nato che ha provocato una strage di profughi albanesi a Djakovica.
Pilota: "Mi trovo a 3000 piedi, sotto c'e' una colonna di automobili, alcuni trattori. Che cos'e'? Chiedo istruzioni".
Awacs: "Ma quali civili, diamine, si tratta di un imbroglio serbo. Distruggi l'obiettivo".
Pilota: "Che devo distruggere? Trattori, automobili? Ripeto, non vedo carri armati. Chiedo istruzioni supplementari".
Awacs: "E' un obiettivo militare, un obiettivo militare legittimo". Distruggi l'obiettivo. Ripeto: distruggi l'obiettivo".
Pilota: "Ricevuto. Sto lanciando".
Questo colloquio e' stato trasmesso dalla TV serba "Studio B". La Nato lo ha definito un falso. Se fosse vero esso rivelerebbe il ruolo dei russi in Adriatico con la loro nave-spia.
Comunque stiano le cose la strage e' avvenuta e si e' ripetuta in altre occasioni, ora a danni di civili servi ora a danni di civili albanesi, e tutto questo rivela quanto sia arduo definire il bombardamento Nato come un'azione "umanitaria", sia per il suo alto margine di errore, sia per la conseguente violazione dello spirito umanitario su cui si basa la Convenzione di Ginevra, scritta a difesa della vita dei civili in guerra.
Sulla base del regolamento militare italiano un pilota e' tenuto a non obbedire a un ordine che costituisca reato (la violazione della Convenzione di Ginevra e' reato).
Cosa pensa Amnesty International dei bombardamenti Nato?
"Siamo contrari a qualsiasi azione che non salvaguardi i civili - sostiene il presidente italiano Daniele Scaglione - e un bombardamento non ha ragione di essere senza garanzie per i civili" (Liberazione 24/3/99).
Perche' la Nato non ha sospeso i bombardamenti a Pasqua?
La Nato ha dichiarato che "fermare i bombardamenti sarebbe inumano". (Il Manifesto 1/4/99)
Il presidente D'Alema e' tra i falchi o le colombe?
In un'intervista il presidente del Consiglio D'Alema ha affermato: "Noi vogliamo che non si lasci nessuna opportunita' intentata, nessuna possibilita' di riprendere il cammino di una soluzione politica e negoziale. Ma naturalmente occorre da parte del governo di Belgrado una chiara manifestazione di buona volonta', ponendo fine a questa aggressione contro la popolazione civile del Kosovo" (Il Manifesto 6/4/99).
Il giorno dopo il governo di Belgrado ha annunciato una propria tregua per la Pasqua ortodossa. La risposta di D'Alema, giunta tre ore dopo il "no" di Clinton e Blair alla proposta di tregua, e' stata: "E' insufficiente. E' evidente che occorrono ben altre garanzie".
La Jugoslavia che tipo di tregua e di avvio delle trattative ha proposto?
Il 7 aprile Corriere della Sera ha titolato: "La Nato respinge la tregua di Milosevic. Gesto a sorpresa del leader jugoslavo. D'Alema: insufficiente, servono garanzie. Il Vaticano chiede lo stop ai raid. Missile colpisce per errore alcune case, strage di civili. La Serbia: sospendiamo le operazioni in Kosovo. Gli alleati: non basta. Nella notte pesanti bombardamenti". Specifica il quotidiano: "La proposta non e' stata presentata da Milosevic, ma dai presidenti del parlamento serbo e federale. L'iniziativa, si afferma inoltre nel comunicato, ha lo scopo di permettere la "piena applicazione" degli accordi sull'autonomia del Kossovo, che sarebbero stati concordati nell'incontro avvenuto pochi giorni orsono dal leader dei kosovari moderati Ibrahim Rugova con Milosevic, e nel successivo incontro di Rugova con l'ambasciatore della Russia in Jugoslavia".
Il presidente del Consiglio D'Alema ritiene efficaci i bombardamenti?
La sua risposta e': "L'effetto dissuasivo lo misureremo nel tempo, ma il generale Clark ha piu' volte detto che attraverso azione aerea non si ferma la pulizia etnica, che e' un'ovvieta', naturalmente. Il punto e' che i serbi rinunceranno all'operazione di pulizia etnica, che e' un'operazione pianificata, nella misura in cui costera' loro un prezzo insostenibile". (Il Manifesto 6/4/99)
In Parlamento aveva sostenuto: "L'uso della forza per disarmare un aggressore e' legittimo quando non esistano nell'immediato altre vie di difesa e di reazione". (Avvenire 27/3/99)
Il presidente del Consiglio D'Alema era d'accordo con un intervento Nato privo di autorizzazione dell'Onu?
Il 16 dicembre 1998 D'Alema ha rilasciato questa intervista a Barbara Spinelli (La Stampa): "Per buona parte degli europei l'uso della forza deve essere autorizzato dal Consiglio di Sicurezza: la Nato non puo' pensare di esercitare un monopolio mondializzato della forza senza vincolarlo a precise, condivise regole capaci di legittimarne l'uso. Se si vuole applicare una giustizia internazionale, allora bisogna possedere una fermezza adamantina e colpire tutti i colpevoli di trasgressione, di violezione dei diritti umani. Prenda l'esempio del Kosovo, e' chiaro che bisogna fare di tutto perche' cominci un negoziato fra serbi e indipendentisti albanesi. E' chiaro che non serve a nulla demonizzare Milosevic, anche qui e' la selettivita' delle punizioni che mi fa specie. Non vedo come mai Milosevic sia condannabile mentre i governanti turchi no, vista la maniera analoga in cui avviene la repressione delle minoranze etniche. Non vedo perche' essere indulgenti verso i guerriglieri indipendentisti del Kosovo e massimamente intransigenti verso il terrorismo del Pkk curdo".
Il presidente del Consiglio D'Alema immaginava le conseguenze di questa guerra?
Molto prima dell'attacco Nato D'Alema aveva dichiarato al Corriere della Sera del 7/2/99: "Nel Kosovo una azione militare tipo Iraq potrebbe innescare una nuova guerra civile balcanica ... nel caso del Kosovo la situazione potrebbe degenerare, potrebbe voler dire migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi".
Vi sono dubbi tra i militari sull'efficacia dei bombardamenti?
"I raid jugoslavi sono serviti solo a unificare i serbi, rafforzando Milosevic e offendendo la Russia. Tenerla fuori e' stato un errore imperdonabile", ha affermato il generale Charles Horner, generale americano alla testa dell'offensiva aerea nella Desert Storm (fonte: Corriere della Sera, 7/4/99).
L'ex contrammiraglio della Sesta Flotta Usa, Eugene Carrol, ha dichiarato: "Nessuno sta vincendo ne' puo' vincere in Serbia. Tutti perdono, la Nato, la Serbia e, soprattutto, gli albanesi del Kosovo, vittime della guerra. Non vi e' mai stata alcuna possibilita' di soluzione militare della situazione del Kosovo. Eppure la Nato ha lanciato una disastrosa campagna di guerra aerea, destinata al fallimento. Quando la violenza infine terminera' per mezzo di negoziati, sia la leadership statunitense che il ruolo della Nato nella sicurezza europea ne usciranno diminuiti" (fonte: Il Manifesto 7/4/99).
L'opinione pubblica e l'informazione che influenza possono avere sulla guerra?
In societa' democratiche l'opinione pubblica costituisce un termometro tenuto sotto osservazione specie durante una guerra come questa (i sondaggi mostrano una meta' dell'America non convinta o contraria e cosi' pure in Italia). Il generale Carlo Jean, in una relazione al Centro Alti Studi Difesa di Roma, ha spiegato: "Ormai ci si deve orientare a combattere due guerre parallele: una sul campo di battaglia, l'altra sui media. I media creano rilevanti condizionamenti all'uso della forza. In particolare, determinano la tendenza di privilegiare opzioni a basso rischio, a basso costo (perdite) e di breve durata. Il consenso dell'opinione pubblica e' piu' condizionato dalla forma che riveste il messaggio che dal contenuto dell'informazione. Il consenso non e' comunque lineare. Non obbedisce a meccanismi di tipo "stimolo-risposta". Si rafforza quando le informazioni coinvolgono i valori dominanti del pubblico che le riceve. La "giusta causa" dell'intervento e' diventata una necessita' comunicativa. Anche obiettivi derivati dalla "realpolitik" devono rivestirsi dell'"idealpolitik". (Il Manifesto 26/3/99)
Quale via d'uscita per il Kossovo?
Le strade appaiono due: la resa finale dei conti guidata dalla Nato o la soluzione diplomatica su cui stanno lavorando la Chiesa, la diplomazia russa e il leader albanese Rugova, tutti contrari ai bombardamenti Nato.
Ha fatto osservare il vescovo Enrico Antonelli, segretario della Conferenza Episcopale Italiana: "Una forza di interposizione umanitaria, non solo non suscita perplessita', ma in certi casi e' doverosa, mentre il bombardamento desta preoccupazione e non risolve" (Liberazione 24/3/99).
Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha intrapreso un'iniziativa per un piano di pace che, pur contenendo le condizioni poste dalla Nato, sembra prefigurare una forza internazionale di interposizione in cui sia coinvolta anche la Russia.
Ci sono mezzi alternativi alla guerra per piegare Milosevic?
Curzio Maltese, in un'editoriale di Repubblica (8/4/99) ha scritto: "Bisogna che l'Occidente studi altri sistemi per combattere i regimi dittatoriali, bisogna ripensare il concetto stesso di guerra "etica". La lezione della storia. La lezione della storia ha insegnato che il non intervento porta altre rovine. Ma e' giusto ormai, di fronte all'esperienza dell'Iraq e della Serbia, chiedersi anche se non si possano trovare strumenti meno inefficaci, per non dire controproducenti, dell'embargo e dei bombardamenti. Strumenti piu' moderni e politici come la guerra economica totale e la guerra mediatica, il bombardamento di informazioni che ha gia' contribuito al crollo dei regimi dell'Est, ben piu' dei costosissimi arsenali militari. Le bombe della Nato non hanno impedito ma accelerato la soluzione finale per il Kosovo".
Quali sono le proposte della Campagna Kossovo?
La Campagna Kossovo chiede "l'intervento di un corpo di peacekeeping ufficiale dell'ONU o dell'OSCE (entrambi organismi cui aderisce anche la Russia e che darebbero maggiori garanzie di obiettivita' e neutralita')" ed anche "il rientro nell'area dei verificatori OSCE, sensibilmente potenziati nel numero e nelle competenze, integrati da elementi della societa' civile ben preparati alla mediazione e alla soluzione nonviolenta dei conflitti". Il tutto ovviamente non puo' avvenire senza "l'immediata cessazione dei bombardamenti Nato su tutta l'area, la firma da entrambe le parti (Jugoslavia e Governo Parallelo del Kossovo) di un nuovo cessate il fuoco che comporti l'uscita dal Kossovo dell'esercito jugoslavo fino ai livelli gia' previsti dall'accordo Holbrooke-Milosevic, con l'interruzione dei combattimenti da parte delle milizie serbe e dell'UCK" (documento Campagna Kossovo 27/3/99, presentato al Presidente della Repubblica, al Ministro degli Esteri e ai Presidenti della Camera e del Senato).