Girodivite - n° 56 / settembre 1999 - Cultura,
Musica, Società
L'onda lunga der Piotta
di Sergio Failla
"Il merito di aver movimentato quest'estate 1999", dice Renzo Arbore di Er
Piotta, responsabile visivo di uno dei "tormentoni" sonori di quest'estate.
Er Piotta è un ragazzo grassottello e con la barboncina spelettata dello studente,
che sta "scandalizzando" i tranquilli sonni mondani ed estivi di Emilio Fede
& C.. Quest'ultimo si è detto esterrefatto della tournée der Piotta nella riserva
faunistico-mondana di Capri. In realtà siamo a un livello moscio di polemica
(mi imbarazza persino usare questo termine, che ha tutt'altro valore e importanza).
Tutta la faccenda fa parte della spazzatura televisiva berlusconiana, se non
ci fossero alcune cose che val la pena annotare in ordine sparso. A scandalizzarsi
della "volgarità" sono di solito i parvenù dell'aristocrazia e del satollo benessere,
che hanno la memoria viva sulle proprie origini pre- o piccolo-borghesi. Questi
ceti intermedi e intermediari tentano anche attraverso questa loro funzione
- di sacerdoti della morale - di rassicurare il proprio status (e il ceto aristocratico
di riferimento). Nello stesso tempo, fa parte costituzionale della dinamica
propria della borghesia subire periodicamente processi di rinnovamento, che
portano esponenti di provenienza inferiore (e dunque portatori di culture altre)
all'innalzamento sociale ed economico. Guai se per la borghesia (o per l'aristocrazia
in genere) non ci fossero (a dosi omeopatiche e ben calibrate, facilmente riassorbibili)
i volgari, sarebbe il segno di una pericolosa sclerosi.
Er Piotta non è una persona volgare, ma un appartenente alla classe borghese,
mediamente acculturato. L'operazione che è stata fatta, al di là dell'ovvio
valore commerciale e di sfruttamento della nicchia "trash", riprende una tradizione
della cultura letteraria e canzonettistica europea, che è quella comico-giullaresca.
In una intervista ascoltata in questi giorni Er Piotta ha definito "goliardica"
questa operazione di cui è stato co-protagonista (insieme al suo gruppo di amici,
ma anche alla casa discografica, sponsor, agenti ecc.). Il termine è congruo
rispetto alle coordinate non solo letterarie ma anche politiche all'interno
delle quali ci troviamo. Non siamo davanti a una canzone di protesta o di rivendicazione
(come poteva accadere tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni
Settanta). Gli anni Ottanta non sono passati impunemente. L'epoca dei Ciarrapico
e dei De Michelis ha lasciato un'onda lunga che la società italiana stenta a
riassorbire. Segno della serietà di quel micro-rivolgimento che ha portato all'arricchimento
improvviso nuovi ceti e personaggi, e della debolezza del tentativo di rivolgimento
successivo (controrivoluzionario se quello dei Ciarrapico era un movimento "rivoluzionario"
della presa del potere della piccola borghesia di derivazione sotto-proletaria,
non proveniente dall'etica operaia né da quella artigianale). I ceti intellettuali
tradizionalmente hanno sempre messo in burletta il mondo del "popolare": così
le caricature e il grottesco, la facilità dei comici che utilizzano la maschera
del "contadino" (secondo una linea che ha avuto una sua dignità per esempio
con gli sketch di Vianello e Tognazzi, per "finire" con il contadino dei Bagarino
e con i travestimenti di Diego Abatantuono). I lazzi carogneschi di queste operazioni
raramente hanno raggiunto i livelli di Ruzante o di Croce ("Bertoldo, Bertoldino
e Cacasenno") in cui lo stereotipo viene utilizzato per dire altro - per fare
quella che una volta si chiamava "critica sociale" (secondo la linea politicizzata
di Dario Fo a Franca Rame).
Con Er Piotta, pur trovandoci all'interno di queste coordinate - la goliardia
del "basso e del volgare" e l'uso strumentale dei ceti intellettuali -, c'è
un elemento sociologico ulteriore. Il "cafone" der Piotta non è solo il neo-arricchito
di provenienza delle borgate laziali. E' l'ultimo rappresentante di una specie
- e di un'epoca: si veda in parallelo la varia scomparsa del contraltare del
mondo della volgarità e del kitch costituito dagli "stilisti" italici - e come
tale manifesta una malinconia e una tristezza da "mutante" alla "Blade runner".
Il video der Piotta è un video triste, come tristi sono i film di Verdone (l'ultimo,
"Gallo cedrone" ha per protagonista proprio un "cafone"). Sulla malinconica
tristezza der Piotta avrebbe voluto intitolarsi all'inizio questo articolo.
"Il cafone eccolo qua / dimena le mani / de qua e de là" viene cantato con un
sottofondo sonoro fatto di trombe e ritmi da discoteca, ma il video ha i colori
del grottesco che rimandano a un film cardine di questo fine millennio italico,
"Tano da morire" di Torre. Sono i colori caricati, fatti di ombre e rossi cupi
che non sarebbero dispiaciuti a Fassbinder.
Er Piotta è l'ultimo rappresentante della sua specie e di un mondo della volgarità
e della disperazione. I simboli del benessere individuale - le donne bonone,
l'ozio crapuloso delle discoteche e delle piscine con idromassaggio - veicolano
un messaggio inverso che non è solo parte di quella consustanziale cultura cattolica
e della decadenza che ci portiamo appresso. E' anche vero che una tale operazione,
se nelle aree centrali da cui proviene rappresenta il termine, per le aree periferiche
(a cui è indirizzato) può rappresentare un rilancio e un modello, per un'onda
della cafonaggine che qui (nella periferia) non è certamente finita. Le disperate
e marginali aree culturali dell'Est, del Meridione, le periferie degradate delle
città e dei centri storici comprenderanno quanto di disperazione e di (esistenzialmente)
sgomento c'è ner Piotta? O accoglieranno solo l'elemento superficiale, il "motivetto"?
La costruzione letteraria ha, quando funziona, questo aspetto: mette davanti
all'ascoltatore, al "pubblico", se stesso. Fa vedere, come su uno specchio -
necessariamente deformato e amplificato - se stessi. Rispecchiandosi, vedendosi,
ci si scopre. Era l'insopportabilità dell'arte che la cultura greca aveva fatto
gravitare attorno al mito/immagine della Gorgone.
"Dimena le mani / de qua e de là / non te fermà", intima Er Piotta. Chi si
ferma è perduto. Chi si ferma a riflettere, a chiedersi, a porre domande (come
avviene nel video), scopre il vuoto e lo sgomento dietro l'attivismo pelvico
e dimenatorio dei lustrini televisivi.
Released online: September, 1999
