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Italoamericana, di Sergej

Italoamericana : storia e letteratura degli italiani negli Stati Uniti 1776-1880 : volume primo / Francesco Durante. - Milano : Arnoldo Mondadori, 2001. - 850 p., ril. ; 22,5 cm. - ISBN 88-04-37450-0. - [USA]

Quella di Francesco Durante è un'opera destinata a restare, a collocarsi tra le cose più interessanti della ricerca italianistica di questi anni. La storia degli intellettuali italiani negli Stati Uniti (ma a quanto un'analoga opera per gli intellettuali italiani nei paesi del Sud America? e nel resto del mondo?) è davvero ricca di sorprese e di informazioni. Lo sapevate che il best-seller destinato ad inaugurare la saga del West fu opera dell’italiano Charles Angelo Siringo? Che toccò alla suora genovese-americana Blandina, il compito di raccogliere in Arizona la confessione di Billy the Kid? Che il consigliere più fidato del presidente Jefferson, all’epoca in cui scrisse la costituzione della Virginia, fu Filippo Mazzei?

Quella di Durante, giornalista e traduttore (sue alcune traduzioni da John Fante) è il primo volume di un’antologia critica, che arriverà a coprire l’intero arco storico dell’emigrazione, fino alla seconda guerra mondiale. Nel primo volume vengono presentati cinquantasei autori che si possono considerare i precursori sette-ottocenteschi della cultura italoamericana: in taluni casi sono di scena personaggi noti, come il librettista mozartiano Lorenzo da Ponte [vedi l'immagine sottostante], ma per la maggior parte si tratta di figure oscure, cadute - non a caso, vogliamo sottolienare - nell’oblio.

La storia degli italiani emigrati, espulsi fuori dall'Italia, è anche la storia di una rimozione. Nel momento stesso in cui l'Italia ottocentesca e della prima metà del Novecento ha espulso qualche milione di persone (solo tra il 1880 e il 1920 si calcola emigrarono negli Stati Uniti 5 milioni di italiani), ha operato una accanita rimozione. Chi restava, e soprattutto le classi dirigenti italiane, hanno fatto di tutto per rimouovere lo "scandalo" di questa sconfitta sociale e politica. La povertà culturale e sociale di chi restava è stata la storia di un arroccamento in se stessi, un non voler vedere e sapere che fine facevano i nostri emigrati all'estero, alla faccia delle retoriche nazionalistiche sul "lavoro italiano" e sulla "bontà" di razza o di "italiani brava gente". Salvo, in anni recenti, risvegliarsi all'improvviso in occasione di "scandali" particolari (l'indignazione per i morti di Marcinelle, la scoperta degli accordi tra lo Stato italiano e quello Belga: uomini-schiavi in cambio di carbone per le industrie italiche) anche queste da rimuovere al più presto per trasformarsi, nel boom provvisorio degli anni Sessanta in acerrimi xenofobi o, negli anni Ottanta e Novanta invetarsi movimenti padani che fanno dell'hobby della caccia all'immigrato motivo di fortuna politica. O, ancora, ricorrere alla comunità italo-americana per avere in patria appoggi politici da parte dell'alleato Americano. Ricordandosi dei nostri espulsi solo quando conviene alle retoriche nazionali e nazionaliste.

Il libro di Durante documenta in maniera non retorica una parte di questa storia, quella legata agli Stati Uniti d'America e dell'apporto intellettuale che gli italiani hanno dato. Una storia che ha - per gli anni esaminati - un punto nevralgico nell'emigrazione di intellettuali e uomini e donne di cultura legati alle vicende del "Risorgimento": New York, ad esempio, costituì il fulcro dell’organizzazione mazziniana e già nel 1849 vi venne fondato un giornale tricolore. Attraverso una ricca collezione di poesie, diari, lettere, inni, racconti e romanzi, ci è dato conoscere il pensiero di questi nostri avventurosi avi, indagare la molla che li spinse verso l’ignoto: e nello stesso tempo accorgersi di quanto sia difficile trovare, nella vicenda degli Stati Uniti, avvenimento o luogo cui non sia possibile legare almeno un frammento di storia patria. E' un'operazione invero che potrebbe prestarsi a una doppia lama. Da una parte il pericolo di una lettura tipo "gli italiani sono sempre dei gran geni ovunque si trovino"; dall'altra quella di una sclerotizzazione della visione puntata al solo fenomeno statunitense, un modo come un altro per adeguarsi alla visione monocromatica propria della nostra condizione di "periferici dell'Impero".

A questo doppio nodio scorsoio il libro di Durante sfugge grazie alla concretezza e precisione documentaria, che ne fanno opera di punta di una (ancora da noi) giovane italo-americanistica.

Bancarella, 21 marzo 2004
 
 
 

 

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