Mia figlia Cetti se ne va, di Sebastiano Addamo

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Mia figlia Cetti se ne va, di Sebastiano Addamo

Chiara lastra del silenzio. Il mattino rosso come un

tropico. Tu li intrecci,

li indossi, ti capovolgi, pur sempre

è domenica al tuo orologio, chiudi 

la mano, ne fai un mazzo, strappi

petali e panico, l'uscita è l'altra

a noi nascosta faccia della vita,

tu mieti papaveri taciturni

come orfani neri

leggeri come l'uccello schiantato

dal freddo, tu li poni tra i capelli

componi una ghirlanda, sei festosa,

accendi le dita mentre con gaiezza

luminosamente ridi, soltanto

però il simile pareggia il simile

e l'equivalenza è secca legge

(l'inadeguatezza nega costanza

all'essere), la luce perciò non colma

abissi, nulla ripara la crepa,

ti rotoli per terra, voli sulla 

brezza che scompiglia l'ulivo, smuove

erbe e caligini, ma il tuo orologio

 segna domenica, chiara la lastra

del mattino, rosso il silenzio 

di tropico.

Non gli occhi ti guardano, non ci sono,

bensì lo sguardo quando da noi, fermo,

di corsa precipita e scava il fondo.

Mia figlia Cetti se ne va, da: Le linee della mano (1983-1987), Garzanti - Milano 1990


Sebastiano Addamo: biografia

 


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