Giuseppe Tomasi di Lampedusa

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Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Giuseppe Tomasi di Lampedusa nacque a Palermo nel 1896. Apparteneva a una famiglia aristocratica: i prìncipi di Lampedusa, duchi di Palma e Montechiaro ecc. (secondo l'accumulazione delle cariche proprie di una tradizione di origini spagnole-borboniche). Nel 1915 interruppe gli studi di giurisprudenza per arruolarsi volontario. Fatto prigioniero dagli austriaci, evase dal campo di concentramento ungherese e raggiunse a piedi l'Italia. Fra il 1920 e il 1930 compì numerosi e lunghi viaggi in vari paesi d'Europa, quasi sempre in compagnia della madre Beatrice. Nel 1932 sposò a Riga Alessandra Wolff Stomersee (detta Licy), figlia di primo letto della moglie di suo zio Pietro Tomasi della Torretta, vedova di un barone lettone e studiosa di psicanalisi. Dopo la seconda guerra mondiale, che provocò gravissimi danni al Palazzo Lampedusa di Palermo, visse fra Palermo e Capo d'Orlando, ospite del cugino poeta Lucio Piccolo. Nel 1954, dopo aver conosciuto Montale e Cecchi a S.Pellegrino Terme, durante un premio letterario al quale aveva accompagnato il cugino, iniziò la stesura de Il Gattopardo, romanzo a cui pensava da molto tempo. Ultimato nel 1956, il romanzo fu rifiutato da vari editori, e uscì nel 1958 (postumo) presso Feltrinelli, a cura di Giorgio Bassani, ottenendo l'anno dopo il Premio Strega. Tomasi di Lampedusa morì a Roma nel 1957.

Appassionato lettore di libri storici e di romanzi stranieri, soprattutto francesi, si dedicò alla narrativa negli ultimi anni, dal 1955 fino alla morte. Il suo romanzo postumo, Il Gattopardo (1958) divenne un famoso caso letterario nell'Italia di quegli anni, sia per la misteriosa personalità dell'autore sia per la sua inquietante e ironica interpretazione dei mutamenti storico- sociali e della prassi trasformistica della politica post-risorgimentale (che alludeva chiaramente al trasformismo delle classi dominanti in quegli anni '50 e non solo), battezzata d'allora in poi "gattopardismo". Il romanzo è ambientato all'epoca dello sbarco dei garibaldini in Sicilia. C'è fermento nell'isola: la nobiltà ha presentimenti di rovina, la borghesia faccendiera si prepara a appropriarsi delle sue spoglie. Don Fabrizio, principe di Salina, attende la rovina della propria classe e della propria famiglia senza reagire: pur non amando il nuovo, sa che il vecchio non può sopravvivere e non ha voglia di muovere un dito per salvarlo. Approva anzi in cuor suo il nipote Tancredi, giovanotto spregiudicato, convinto «perché tutto rimanga com'è» che «bisogna che tutto cambi». Lascia che sposi la figlia di un furbo arricchito, Calogero Sedara: Tancredi è povero e per rimanere dalla parte dei dominatori ha bisogno della sua ricca dote. Ma quanto a sé è un'altra faccenda: all'inviato di Torino che gli offre un seggio al Senato, don Fabrizio risponde proponendo al suo posto Calogero Sedara. Disincantato di tutto, attende soltanto la morte. La sua casata non gli sopravviverà a lungo. Erano gli anni della crisi del neorealismo, e le vicende della principesca famiglia di don Fabrizio Salina, narrate da Tomasi nel quadro di una Sicilia «immobile» tra la bufera garibaldina, sembravano riproporre pericolose ideologie di 'fuga' o di fatalistica rassegnazione. Si fecero subito i nomi di Verga e di De Roberto. Ma se la cura ambientale e descrittiva autorizza il richiamo alla tradizione naturalistico-regionale, l'insistenza ossessiva sui simboli del disfacimento e dell'autodistruzione giustifica invece una lettura in chiave estetista del "Gattopardo" e della stessa imponente figura del protagonista.

Divenuto popolarissimo grazie all'attuazione cinematografica di Luchino Visconti (1963), "Il Gattopardo" è stato poi ripubblicato nel 1969 secondo una stesura successiva a quella data da Bassani nel 1958.

Altre opere postume documentano l'impegno creativo e culturale di Tomasi. Dal volume di Racconti (1961) emerge Lighea, fantastica storia di amore tra un giovane grecista e una sirena. Sono stati pubblicati anche due raccolte di saggi critici, intitolati Lezioni su Stendhal (1971), e Invito alle lettere francesi del Cinquecento (1979), tutti frutto delle lezioni che Tomasi di Lampedusa impartiva privatamente a un gruoppo di giovani amici, fra i quali Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Tomasi. Nel 1993 sono stati pubblicati, con il dubbio di attribuzione a Tomasi-di-Lampedusa, alcuni elzeviri firmati Giuseppe Aromatisi, pubblicati tra il maggio 1922 e il novembre 1924 sulla terza pagina de «Il giornale di Sicilia».

Tra gli effetti che contribuiscono alla permanenza del successo dell'opera di Tomasi-di-Lampedusa è una nota di mistero che accompagna la sua vita. La riservatezza di un intellettuale che vive nella profonda provincia, ma non al di fuori della storia. Anche il fatto di essere stato autore di un solo romanzo, una sola opera sostanzialmente importante: anche, di essere fuori dalle scuole, dalle consorterie intellettuali ciò che ne ha reso difficile la pubblicazione all'inizio, certamente, ma che poi si è rilevato un vantaggio, quando tutte le consorterie lo hanno potuto usare, alimentando l'industria della critica, su quotidiani e riviste. Il fascino per un aristocratico, in un mondo sempre più borghese o piccolo-borghese. Morto, la possibilità di potersi appropriare di ciò che ha scritto senza l'ingombrante presenza dell'autore, da parte di tutti gli schieramenti politici, dalla destra alla sinistra.

Bibliografia: Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Gattopardo (1958)
Racconti (1961)
Gattopardo (1969, II stesura)
Lezioni su Stendhal (1971)
Invito alle lettere francesi del Cinquecento (1979)

Contesto

Narrativa italica dopo il 1945



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