Tristan Tzara

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Tristan Tzara

La parabola artistica di Tzara, che era nato a Moinesti (Moldavia) nel 1896 (morì a Paris nel 1963) - il suo vero nome era Sami Rosenstok - è stata in quegli anni quella di una generazione di scrittori e artisti. Egli, dopo i fuochi del dadaismo ha collaborato al surrealismo. Ne L'uomo approssimativo (1930) è un flusso elementare e violento di immagini che allude al primordia le disordine della creazione. In La carta incollata o il proverbio dipinto (1930) individua i moventi del nichilismo dada nell'illuminismo del pensiero e nell'angoscia che prende chi cerca di tradurlo in parole.

Il testo migliore della sua esperienza dada è la pièce Il cuore a gas (1921). Di questo testo è stato scritto che ha "un dialogo senza alcun riferimento con la realtà, totalmente gratuito, basato su ripetizioni esasperate della stessa frase, che sarà poi quello di Ionesco e del Teatro dell'Assurdo" [1].
Si è accostato in seguito al marxismo; la forte tensione civile e morale hanno reso il suo pensiero e il suo linguaggio più equilibrati e composti (Mezzogiorni guadagnati, 1939; La fuga, 1947). In una serie di conferenze (Il surrealismo e il dopoguerra, 1947) ha tentato una collocazione dell'esperienza conclusa, mettendo l'accento sulla rivolta contro la guerra e contro la mentalità borghese. Ha pubblicato anche la raccolta Sette manifesti dada (Sept manifestes dada, 1964).

Note:
[1] Prefazione / di G.R. Morteo, I. Simonis, in: Teatro dada. - Torino : Einaudi, 1969. - p. 14.

Contesto

Dadaismo



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