Margherita Sarfatti

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Margherita Sarfatti

Margherita Grassini nacque a Venezia nel 1883 (morì a Cavallasca [Como] nel 1961) in una famiglia ebraica; un suo cugino, Giuseppe Levi (padre di Natalia Ginzburg) diventerà esponente dell’antifascismo torinese; lei sarà ideologa e creatrice dell'ideologia e della cultura fascista. Studia storia dell’arte sotto la guida di Antonio Fradeletto, appassionandosi alle teorie di John Ruskin. Frequenta Alberto Martini e Vittorio Pica con cui fu in rapporto epistolare. Sposata all'avvocato Cesare Sarfatti, si trasferisce a Milano nel 1902. Si impegna politicamente nel partito socialista (è vicina ad Anna Kuliscioff). La sua carriera come giornalista inizia nel 1909, come responsabile della rubrica di critica d’arte dell’"Avanti!". Nel 1911 Mussolini diventa direttore del quotidiano socialista e intreccia con la Sarfatti una relazione che andrà avanti per vent’anni. Nella prima guerra mondiale morì il figlio Roberto, partito volontario. Nel 1918 entra a far parte della redazione del quotidiano di Mussolini il "Popolo d'Italia", divenendo nel frattempo collaboratrice di altri giornali, come "La Stampa" di Torino e "Gerarchia" (rivista di teoria politica), che dirige dopo il 1922.

Dal 1910 è l'animatrice di uno dei salotti intellettuali più esclusivi di Milano, al numero 93 di corso Venezia, che accoglie il gruppo futurista, letterati come Bontempelli, Ada Negri, gli scultori Medardo Rosso e Arturo Martini. Talvolta interviene lo stesso Mussolini. Obiettivo della Sarfatti è restituire a Milano un ruolo di centralità culturale, e a questo proposito si fa promotrice, con il gallerista (anche lui di origini ebraiche) Lino Pesaro, della mostra di Bucci, Dudreville, Funi, Malerba, Marussig, Oppo e Sironi (1923), primo nucleo storico del Novecento. Nel 1925 pubblica la prima biografia di Mussolini, "Dux", presto tradotto in varie lingue; si occupa dell"'Exposition des arts décoratifs" di Parigi, e per i suoi meriti in proposito riceve l'anno successivo la Legion d'onore. Si precisano in questo periodo i risvolti "politici" della sua operazione in campo artistico: " Nei primi anni Venti - scrive E. Braun - si era avvicinata al clima del ‘Realismo magico’, che conservava atmosfere inquietanti e oniriche della pittura metafisica. Verso la fine di quel decennio sposò la retorica del vigore e della ‘disciplina’, in parallelo all’evoluzione conservatrice del Fascismo. Di 1930 accoppiò apertamente il Novecento al ritmo di passione combattiva e di fervente rinnovamento che doveva emergere dall'"opera redentrice del Fascismo". Mussolini interviene, nel 1926 a Milano, all'inaugurazione della I Mostra del Novecento italiano, di cui la Sarfatti è teorica e infaticabile animatrice. Nel 1927, a Roma, organizza la mostra dei "Dieci artisti del Novecento italiano" nell'ambito dell’Esposizione degli Amatori e Cultori.

Scrittrice di piglio, giornalista acuta, nella critica d’arte fu propugnatrice del movimento da lei fondato non solo in Italia, ma anche all’estero, dove organizzò numerose mostre. Il ruolo svolto dalla Sarfatti all’interno del gruppo fu fondamentale, non solo come promotrice ufficiale, organizzatrice delle mostre e autrice di testi teorici: intenso fu il rapporto personale con gli artisti, ai quali rivolgeva attenzioni ora protezionistiche, ora ammonitrici e stimolatrici. Si legga la lettera del 1927 indirizzata “Agli amici Tosi, Sironi, Wildt, Salietti, Funi, Marussig”, in cui li rimprovera pesantemente, accusandoli di ingratitudine. Tra gli artisti del gruppo, i rapporti furono particolarmente intensi con Funi, Sironi e soprattutto Tosi, con cui intrattenne un ricco carteggio, prezioso documento per la storia delle dinamiche interne del movimento. Ne è testimonianza, per esempio, una lettera databile al 1929, dove la Sarfatti cointeressò Tosi nella delicata questione della gestione economica del gruppo: “Tornando alla questione denari per il ‘900, gli amici Foà porteranno a Gussoni il pagamento a) del Capo del Governo b) il mio. Per gli altri acquisti, e specie per quello su S. E. l’On. Turati, il meglio è che voi scriviate come Comitato ufficialmente a S. E. l’On. Turati e agli altri acquirenti (Cacciari) personalmente, dicendo che l’esposizione è chiusa, che si attendono istruzioni per il versamento della somma dell’acquisto e l’invio delle opere”.

Della sua vasta produzione saggistica va citata la Storia della pittura Moderna (1930, edito da Paolo Cremonese), che testimonia del suo interesse per gli sviluppi dell'arte contemporanea europea. Nel 1929 prende corpo la nuova sistemazione delle arti basata sulle confederazioni regionali, che dà poi vita alle grandi mostre dei Sindacati e alle Quadriennali. In questa situazione viene gradualmente scavalcata dall'organizzazione messa in piedi da Oppo. Nel 1931, più volte attaccata nelle pagine de “Il Regime fascista” da Farinacci, rivendicò tenacemente il ruolo svolto dal gruppo del Novecento nella diffusione dell’arte italiana all’estero e sottolineò sempre la profonda trasformazione dell’arte italiana per l’impulso dato dal gruppo. Nonostante i suoi rapporti personali con il duce e la conversione al cattolicesimo avvenuta anni prima, non è risparmiata dalla legislazione antisemita del 1938 ed è costretta a riparare in Argentina, dove rimane fino al 1947, continuando a occuparsi intensamente di critica d'arte. Tornata in Italia, pubblica il libro di memorie Acqua passata (1955). Morì nella sua casa al Soldo (Como).

Figura in apparenza mondana e salottiera, Margherita Sarfatti è stata protagonista del dibattito politico e intellettuale italiano durante l'Italia giolittiana e, vicina a Mussolini, fu in primo piano nella costruzione del fascismo. Ritenendo che la matrice genetica di uno stato nuovo - tale era l'obiettivo che precocemente si era data, prima ancora che il fascismo fosse una realtà - era possibile solo chiamando a raccolta la generazione degli intellettuali cui ella stessa apparteneva, tentò di coinvolgerli nella costruzione di un linguaggio artistico nuovo, ma nel solco della tradizione classica. Quando fu estromessa dal giro del potere, non smise di
essere fascista. Semplicemente, la sua ricerca di una nuova Roma, di una
sede della classicità risorta, di quella nuova civiltà classica che avrebbe
dovuto essere l'Italia fascista, la cercò altrove. In America. Là dove il
suo amico scrittore Isreael Zangwill aveva scritto e ambientato The melting
pot, un dramma sull'America come possibile terra promessa per gli ebrei
fuggiti dal vecchio continente. Nell'America di Roosevelt però non ebbe il successo che aveva avuto nell'Italia di Mussolini.

Letture

Il salotto di Margherita Sarfatti, di Simona Urso
Bibliografia e siti web

Contesto

L'Italia negli anni 1917-1945
L'Europa di destra

 


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