Novecento: 1917-1945. Introduzione: gli effetti della guerra

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Introduzione: Gli effetti della guerra

Gli squilibri del primo dopoguerra | i vinti e le nuove nazioni | i vincitori | la russia sovietica | i paesi extraeuropei: turchia, medio oriente, africa, asia, pacifico | le americhe | effetti culturali | mass-media | musica | filosofia e ideologie | ampliamenti economici e scientifici | fiction e ideologie | generi letterari |


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La guerra aveva portato devastazioni di territori, consumo di ricchezze, deprezzamento delle monete, caduta di regimi, dilagare di rivoluzioni, esasperazione di tensioni tra classi e ceti. Cifre puramente indicative parlano, riguardo alla sola guerra, di 9 milioni di morti, 27 milioni di invalidi, 5 milioni di dispersi e costi pari a oltre 400 miliardi di dollari (Fondazione Carnegie). Senza contare i morti per carestie, guerre civili, epidemie (come la spagnola). Ciò ebbe conseguenze su tutti gli stati usciti dalla guerra, sia vinti che vincitori. Cinque i trattati di pace:
  1. di Versailles (28 giugno 1919) con la Germania
  2. di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) con l'Austria
  3. del Trianon (4 giugno 1920) con l'Ungheria
  4. di Neuilly (27 novembre 1919) con la Bulgaria
  5. di Sèvres (11 agosto 1920) con l'Impero Ottomano.
Il 18 gennaio 1919 si riunì a Paris la conferenza di pace, con 70 delegati di 27 stati: la direzione dei lavori fu accentrata nel Consiglio dei Dieci, composto dai delegati in numero paritetico di USA, Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone. Di fatto l'organo direttivo della Conferenza divenne il Consiglio dei Quattro (la riunione dei capi di governo delle 4 potenze occidentali: Wilson, Lloyd George, Clémenceau e Orlando), presto ridotto a tre per la partenza del delegato italiano. Il testo deciso nei fatti dal Consiglio dei Tre-e-mezzo fu sottoposto all'assemblea plenaria dei delegati degli stati vincitori, che l'approvò il 9 maggio 1919.
Il testo del trattato di Versailles fu approvato con l'astensione della Cina e comunicato alla Germania, il cui governo potè solo protestarne l'ingiustizia. La Germania perdeva le colonie extraeuropee; cedeva l'Alsazia-Lorena (Francia), Posnania e Prussia occidentale (Polonia) oltre a regioni minori; l'esercito le fu limitato a 100 mila uomini, senza aviazione né artiglieria pesante, proibito il servizio militare obbligatorio e limitata la flotta; i beni tedeschi all'estero erano ceduti (circa 10 miliardi di marchi-oro); si obbligava la Germania a riparazioni di guerra tramite la consegna di attrezzature e quote annuali della produzione e dell'allevamento; dovevano essere consegnati i "criminali di guerra", compreso il kaiser (riparato in Olanda); la Renania era occupata come pegno dell'esecuzione del trattato; erano nulli i trattati di Brest-Litovsk con la Russia, e di Buca&127;rest con la Romania, che la Germania aveva stipulato nel 1917-1918.
Con i trattati di Saint-Germain e del Trianon Austria e Ungheria erano considerati successori dell'Impero asburgico: la nuova Austria e la nuova Ungheria furono ridotte a monconi: Italia Romania Polonia Jugoslavia (il nuovo stato serbo-croato-sloveno) Ceco-slovacchia si spartirono i pezzi. L'Austria fu ridotta da 25 a 6 milioni di abitanti, le era tolto lo sbocco al mare e proibito di unirsi alla Germania. L'Ungheria fu ridotta a 1/3 del territorio precedente e a ¼ della popolazione (8 milioni di ab.). Ciò oltre a oneri di riparazioni, limitazioni di armamenti, commissioni di controllo che si riveleranno presto inapplicabili.
La Bulgaria (trattato di Neuilly) era privata dell'accesso al mar Egeo (Grecia), della Dobrugia (Romania), della Macedonia settentrionale (Jugoslavia).
Con il trattato di Sèvres il sultano ottomano doveva rinunciare ai paesi del "Crescente fertile", all'Armenia e alla parte occidentale delle coste anatoliche. Il governo nazionalista del generale Mùstafa Kemal, costituito a Ankara per la lotta contro i Greci in asiaminore, ne respinse le clausole. La guerra tra Greci (sostenuti dagli inglesi) e i Turchi di Kemal (appoggiati diplomaticamente dai francesi) si concluse con la vittoria turca. Ciò porterà alla revisione del trattato: con il nuovo trattato di Losanna (24 luglio 1923) inizia la serie di revisione dei trattati di pace che caratterizzò la politica internazionale europea nel 1920-1939.

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In Germania il nuovo governo repubblicano, guidato da socialisti di sinistra e socialdemocratici, affrontò la rivolta comunista degli "spartachisti" con la sbrigativa esecuzione dei due leader Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht (Berlin, gennaio 1919), fu soffocato il governo comunista di Monaco [Baviera] e i tentativi di forza degli operai comunisti nelle zone industriali della Ruhr e della Vestfalia.
La repubblica di Weimar (dal nome della città sassone in cui si svolsero i lavori dell'Assemblea costituente), con un governo fatto da socialdemocratici, centristi e liberali-di-sinistra, dovette affrontare tutte le conseguenze del trattato di Versailles; senza riuscire a formare solide maggioranze, il governo reagiva alla pressione dei gruppi organizzati, di destra e di sinistra, appoggiando alternativamente gli opposti schieramenti. Nel 1920 solo lo sciopero generale proclamato dai sindacati bloccò un putsch di destra tentato a Berlin dal comandante della guarnigione e da un alto funzionario. La destra uccise Erzberger che aveva firmato il trattato di pace, e Rathenau, ebreo e ministro degli esteri impegnato nell'opera di ricostruzione dell'economia tedesca (giugno 1922).
L'Austria divenne una repubblica federale; le menomazioni territoriali le impedirono di rifarsi una struttura economica vitale e autonoma; solo l'intervento del capitale e del controllo estero (tramite la Società delle Nazioni) consentì una certa restaurazione finanziaria nel 1922. La tensione tra i partiti era aspra, i governi deboli.
In Ungheria il regime comunista di Béla Kun, maggio-novembre 1919 fu travolto dalla controrivoluzione di nazionalisti e monarchici guidata dall'ammiraglio Horthy che assunse il potere come "amministratore del Regno": ma il consiglio alleato di Paris aveva escluso dal trono Carlo I d'Asburgo. La situazione finanziaria era in rapido deterioramento, mentre crescevano i risentimenti per i territori sottratti alla "corona di Santo Stefano".
In Bulgaria giunsero migliaia di evacuati dalle regioni perdute. L'esponente del partito agrario Stambolijski attuò una radicale riforma agraria di tipo collettivistico, collegandosi con i partiti contadini di Jugoslavia e Romania. Il ceto dominante spodestato fece assassinare Stambolijski nel 1923.
In Romania l'ingrandimento territoriale portò a una difficile convivenza con grosse minoranze nazionali: magiari, ebrei, tedeschi, ucraini ecc. Il regime democratico e la riforma agraria attuata stentarono a consolidarsi; grave la situazione finanziaria, a pezzi il sistema commerciale (soprattutto in Transilvania).
La Jugoslavia passò da 2 milioni di serbi del 1912 a oltre 14 milioni di serbi, croati, sloveni più altre minoranze. La lotta politica era imperniata sulle modalità della riforma agraria, con programmi radicali violente agitazioni di masse, interventi dell'internazionale comunista (come in Bulgaria), e il ruolo antifederalista e autoritario della monarchia.
La repubblica democratica cecoslovacca guidata dal boemo Tomas Garrigue Masaryk aveva una sostanziale autosufficienza economica, ma con rivendicazioni autonomistiche degli Slovacchi, e resistenze passive delle minoranze tedesche (3 milioni) ungheresi ucraine ebraiche. La riforma agraria colpì i grandi proprietari ungheresi. In politica estera l'alleanza con la Francia rendeva difficile i buoni rapporti con gli stati successori dell'Impero asburgico.
In Polonia erano 28 milioni di ab, con grosse minoranze verso cui era attuata una politica di "ripolonizzazione". Con l'aiuto della Francia fu arrestata l'offensiva di Troskij alle porte di Varsavia, la controffensiva si spinse fino a Kiev (1920-21). Grosse le frizioni con Germania Ungheria Lituania; il sistema politico era frammentato da un gran numero di partiti. La riforma agraria incontrava grosse resistenze, danneggiava molti grandi proprietari tedeschi.
In Grecia l'ambizione della "grande Ellade" si infranse contro la reazione del movimento nazionalista turco. Affluirono, in un paese dall'economia rozza e dalla moneta svalutata, migliaia di profughi dall'Asiaminore; mentre irrequieta era la minoranza macedone e il sistema politico clientelare e diviso.

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La Francia aveva le regioni del nord devastate, la preoccupazione di mantenere l'egemonia militare continentale e ottenere le riparazioni dalla Germania. Ciò la obbligava a mantenere in efficenza un esercito considerevole, con aggravio sul bilancio e cedimento del franco. Nel 1919- 1924 sono i governi del "blocco nazionale". La riconversione dell'industria di guerra e la risistemazione dei reduci provocavano vivaci agitazioni nelle masse operaie.
In Gran Bretagna la disoccupazione divenne un male cronico, il commercio estero non tornò ai livelli precedenti la guerra. Il violento separatismo irlandese portò alla proclamazione dell'indipendenza nel 1919; nel 1920 un progetto di separazione del nord protestante dal sud cattolico, votato dal Parlamento britannico, fu rifiutato dal sud; nel 1921 un trattato tra Irlanda e Gran Bretagna diede all'isola lo status di "dominion": l'Ulster scelse di rimanere nel Regno Unito, mentre il sud divenne Stato Libero d'Irlanda come dominion in seno al Commonwealth. L'Impero si ampliò in africa e vicino oriente, con scacchi (la vittoria di Mùstafa Kemal) e problemi, come il movimento autonomistico indiano guidato da Gandhi. Problemi con la Francia. Nel 1922 salì al ptere un governo esclusivamente conservatore, che mise barriere doganali protettive per rianimare industria e commercio, tariffe preferenziali per i paesi dell'Impero. Per ragioni economiche la Gran Bretagna cominciò a ridurre gli armamenti a partire dal 1925, unica tra tutte le potenze mondiali che invece continuarono nella proliferazione militare.
In Belgio l'avvicinamento alla Francia portò alla partecipazione alle sanzioni contro la Germania, l'invio di truppe nella Ruhr ma senza trarne risultati. L'economia nelle province del nord e dell'est fu ricostruita, ma ripresero le divergenze tra valloni e fiamminghi.

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La pace di Brest-Litovsk imponeva alla Russia l'onere di 6 miliardi di marchi-oro di riparazioni, la concessione dello sfruttamento germanico dell'Ucraina, tariffe doganali preferenziali, la perdita dei territori baltici ecc. Ciò tuttavia permise ai bolscevichi di riorganizzare, grazie a Troskij, l'Armata Rossa e a sconfiggere nel 1917-1920 gli eserciti zaristi (Kolcak, Denikin, Judenic, Wrangel) e quelli occidentali, conquistando il controllo di gran parte dell'ex impero zarista. Nel 1918 il governo rivoluzionario potè trasferirsi da Pietroburgo a Mosca. Le opposizioni furono eliminate dalla polizia segreta: borghesi e nobili erano condannati solo per l'appartenenza alla loro classe, la famiglia dello zar fu soppressa, la nazionalizzazione procedette spesso con l'eliminazione fisica di proprietari e dirigenti di industria banche imprese commerciali. Fu elaborata una prima costituzione della Repubblica Federale dei Soviet di Russia (RFSR) che aveva per ideale "l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo per opera dell'uomo e l'instaurazione del socialismo che non conoscerà né classi sociali né Stato"; l'esercizio del potere politico era riservato ai soviet locali, proprietari dei mezzi di produzione; il diritto di voto, su liste uniche preparate dagli organi del partito, era dato a quelli che avevano la qualifica di lavoratori, con esclusione cioè di borghesi preti oppositori e sospetti, senza distinzione di sesso a partire dai 18 anni. Fu abolita la proprietà privata della terra, nazionalizzate fabbriche banche miniere ferrovie, cancellati i debiti dello stato: il "comunismo di guerra" del 1919-1921 sconvolse l'economia. La produzione paralizzata per mancanza di materie prime e di tecnici; trasporti irregolari e insufficienti per un paese di 20 milioni di km² e una popolazione (ridotta a) 161 milioni; l'abolizione della moneta intralciava gli scambi; i raccolti andavano distrutti, i contadini (80% della popolazione) sottoposti a continue requisizioni, pur di non portare il grano allo stato ne riducevano la coltura; la carestia provocò almeno 15 milioni di morti; la delinquenza raggiunse proporzioni inedite. Nel 1920 è la prima sconfitta dell'Armata Rossa, contro la Polonia: la pace di Riga (marzo 1921) assicurò alla Polonia la frontiera orientale del 1793 e escludeva la Russia dalle province baltiche. A Kronstadt i marinai insorsero al grido di "morte ai bolscevichi, viva i soviet" (febbraio 1921): la rivolta fu domata, ma convinse Lenin a cambiar politica.
Nel dicembre 1922 in occasione di un congresso dei soviet fu proclamata l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) comprendente quattro repubbliche (Russia Ucraina Bielorussia Transcaucasia; quest'ultima era formata da Azerbaigian Georgia e Armenia), cui si unirono nel 1924 le repubbliche di Turkmenistan e Usbechistan, e nel 1929 quella del Tagichistan.

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La zona più fortemente investita dal conflitto europeo fu quella del mediterraneo sud orientale.
Si preferiscono usare come termini di riferimento geografici questi, rispetto agli europocentrici "vicino oriente" (Sud-est mediterraneo e paesi del Golfo Persico), "medio oriente" (paesi affacciati sul nord dell'oceano indiano) ed "estremo oriente" (paesi del pacifico dell'ovest).
Dallo sfacelo dell'Impero Ottomano nacque la Turchia nazionale e laica. Vistoso il consolidamento dell'influenza inglese e francese, e l'affacciarsi di nuove forze politiche anticoloniali ma anche in contrasto tra di loro. La Turchia aveva ottenuto la revisione del trattato di Sèvres, cacciato i greci dall'Asiaminore, accolto le popolazioni turche della Tracia (il trasferimento di queste popolazioni coinvolse più di 1 milione di persone). All'interno Kemal impose con misure dittatoriali il nuovo indirizzo occidentalizzante dopo aver proclamato la repubblica, abolito il califfato (marzo 1924), soppresso gli istituti di insegnamento religioso islamico e i tribunali islamici, creando nuovi problemi politici e religiosi per i paesi islamici. In politica estera la giovane repubblica era appoggiata dai francesi in funzione anti-inglese. I nuovi stati arabi (Iraq, Arabia saudita, Jemen, emirati indipendenti dell'oceano Indiano e del golfo Persico) erano in preda alle lotte dei clan, agli intrighi delle famiglie dinastiche, mentre le grandi compagnie petrolifere gareggiavano per assicurarsi lo sfruttamento dei campi petroliferi. In Palestina, sotto amministrazione inglese, il conflitto è tra popolazioni arabo-musulmane, cristiana e ebraica. Gli ebrei vogliono ricostruire una "home" ebraica, ricordando le promesse di Balfour. In Libano e Siria sotto amministrazione francese, è un movimento autonomistico e indipendentistico. In Persia, in bilico tra conservazione e ammodernamento, la lotta tra i clan, e l'azione sovietica in funzione anti-inglese: nel 1921 Reza Khan fa un colpo di stato e firma un trattato di amicizia con l'URSS, ottenendo, in cambio della neutralità persiana, la rinuncia ai diritti e concessioni che erano appartenuti all'impero zarista.

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Fenomeni nazionalistici sono attivi in africa del nord (con tendenza panislamiche); in Africa del sud è il movimento degli "afrikander". Le ex colonie tedesche sono ridistribuite tra inglesi francesi e belgi. Si consolida il controllo inglese sull'Egitto, ma con il riconoscimento della sua indipendenza aggiungendosi così a Liberia e Etiopia. Nel complesso l'africa rimane in piena dipendenza economica-politica delle potenze europee.

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L'Afganistan riconobbe l'indipendenza nel 1919, ma vi si scontravano diversi influssi: turco-islamico, anglo-occidentale, russo-socialrivoluzionario In India gli esponenti del movimento nazionale guidati da Gandhi sperano, come ricompensa della loro fedeltà al Commonwealth, nell'autonomia. La Gran Bretagna solo lentamente si decide di attuare le riforme promesse sulla base delle proposte 'Montagu-Chelmsford'. Nell'aprile 1919 è il massacro di Amritsar, che non ferma il movimento nazionale, rinfocolato dall'aumento della pressione fiscale e dalla carestia.

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In Indocina, che aveva dato un grosso contributo di sangue sui campi di battaglia francesi, vivaci i movimenti nazionalistici, anche per la suggestione della vicina Cina.
In Cina il programma di modernizzazione di Sun Yat-sen fallisce: la resistenza della casta feudale si allea con l'anarchia militare dei "signori della guerra". La partecipazione della Cina alla guerra aveva ottenuto l'abolizione delle umilianti capitolazioni, ma nel 1922 la Cina fu oggetto di un "accordo delle nove potenze" che stabiliva per il paese il principio della "porta aperta", il ritiro delle truppe straniere ma anche un comitato internazionale per il controllo della stabilità del governo cinese. Si delinea una scissione tra il nord conservatore e il sud più avanzato, e i tentativi di unione falliscono. Continua l'interferenza delle potenze straniere: URSS, USA e Giappone. Mosca nel 1921 creò accanto al Kuo-min Tang (partito nazionale del popolo) di Sun Yat-sen un partito comunista (Kung-ch'an Tang), a Shanghai; i giapponesi accentuarono la penetrazione economica. La xenofobia che nel 1922 era soprattutto anti-inglese, divenne anti-giapponese, sfruttata dal governo nazionalista di Canton. Con la morte di Sun Yat-sen nel marzo 1925 seguono anni confusi.
Al Giappone il conflitto europeo aprì insperate possibilità d'espansione. Ottenne il mandato sugli arcipelaghi tedeschi del Pacifico (a nord dell'equatore), l'attribuzione dei "diritti" tedeschi nella provincia cinese dello Shan-tung. Questi ultimi furono restituiti nel dicembre 1922, per un accordo nippo-cinese (a Washington). Con il Trattato delle nove potenze (febbraio 1922), tra USA Gran Bretagna Francia Italia Belgio Olanda Portogallo Cina e Giappone, ci si impegnava a rispettare la sovranità indipendenza e integrità della Cina in nome del principio della "porta aperta". Il 13 dicembre 1921 USA Gran Bretagna Francia Giapponesi impegnavano al mutuo rispetto dei diritti rispettivi nel Pacifico; con la convenzione del 22 dicembre 1921 fu stabilito il rapporto tra il tonnellaggio globale delle flotte nordamericana inglese (5), giapponese (3), francese e italiana (1,75). All'interno l'economia era in crisi fin dal 1918: il carovita aveva provocato disordini, tra gli estremisti erano affiorate idee comuniste, venne avanzata la richiesta del suffragio universale. Premuto dall'eccesso di popolazione il governo giapponese mantenne l'annessione della Corea (1910) nonostante le proteste cinesi; la ripresa concorrenza europea e nordamericana portò fin dal 1921-22 a una depressione economica che colpì soprattutto l'industria tessile e cantieristica navale, aggravando il disavanzo della bilancia commerciale. Le teorie geopolitiche dello spazio vitale trovarono eco favorevole per giustificare l'espansionismo verso la Cina.

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Gli USA tornarono all'isolazionismo, firmando un proprio trattato di pace con la Germania nel 1921. Si inserì il contenzioso tra USA e alleati europei: gli USA avevano prestato agli alleati belligeranti circa 10 miliardi di dollari (8750 milioni alla sola Gran Bretagna): alla fine della guerra se ne voleva la restituzione; gli alleati europei consideravano la somma come contributo degli USA alla guerra. Enorme problema era dato dalla riconversione dell'industria bellica e dal reinserimento dei reduci. L'espansione del credito all'interno e all'estero aumentò la speculazione. Il proibizionismo puritano aveva dato impulso a una organizzazione gigantesca di contrabbando il cui controllo era in mano alla malavita.
Il Canada rimaneva nell'Impero britannico, ma accentuò i suoi legami con gli USA.
In centro e sudamerica è l'instabilità delle strutture interne, i problemi dell'agricoltura, della distribuzione delle terre, del collocamento dei prodotti a prezzi remunerativi; Brasile e Argentina sono controllati finanziariamente dal capitale USA, ma l'europa rimane il più importante acquirente dei loro prodotti.

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I paesi maggiormente impegnati nelle azioni di guerra adottarono un po' tutti gli stessi sistemi di chiusura degli spazi di libertà e di perseguimento delle opposizioni. Una chiusura che in alcuni paesi fu proseguita anche al termine della guerra con l'adozione istituzionale della censura e del controllo sociale, praticato nel periodo di guerra a livelli mai prima attuati (in linea con le caratteristiche di guerra di massa della guerra europea). Una censura e un controllo sociale che colpirono innanzitutto le espressioni intellettuali e artistiche.
Lo scontro ideologico portato dalla guerra, con il bisogno di schierarsi chi da una parte chi dall'altra determinò conflitti e divisioni. Innanzitutto tra il movimento pacifista e quello interventista; molti internazionalisti pre-guerra divennero accesi nazionalisti: si pensi al grosso del movimento socialista prebellico di tutti i paesi belligeranti, ma anche a molti singoli intellettuali. La temperie ideologica indebolisce l'autorità di personaggi come Verhaeren, Apollinaire, Herwarth Walden. Furono costretti a sospendere o al trasferimento permanente alcune istituzioni artistiche chiave: i "Balletti russi" (Ballets russes) di Djagilev emigrarono oltre atlantico; la casa editrice Rowohlt di Berlin che aveva svolto un lavoro pionieristico dovette chiudere i battenti per sei anni.
La guerra uccise artisti come Franz Marc e Boccioni, Péguy e Wilfred Owen, il giovane Alfred Lichtenstein (autore della poesia Preghiera prima della battaglia) e tanti altri. Ci furono confische di beni, internamenti di stranieri; altri artisti cercarono di sfuggire alla guerra rifugiandosi in paesi neutrali: Picabia e Duchamp dell'avanguardia Parisna emigrarono a New York, Mondrian rientrò in olanda ecc. Tra coloro che parteciparono alla guerra, in gran parte giovani intellettuali ancora in fase di formazione, tutti ne subirono un mutamento profondo. Per la maggior parte di essi si trattò di conoscere una realtà terribile, inimmaginabile per giovani provenienti in gran parte dalle classi medio-alto borghesi. Ciò ebbe riflessi chiari sulle produzioni post-belliche, maggiormente caratterizzate dallo scetticismo e dalla diffidenza antiretorica. In Inghilterra ad esempio l'arte maggiormente influenzata fu la poesia, chiamata a esprimere un mondo improvvisamente sconvolto; meno dubbi sul valore della guerra in Francia, dove del resto si stava combattendo sul proprio suolo; voci discordanti provenivano invece dalla vicina Svizzera; in Germania le voci contro la guerra cominciarono a riprendere fiato man mano che declinavano le speranze di vittoria; la caduta della monarchia in Russia determinò un forte movimento pacifista internazionalista. Altri intellettuali invece ricavarono dall'esperienza della guerra conclusioni del tutto diverse: Ernst Jünger ad esempio ne vide aspetti primordiali, mistici: la guerra come fonte di rigenerazione spirituale.
L'Europa esce dalla guerra del 1914-1918 dissanguata e lacerata. I mutamenti che la guerra arreca, portando a compimento processi germinativi dei decenni precedenti, eliminando manifestazioni proprie alla società del secolo precedente e facendone emergere di nuovi, sono vissuti dalle società europee con una serie di contraccolpi e scosse di assestamento. Si ricerca una nuova posizione di equilibrio. Il periodo tra le due guerre (1918-1939) è un periodo non pacifico. Le scosse d'assestamento provocano crolli di miti e instabilità sociale, cui si risponde in maniera non sempre consona o efficace.
La rivoluzione sociale nell'Impero zarista è forse il più grosso problema per le classi al potere. Esse rispondono aumentando la pressione poliziesca interna, concedendo alcuni "diritti" alle masse che premono con sempre maggiore coscienza politica, cercando di isolare geopoliticamente l'impero dopo il fallimento dei tentativi di invasione diretta e di sovvenzionamento della dissidenza interna. La crisi post-bellica - il riassorbimento dell'enorme numero di reduci, la crisi economica data dalla riconversione degli apparati militari, il problema dato dalla crisi agricola - crea instabilità in molti paesi. L'emergere degli USA come potenza economica e potenza militare si fa sentire anche nei mercati interni nazionali. La nuova crisi che si presenta nel 1929 è scardinante, dal punto di vista sociale.
Alla crisi del 1929 i paesi rispondono con l'interventismo statale, data l'incapacità dei gruppi industriali a rispondere in maniera autonoma alle esigenze di ristrutturazione economica. Ciò significò, nei paesi in cui era assente una tradizione democratica, la presa del potere da parte di singoli individui (dittatori) o di gruppi ristretti, che si appoggiano sul consenso delle masse. E' il fenomeno delle dittature che interessa l'Italia, molti paesi slavi, la Russia, e la Germania. E' il fenomeno macroscopico più evidente tra le due guerre, anche a livello di costume. E da questo punto di vista ciò che succede in Russia è simile a ciò che succede in Germania, il tentativo di instaurare un governo democratico (basato sui soviet) fallisce: e tuttavia una diversità di fondo rimane tanto è vero che la Germania nazista individuerà proprio nella Russia il vero nemico: i regimi dittatoriali all'ovest nascono anche e soprattutto per controbattere le spinte egualitarie e antiborghesi proprie al movimento socialista russo. D'altra parte anche le "democrazie parlamentari" sono interessate a fenomeni di arroccamento, tanto più che anche dal punto di vista della pubblicistica le realtà dittatoriali si pongono in opposizione ai sistemi democratico-parlamentari che nei loro paesi essi hanno abbattuto.
Il successo politico dei regimi dittatoriali, la necessità di rispondere a una crisi economica che non si è risolta ma che si è solo rimandata, e il bisogno di cercare sempre nuovi elementi per ottenere il consenso delle masse, spinge questi regimi all'espansione politico-territoriale, profittando dei problemi nazionalistici irrisolti dalla guerra precedente. L'Europa è così interessata a una nuova sanguinosa guerra, dopo quella del 1914-1918, scatenata proprio da quegli stati che avevano scatenato la guerra precedente (molti vedono una continuità di fondo tra le due guerre, parlando di un unico periodo di guerra, una guerra lunga trent'anni, con episodici e circoscritti momenti di pace in alcune regioni).

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E' stato scritto che una delle caratteristiche più nuove del secolo è la presenza della massa. La guerra era stata un grande avvenimento di massa; la stessa rivoluzione in Russia era stata possibile per il coinvolgimento della massa. La massa diventa il problema principale della classi al potere, e diventa il problema degli intellettuali che si pongono o in posizione aristocratica e di disprezzo, oppure populisticamente si rivolgono a essa. I regimi dittatoriali richiedono la presenza plaudente delle masse a sanzionare le loro decisioni con il consenso. Si sviluppa in questo periodo la propaganda, arte del consenso; si sfruttano i nuovi mezzi di comunicazione di massa: non solo i giornali e le riviste, ma il cinema e la radiodiffusione. Alla fine del 1921 sorgono negli Stati Uniti le prime stazioni radio commerciali; nel 1922 nasce la BBC inglese; nel 1923 iniziano le trasmissioni tedesche. Altro veicolo importante, soprattutto per la diffusione della musica, diventa il disco, sempre più perfezionato (nel 1923 appaiono i primi dischi incisi su entrambi i lati; nel 1925 sono immesse nel mercato le prime incisioni elettriche).
In effetti il ruolo della stampa ha incrementi notevoli soprattutto nei paesi che prima della guerra non avevano uno sviluppo in questo senso. Nei paesi tradizionalmente già ad alto livello i periodici continuano la loro espansione, ma moderatamente. La crisi endemica nel settore porta a favorire le concentrazioni e i rivolgimenti proprietari. Così ad esempio in Inghilterra un quotidiano come il «Daily Herald», vicino alla sinistra ma indipendente dal Labour Party, nel 1926 fu rilevato da due gruppi privati, e il «Daily Worker» fondato nel 1930 rimase l'unico organo dell'estrema sinistra inglese, sostenuto grazie ai contributi delle organizzazioni politiche. Diversamente le cose per i quotidiani e periodici commerciali, impegnati nella 'battaglia commerciale' fatta di vendite, e di offerte ai lettori di gadgets di vario tipo (assicurazioni, regali di libri, macchine fotografiche, servizi da tè ecc., secondo un metodo di commercializzazione importato dagli USA). L'«Express» raggiunse in questo modo per primo in Inghilterra una tiratura di 2 milioni di copie, seguito poco tempo dopo dall' «Herald». E tuttavia, a fronte delle massicce campagne di promozione, in Inghilterra il numero delle copie di giornale venduti non aumentò tanto quanto gli sforzi fatti. I giornali nazionali del mattino salirono da 8.567.000 copie del 1930 ai 9.903.000 copie del 1937. I giornali della domenica passarano da 14.600.000 (1930) ai 15.700.000 (1937). Ciò che avveniva in Inghilterra era la risposta di un mercato evoluto e tendenzialmente stabile ai mutamenti sociali in atto. Si veda il mutamento dello stile dei giornali popolari: titoli più grossi, più illustrazioni grazie anche al miglioramento delle tecniche di riproduzione fotografica, composizione più elaborata. L'invenzione della piccola macchina fotografica Leica ridusse i costi delle fotografie e a questo si accompagnarono nuove tecniche di fotoincisione a buon mercato. Nel 1934 il «Daily Mirror» divenne proprietario del filofascista Rothermere, e con la consulenza di una agenzia pubblicitaria nordamericana dette una virata verso lo stile conciso, grandi titoli, riduzione al minimo della parte di testo, gran numero di fumetti. I giornali 'seri' che potevano contare su una pubblicità costante e danarosa continuarono invece i sobri schemi consolidati, anche se il «Times» inaugurò una nuova veste tipografica. «Times» e «Observer», che negli anni '30 appartenevano alla famiglia Astor, erano in Inghilterra il baluardo delle classi conservatrici al potere.
Se il mercato dei giornali in Inghilterra era sostanzialmente stabile anche se in cauto mutamento, quello radiofonico che in altri paesi sconvolgeva abitudini e usi, ebbe grosse limitazioni. La radio aveva popolarità e influenza enormi, ma sotto la pressione dei gruppi editoriali la BBC non trasmise il giornale radio prima delle 6 del pomeriggio fino alla crisi di Monaco del 1938, e fino alla fine degli anni '30 vigeva la 'domenica di Reith' durante la quale non si trasmetteva niente (escluso il bollettino meteorologico) fino a mezzogiorno e mezzo, fino a quando finivano cioè le funzioni religiose: dopo di che seguivano solo discorsi religiosi e musica 'seria'. Mentre la radio nordamericana aveva già un taglio commerciale, la BBC era la diretta espressione del potere costituito.
Diversamente le cose andarono nei paesi che conobbero la dittatura, in cui la radio fu usata come mezzo di ricerca del consenso 'oceanico' ai regimi.

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In campo musicale l'avanguardia conosce le produzioni di Schönberg e di Stravinskij, allora in contrapposizione; con tutti i loro seguaci: Hindemith, Bartok, Weill, Milhaud, Honneger, il microtonale ceco Alois Haba; ma anche Prokof'ev, Janacek, Ravel, De Falla, Casella e Malipiero; Copland e Walton ecc. Il jazz migliore di quel periodo è nei dischi di Duke Ellington con la sua Cotton Club Orchestra, i Molers di Miff Mole, i vari gruppi di Chicago della metà degli anni '20; mentre restano indimenticabili le esecuzioni di solisti come Louis Armstrong, Bessie Smith, Earl Hines.

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In filosofia l'idealismo ha prestigiosi esponenti (Croce, Robin George Collingwood) ma è in declino. Alla testa del movimento filosofico è la cultura tedesca che, prima degli esiti nazisti, prepara i più audaci sviluppi della scienza e le più spregiudicate analisi dell'esistenza. Dalla cultura tedesca hanno origine i due più rilevanti movimenti filosofici di questi anni: il positivismo logico e l'esistenzialismo.
Il positivismo logico deriva dal "circolo di Vienna", con influenza da parte di pensatori inglesi attenti alle matematiche e alla logica. Contesta la possibilità metafisica, tenta di fondare la filosofia come scienza, usando l'analisi logico-linguistica. La corrente si diffuse nel mondo anglosassone con Bertrand Russell (1872\1970) che attuava l'incontro tra la tradizione empirica inglese e la logica contemporanea. Lo statunitense John Dewey (1859\1952) con il suo "strumentalismo" derivato dal pragmatismo e dall'evoluzionismo, attirò l'attenzione sui rapporti tra uomo e il suo ambiente, sulla possibilità di modificarli in senso favorevole alla vita individuale e associata.
L'esistenzialismo ebbe impulso per la rinascita della filosofia di Sören Kierkegaard. E grazie alla fenomenologia di Edmund Husserl (1859\1938). Martin Heidegger (nato nel 1889) proponeva di cogliere l'esistere attraverso l'atteggiarsi dell'esistente, il cui senso autentico consiste nel "vivere per la morte", di cui si prende coscienza con l'angoscia. In questo modo si espresse la "crisi della filosofia", la crisi di sfiducia dell'uomo contemporaneo nella possibilità di una scienza esauriente dell'essere (cioè della metafisica).
Nell'europa continentale si mantennero vive le filosofie realistiche tradizionali, e il materialismo dialettico marxista. Successo ottenne l'antipositivismo di Henry Bergson (1859\1941), spiritualista e intuizionista, particolarmente in Francia.
L'ideologia nazionalsocialista fu sviluppata sia da Hitler, con La mia battaglia (Mein Kampf, 1923-24), con il suo ripudio dello "spirito ebraico" e la volontà di rinascita della Germania attraverso la liberazione dal "marxismo" della socialdemocrazia, sia da altri teorici, in primo luogo Alfred Rosenberg autore de Il mito del XX secolo : una valutazione delle lotte per il rinnovamento spirituale del nostro tempo (1930): fonte di tutti i valori genuini era l'"anima della razza" nordica o ariana: in nome del "mito del sangue" auspicava la reintegrazione di una genuina civiltà germanica, imperniata sui valori della libertà e dell'onore, e una lotta decisa contro ebrei e cristianesimo oltre che contro bolscevismo e internazionalismo.
In campo teista l'organizzazione di studi e proselitismo è affidata alle chiese, le più importanti delle quali in occidente sono quella cattolica, quelle protestanti, la ortodossa e l'ebraica. Con Pio XI (1922-1939) la chiesa cattolica ha un processo di accentramento dei poteri; si stipulano concordati anche con regimi totalitari per assicurare giuridicamente ed economicamente la vita cattolica; si ha uno sviluppo della formazione culturale del clero, con progressi nell'azione missionaria nei paesi extraeuropei con la formazione di un più numeroso clero indigeno.
Più inquiete e intaccate dall'indifferenza religiosa le chiese protestanti. Si accentua il distacco tra credenti chiesastici e "liberali" che si pronunciavano per una religiosità più personale. La "teologia dialettica" dello svizzero Karl Barth (1886\1968), riferendosi a Kierkegaard, afferma contro la teologia "liberale" dominante, l'assoluto valore di Dio e l'assoluta negatività della creatura, e la realtà invisibile della Chiesa. Tra i protestanti è forte la tendenza ecumenica, lo sforzo organizzativo di superare il particolarismo: furono fatte conferenze, come quella di Edimburgo (1937, convocata dal movimento "Fede e Istituzione") e di Oxford (1937, convocata dal movimento "Vita e azione", la corrente del cristianesimo pratico). Vivace l'attività filantropica e missionaria, nonostante alcuni insuccessi (come in Cina). Debole l'ortodossia greco-slava, con le persecuzioni del governo di Mosca, mentre al patriarcato di Costantinopoli rimanevano poche migliaia di fedeli e il nuovo governo turco lasciò solo le funzioni religiose. La sistemazione post- bellica aveva incoraggiato il sorgere di chiese ortodosse indipendenti (autocefalia).
Il "popolo" ebraico resta disperso. Più viva rimane la fede nei gruppi dell'europa orientale; più numerosi i "liberali" tra gli occidentali, soprattutto in USA dove vivono 4 milioni di ebrei. Il risultato più importante della prima guerra mondiale fu per l'ebraismo la ripresa dei rapporti con la Palestina, dove si attuò una difficile ma crescente immigrazione: alla fine del 1939 vi sono circa mezzo milione di persone. Nello stesso anno si trovano sotto il dominio nazista oltre 2 milioni e mezzo di ebrei (¼dell'intera popolazione giudaica europea).

Vai inizio pagina Ampliamenti economici e scientifici

Accanto ai grossi squilibri politici, in questo periodo avvengono grossi passi avanti nei campi economici e scientifici. L'economia mondiale conosce sensibili mutamenti geografici e strutturali: la rivoluzione industriale si diffonde in paesi prima scarsamente toccati: Canada, Australia, Brasile, Argentina, Africa del sud. Si ha uno spostamento del centro di gravità economico del pianeta verso ovest, dall'atlantico al Pacifico grazie ai progressi economici dell'ovest nordamericano, del Giappone e dell'Australia. Si ha un relativo declino dell'europa come "officina del mondo" e centro del commercio e della finanza mondiale a vantaggio degli USA.
Declina il carbone come fonte di energia, tendenzialmente sostituito da petrolio e centrali idroelettriche. Ciò favorisce la dispersione industriale, la creazione di fabbriche in posti lontani dai bacini carboniferi. I combustibili liquidi hanno importanza crescente: nel 1935 danno il 16% del totale di energia, contro il 4% del 1913. Si sviluppa accanita la corsa ai giacimenti petroliferi.
Cresce l'industria chimica, per la produzione di surrogati come i concimi azotati, la benzina, la gomma sintetica. L'industria dell'acciaio è richiesta dalla giovane industria automobilistica; si sviluppano l'industria dell'alluminio e delle leghe speciali.
In edilizia il legno è sostituito nei paesi ricchi da cemento mattoni e ferro; in compenso la pasta di legno è sfruttata per la carta e la produzione di tessuti artificiali (rayon). L'avvento di questi tessuti danneggia l'industria del cotone che però rimane una voce basilare nella produzione e commercio dei tessili. Ha una sosta l'industria ferroviaria, mentre si sviluppano quella automobilistica, aerea; e quella della radio e del cinema.
In agricoltura l'uso di macchine e di concimi idonei aumenta la produzione, mentre la scoperta di nuove varietà consente lo spostamento geografico delle colture (scoperta di un tipo di grano a maturazione rapida in Canada). Cresce il processo di concentrazione industriale, finanziario, commerciale. Ciò porta a una ipertrofia dell'impresa capitalistica, ma anche allo straordinario potere dei "re dell'industria": si pensi allo statunitense Rockefeller, il tedesco Stinnes, il boemo Bata, l'olandese Deterding, i giapponesi Mitsui e Mitsubishi.
Cresce l'importanza dell'economistica, non solo con l'approfondimento degli studi ma anche con una maggiore influenza degli esperti economisti sulla politica degli stati. Accanto al pensiero liberale, con la fiducia nell'automatica regolazione dei prezzi e dell'interesse, è la teoria di John Maynard Keynes (1883\1946) autore della Teoria generale sull'occupazione, l'interesse e la moneta (1936): egli attacca la nozione dei meccanismi auto-regolatori della tradizione liberale, giunge alla necessità di un multiforme intervento dello stato nella vita economica, per rafforzare il capitalismo rimediandone ai mali delle ricorrenti crisi e disoccupazione. La teoria marxista propugna invece la proprietà pubblica di tutti i mezzi di produzione. Si comincia a usare la statistica in economia per interpretare le variazioni di congiuntura.
Notevolissimi i progressi scientifici e tecnici. Nel campo della fisica i coniugi Joliot & Curie scoprono nel 1933 la radioattività artificiale. Max Born nel 1927 elabora la teoria probabilistica dell'elettrone. Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger la meccanica quantistica (1925-1926). Nel 1918 è la prima disintegrazione artificiale dell'atomo a opera di Rutherford. Nel 1925 Millikan scopre i raggi cosmici. Nel 1934 Chadwik i neutroni. Nel 1928 Einstein elabora la teoria del campo unificato.
La chimica è in grado di sintetizzare un gran numero di nuove materie, con ripercussioni nell'industria (materie coloranti e plastiche, fibre e medicamenti ecc.). Si sviluppano nuovi campi come la spettrochimica (l'"effetto Raman" è scoperto nel 1928 dal fisico indiano).
In biologia sono identificati gli ormoni, si analizza al microscopio la cellula, si sviluppa la genetica ecc. Chimica e biologia permettono progressi alla medicina, con la scoperta delle vitamine, dell'insulina (1933), della penicillina (Alexander Fleming, 1928), dei sulfamidici (1937). La medicina fa progressi nel campo dell'anestesia e diagnostico grazie alla radioattività. Nei paesi più ricchi fu migliorata l'organizzazione della medicina curativa e della profilassi, anche nei confronti dell'infanzia.
Nel 1925 si realizza la sintesi dei carboidrati, nel 1927 quella del caucciù sintetico. Nel 1927 le prime realizzazioni della televisione. Nel 1935 l'inglese Robert Watson-Watt concreta il primo radiolocalizzatore a impulsi (radar).

Vai inizio pagina Fiction e ideologie

La fiction tende a svilupparsi attraverso la ricerca delle avanguardie, e l'analisi psicologica e d'ambiente della produzione borghese. Sono due prospettive che caratterizzano tutta la prima metà del secolo, fin dai suoi inizi. Nel periodo tra le due guerre le due prospettive sono profondamente scosse dalla crisi sociale e politica che investe l'europa; una guerra sanguinosa che scombussola certezze e che lascia profonde ferite, il bisogno di giustizia sociale che sta alla base di una rivoluzione e che scatena passioni divergenti (paura, speranza), la crisi delle democrazie e monarchie borghesi. La produzione borghese è allettata dalle tentazioni intimiste; prosegue la strada del realismo ma piuttosto stancamente; oppure segue le linee del decadentismo di maniera. Le avanguardie da parte loro proseguono nelle ricerche di tecniche espressive nuove e diverse, ma non più solo nella prospettiva di porsi in funzione "anti" (anti-borghese, anticlericale, anti- accademica); per un certo periodo si accarezza la possibilità di far parte di una prospettiva di rinnovamento reale, tutt'uno con il momento politico: di qui tutte le speranze connesse con il movimento bolscevico. E in certi momenti le avanguardie, proprio in questo periodo e per la prima volta nella loro storia, hanno una risposta di massa, cosa che non era mai accaduta prima - le avanguardie del primo novecento sono state fenomeni socialmente ristretti: ebbene, in questi anni le avanguardie posseggono ciò di cui sono sempre state criticate di mancare: di un pubblico, una funzione, una unità, un centro vitale. Nell'ambizione di essere parte di un momento di rinnovamento collettivo delle strutture della società e della vita degli uomini, le avanguardie finiscono schiacciate dall'avvicinamento con la politica che, più compiutamente a partire dagli anni '30, sceglie la repressione come metodo più efficace per raggiungere i propri scopi (così in Germania come in URSS o negli stati borghesi).
Si individuano per quest'epoca quattro filoni principali, cui fanno riferimento, trasversalmente, le quattro forme di fiction (narrativa, poesia, cinema e teatro): Dei quattro filoni individuati, quello borghese è quello dominante: gli altri tre si misurano rispetto a esso, distaccandosene per contrapposizione più o meno netta, ma avendo quasi sempre una derivazione da esso (se non altro a causa di una appartenenza originaria di classe degli autori). Il filone borghese dominante, moderato e conservatore, esprime i progetti di una classe al potere, ampiamente istituzionalizzata e strutturata come oligarchia. Da questo filone germinano gli altri: quello progressista nella sua triplice componente: riformista, ribellista e analista. All'aspetto analista fanno riferimento i grandi romanzieri psicologisti del secolo, che continuano la tradizione del romanzo borghese del secolo precedente. All'aspetto ribellista e riformista appartengono rispettivamente le avanguardie, e gli sperimentatori delle nuove forme: nei primi è un impulso romantico, di matrice in parte anche aristocratica; nei secondi gli influssi derivati dalla nuova società moderna, con le sue macchine e i nuovi mezzi di produzione. Quando l'innovazione formale e contenutistica verso cui aspirano le nuove frange trova la repressione dell'accademia, il ribellismo si salda con il mito della rivoluzione proveniente dal movimento operaio socialista e comunista: qui la denuncia contro la borghesia permette l'interessarsi dapprima verso le nuove forme espressive, poi verso la descrizione della realtà sociale d'oppressione; quando quella rivoluzione diventa istituzione, provvede a dar sfogo alla necessità dell'opera di propaganda, tramite l'impiego del realismo (fase che la borghesia occidentale ha già superato, mentre non è così in URSS dove la borghesia-partito giunge solo ora, e nelle forme particolari di quella storia, a questa necessità espressiva). Il mito della rivoluzione e della palingenesi funziona sia da attrazione che da repulsione: si sviluppa, accanto a un movimento comunista internazionale, un movimento nazionalista, con caratteristiche antitetiche a quello (misticismo vs realismo, dittatura vs democrazia, nazionalismo vs internazionalismo ecc.).
Già questa schematizzazione rende conto del carattere parziale che le "frontiere" individuate presentano. Perché ad esempio il filone borghese si regge essenzialmente su una alleanza tra vecchie classi di potere, comprese quelle monarchiche e aristocratiche, e dunque presenta al proprio interno anche caratteristiche provenienti da queste classi; al ribellismo fa alimento non solo il manifestarsi di nuove classi borghesi che vogliono conquistare il potere o sostituire le vecchie classi borghesi, ma anche classi escluse dal potere perché precedentemente sconfitte (comprese frange aristocratiche); il filone borghese moderato nell'indagare la psicologia esprime un disagio "epocale" che porta al confine con le manifestazioni d'opposizione più plateali e coscienti dei movimenti culturali d'opposizione; d'altra parte esiste un aspetto reazionario nell'ambiente culturale socialista russo, cresciuto all'inizio sulla base del ribellismo e del riformismo, ma poi costretto a doversi difendere dagli attacchi del sistema mondiale di dominio (l'alleanza tra classi aristocratiche e borghesia): ciò per cui in Russia dopo gli iniziali entusiasmi dell'avanguardia formalista, si registrerà una decisa persecuzione del ribellismo. Il ribellismo, sotto gli attacchi della borghesia, dei nazionalisti, dei neo-borghesi russi, finirà per essere stroncato o assimilato all'interno delle rispettive compagini ambientali.
Facendo da fulcro il fenomeno del ribellismo, fenomeno intimamente individualistico e espressione comunque di un disagio sociale ed esistenziale, possiamo delineare queste parabole: Le prime tre "soluzioni" sono le soluzioni che le compagini statali di questo periodo rinvengono per far fronte alla crisi dei sistemi sociali dell'epoca; la quarta "soluzione" è la soluzione di chi non riesce a ritrovarsi in nessuna forma sociale o politica, tendenzialmente è la posizione di individui arroccati in se stessi oppure intimamente anarchici. Le scelte individuali naturalmente sono sempre non nettamente delineabili, esistono variazioni e sfumature, oltre che evoluzioni e mutamenti di posizione.
In complesso, tra linguaggio spezzato, percezione dell'oggetto, angoscia dell'io e disagio, percezione della massa come desiderio e come paura, speranza palingenetica e difesa dell'ordine, visioni agresti paesane cittadiniste, linguaggio della tradizione e linguaggio del parlato, arroccamento e ricerca di nuovi statuti, in questo periodo convulso e contraddittorio sono tentate le virtualità e possibilità più contrastive.

Vai inizio pagina Generi letterari

L'alta incidenza del cinema, il mutamento del mercato e l'ampliamento della scolarizzazione e dunque dell'accesso della popolazione al fiction porta a una rottura degli equilibri dei "generi" ottocenteschi. E' un fenomeno che riguarda tutto il secolo e non solo il periodo esaminato. Può essere indicativa la posizione di Benedetto Croce che nell'ambito della sua battaglia antipositivista, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, elaborò la prima sistematica confutazione dei generi letterari: ridotta l'arte a intuizione pura, atto individuale irripetibile indivisibile, il genere letterario diventava nella sua estetica uno schema di comodo privo di qualsiasi valore storico o gnoseologico. Tale condanna fu accettata da tutta la critica italiana d'indirizzo idealistico. A conclusioni simili giunse J. Dewey in Arte come esperienza (1934). La posizione di Croce rimanda a un clima culturale fine-ottocentesco. Da quel clima si svilupperanno le poetiche simboliste e dell'arte-per-l'arte. Ciò che importa segnare è la tensione verso il superamento degli antichi generi letterari, che è una caratteristica del nuovo secolo. Fino all'attuale riduzione della fiction a quattro generi fondamentali: narrativa (romanzo e racconto), poesia, cinema, teatro, basati soprattutto sui mezzi di comunicazione piuttosto che sui contenuti o sulle particolarità retoriche (anche se i mezzi influiscono su questi). E certamente al superamento dei generi un grande impulso viene dalle ricerche dell'avanguardia.

Schema: movimenti culturali 1917-1945

inizi del         1917-1920      1920-1930          1930-1945
'900                 
      



naturalismo - - - - - - - intimismo borghese - - - - - - - - - 
              |        |                
              |      umanitarismo
              |
             realismo - - - - - - | 
           di guerra              |
                                  | - sperimentalismo
classicismo  - - -                |   narrativo
                  |               |      |
    imagismo  - - - - - - - - - desolatismo - - - - - - - - - -       
        |                            |                   |
simbolismo - - - - - - - - - - - - ermetismo ital.       |
       |- - - - - - - - - - - - - poetismo ceco          |
                                         |               | 
psicoanalisi - - - - - - - - - - - -|    |               |
                                    |    |               |
futurismo - - - dadaismo - - - - - surrealismo - - - - esisten-
       |                   |                 |         zialismo
       | - - - mov. russo - - - - - - -     | 
       |    cubofuturismo   costruttivismo   | 
       |                                |- - marxismo   
       | - - - - modernismo sudam. - - -|      stalinista
       |       ultrísmo                 |          |
       |                                |          |
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       |                                |        realsocialismo
       |       espressio  - - - - - - - | 
       |       nismo                             nazismo - - - 
       |        |                                 |
nazionalismo - - - - - - - - - - - - - - superomismo  

Contesto

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