César Vallejo

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César Vallejo


Nato a Santiago de Chuco [Perù] nel 1892, morì a Paris nel 1938. La sua vita fu segnata dalle avversità, dovute dalle sue origini modeste e dalla sue condizioni di meticcio, poi per la sua rigorosa militanza marxista. Conobbe giovanissimo la prigio ne; riacquistata la libertà fuggì nel 1923 in europa dove rimase fino alla morte, espulso dalla Francia e poi dalla Spagna. Fece un viaggio in URSS. Durante la guerra civile spagnola si schierò con entusiasmo a favore della repubblica e prese parte a vari gruppi d'avanguardia; con Juan Larrea diresse la rivista «Favora bles Paris Poema».
Il suo primo libro, Gli araldi neri (Los heraldos negros, 1918) è ancora nell'ambito del modernismo simbolista, tranne che per qualche elemento colloquiale. Già in Trilce (1923) accoglie accenti dell'avanguardia, su un fondo di certezze dolori ribel lioni interiori. Un originale impasto metaforico, con una componente visionaria che si sovrappone alla simbologia evangelico-rivoluzionaria è nel suo capolavoro, Poemi umani (Poemas humanos, edito postumo nel 1939), di cui fa parte il poemetto Spagna, allontana da me questo calice (España, aparta de mi este cáliz), inno dei volontari repubblicani. Ha scritto anche il romanzo proletario Tungsteno (1931) e i racconti di Favola selvaggia (Fabla salvaje, 1925).
La sua influenza sulla poesia ispanoamericana è stata anche maggiore di quella di Neruda. Ricordiamo una lirica come "Fidati dell'occhio...": «Fidati dell'occhiale, non dell'occhio; | della scala, non già dello scalino; | dell'ala, non dell'uccello | e di te solo, di te solo, di te solo. || Fidati della perfidia, non del perfido; | del bicchiere, non mai del liquore; | del cadavere, non dell'uomo | e di te solo, di te solo, di te solo. || Fidati di molti, non già d'uno; | dell'alveo, giammai della corrente; | dei calzoni, non delle gambe | e di te solo, di te solo, di te solo. || Fidati della finestra, non della porta; | della madre, ma non dei nove mesi; | del de stino, non del dado d'oro | e di te solo, di te solo, di te solo».

[1997]


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