Konstantinos Kavafis

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Konstantinos Kavafis


Le poesie di Kavafis furono pubblicate nel 1935. Egli ebbe in fluenza sulla produzione letteraria neogreca contemporanea e nel dopoguerra. La sua poesia appartiene al clima del decadentismo europeo. Kostantinos Kavafis nacque a Alessandria [Egitto] nel 1863 (morì nel 1933), trascorse ad Alessandria la maggior parte della sua vita, visitando la Grecia solo tre volte (nel 1901, 1903 e 1932). Il greco, la sua lingua poetica, lo dovette reimparare du rante l'adolescenza. In un primo tempo compose i suoi versi in una lingua epurata ma dopo il 1903 si rivolse al parlato, arric chito di forme dialettali di Costantinopoli e di parole tratte dalla tradizione classica. Scrisse 154 poesie, pubblicate come ho detto nel 1935 - due brevi raccolte erano state stampate nel 1904 e nel 1910 - . Il decadentismo di Kavafis non imita la grande poesia europea di quegli anni ma si ispira al mondo ellenistico pagano-cristiano che nella sua città natale celebrava gli ultimi trionfi, per mistificare o sublimare insopprimibili emozioni personali. Motivi principali della sua poesia, che ha un andamento musicalmente colloquiale, sono l'amore gay, cantato con accenti ora violentemente sensuali ora accorati e nostalgici, l'inaffer- rabilità della bellezza, la storia vista come terreno di scontro tra l'uomo e la sorte e evocata con toni di stoica austerità. Scrive in una delle sue poesie:

«E se non puoi avere la vita che desideri | cerca almeno questo | per quanto puoi: non sciuparla | nell'eccessivo commercio con la gente, | nei traffici frenetici e nelle troppe ciance. | Non sciuparla esibendola | e portandola in giro esposta | alla quotidiana insensatezza | delle rela- zio ni e degli incontri, | fino a renderla una cosa estranea, fastidiosa».

Tra i brani da lui scritti, che rimarranno nella storia della cultura occidentale, poi più volte rievocato per il suo denso si gnificato, è il brano intitolato Aspettando i barbari , scritto da Kavafis nel 1908:

« - Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza? - Stanno per arrivare i Barbari oggi. - Perché un tale marasma al Senato? Perché i Senatori restano senza legiferare? - E' che i barbari arrivano oggi. Che leggi voterebbero i Senatori? Quando verranno, i Barbari faranno la legge. - Perché il nostro Imperatore, levatosi sin dall'aurora, siede su un baldacchino alle porte della città, solenne e con la corona in testa? - E' che i Barbari arrivano oggi. L'Imperatore si appresta a ricevere il loro capo. Egli ha perfino fatto preparare una pergamena che gli concede appellazioni onorifiche e titoli. - Perché i nostri due consoli e i nostri pretori sfoggiano la loro rossa toga ricamata? Perché si adornano di braccialetti d'ametista e di anelli scintillanti di brillan ti? Perché portano i loro bastoni preziosi e finemente cesellati? - E' che i Barbari arrivano oggi e questi oggetti costosi abbagliano i Barbari. - Perché i nostri abili retori non perorano con la loro consueta eloquenza? - E' che i Barbari arrivano oggi. Loro non apprezzano le belle frasi né i lunghi discorsi. - E perché, all'improvviso, questa inquietudine e questo sconvolgimento? Come sono divenuti gravi i volti! Perché le strade e le piazze si svuotano così in fretta e perché rientrano tutti a casa con un'aria così triste? - E' che è scesa la notte e i Barbari non arrivano. E della gente è venuta dalle frontiere dicendo che non ci sono affatto Barbari... E ora, che sarà di noi senza Barbari? Loro erano comunque una soluzione».



[1997]


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