"Orlando furioso"

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"Orlando furioso"


"Orlando furioso"

L'opera maggiore di Ariosto è l'Orlando furioso. Pubblicato nel 1516 e poi nel 1521 in quaranta canti, nel 1532 ebbe una nuova edizione in 46 canti (con l'aggiunta di quattro episodi). Nella terza edizione sono 4842 ottave. Una quarta edizione fu impedita dalla morte di Ariosto. Ariosto sottopose il suo poema a una continua revisione. Dal punto di vista linguistico si trattò di aderire alla teoria toscano-centrica di Bembo, segnando il rifiuto e il superamento della tradizione ferrarese-lombarda. Sopprimendo gli accenti troppo duri, gli eccessi di concretezza descrittiva e i troppi dati culturali della prima redazione, Ariosto giunse a toni più temperati, a una orchestrazione narrativa più fluida. Fa parte del lavorìo compositivo l'esclusione di spezzoni, con episodi redatti in vario tempo. Tra questi scarti spicca il gruppo dei cosiddetti Cinque canti (composti nel 1518-9 o nel 1521-28), che Ariosto aveva pensato di aggiungere al poema, ma a cui rinunciò: in effetti in questi "Cinque canti" prevale un certo moralismo, gli episodi di guerra assumono un tono cupo, delle "prove penitenziali" dovevano servire a riscattare l'anarchia cavalleresca. Un'esclusione indicativa non solo per le finalità complessive dell'opera e di Ariosto, ma anche per il senso che le caratteristiche dell'opera dovevano avere come specchio di un'epoca: quella luminosità cui una civiltà tendeva, lo spirito positivo nonostante le incrinature della realtà, che del resto il poema esprime. Le indecisioni di Ariosto testimoniano di quanto, sotto quegli spiriti positivi, agisse della paura cristiano-penitenziale, ciò che si esprimerà nella seconda parte del secolo con maggiore evidenza.


La trama dell'"Orlando furioso" non ubbidisce a una unità d'azione precostituita, ma procede lungo tre linee essenziali: 1) una linea che si allaccia all'"Orlando innamorato" di Boiardo: la guerra tra cristiani e saraceni nel momento in cui i saraceni guidati da re Agramante, dopo aver sbaragliato l'esercito di Carlo Magno, stringono d'assedio Paris; 2) l'amore di Orlando il più valoroso dei paladini di re Carlo, per Angelica principessa del regno orientale del Catai; 3) i contrasti d'amore tra Bradamante sorella di Rinaldo, ardita guerriera cristiana, e Ruggiero presentato come capostipite degli estensi. La vicenda di Orlando che "venne in furore e matto" è quella centrale del poema, posta a metà dell'opera. Nessuna vicenda ha uno svolgimento lineare. In base alla strategia di Ariosto, tutto è simultaneo. Ariosto asseconda le forze centrifughe attive in un mondo aperto all'avventura, al soprannaturale, al fantastico. Ogni vicenda procede a spezzoni, si alterna e si succede in un gioco fittissimo di contrapposizioni e attenuazioni, finalizzato a un accordo tonale e tematico estremamente equilibrato e efficace. Ariosto (e il lettore con lui) contempla gli estremi positivi e negativi di un sentimento, i limiti che di volta in volta può raggiungere l'azione umana, ne dà una visione armonica conciliatrice. I personaggi sono mantenuti, come nella tradizione del poema cavalleresco, in un clima fantastico, ma tramite essi si ha una rappresentazione di sentimenti, esemplari di una condizione in cui i valori guida dell'agire umano (amore, onore, eroismo) si intrecciano con i disvalori (eros, ferocia, viltà, pregiudizio, tradimento) senza distinzione di campo, cristiano o pagano, senza ambizione di messaggi univoci e moralistici. Così, il tema dell'amore è svolto da una folla di personaggi: la fedele Olimpia, l'innocente e calunniata Ginevra, Fiordiligi in cui è una variazione del tema della fedeltà già rappresentato in Isabella, la bella e volubile Doralice con la concubina Fiammetta che si contrappongono alle appassionate Olimpia e Bradamante. E Angelica la cui fuga costituisce il motore dell'opera: inseguita dai più superbi guerrieri, insensibile alle loro profferte, si innamora dell'umile Medoro, quasi un fanciullo. Una rassegna analoga potrebbe farsi anche per l'amicizia, la nobiltà d'animo, il valore guerriero. "le donne e i cavalier", sia che appartengano al campo cristiano che a quello saraceno (i Rodomonte, Ferraù, Dardinello, Gradasso, Marganorre, Sacripante; gli Oliviero, Rinaldo) sono tutti, nella loro perenne mobilità e disponibilità a ogni avventura umana, protagonisti del poema. A vivacizzare ancora di più il poema, oltre che i sentimenti dei numerosissimi personaggi, concorre la serie di vicende: peregrinazioni, duelli, apparizioni di fate e maghi, incantesimi, fenomeni naturali straordinari, che culminano nell'episodio di Astolfo sulla luna, centro ideologico del poema.


A costituire le cosiddette fonti del poema concorre tutta la cultura di Ariosto, che coincide con quella di un'epoca. Homeros conosciuto in traduzione latina, Virgilius, Lucanus, Oratius, Ovidius ("Metamorfosi" e "Eroidi"), gli elegiaci e i comici latini, Valerius Maximus, Cicero con la tendenza al periodare ampio e plastico, storici e geografi; e ovviamente i poemi francesi, "Orlando innamorato" di Boiardo che Ariosto tiene costantemente sotto mano, il "Mambriano" di Francesco da Ferrara, un po' tutta la tradizione dei cantari cavallereschi in italiano; Alighieri, Petrarca con la sua "aequitas" stilistica, Boccaccio, ma anche Marco Polo e Fazio Uberti. Sono letture che Ariosto assimila e rigenera, inserendole in una prospettiva nuova. Una prospettiva che fa il suo poema fruibile sia dal cortigiano classicista che dai cantatori di piazza con il relativo pubblico. Ariosto è "poeta dell'armonia" (*B.Croce), nell'"Orlando furioso" i contrari sono composti, si ha il progressivo sfumare di un sentimento nell'altro, la sua è una contemplazione affettuosamente distaccata, che preferisce risolvere le contrapposizioni in un sorriso misurato e talvolta ironico, scandito e rinnovato dal succedersi degli incipit dei singoli canti, "luoghi deputati" dell'intervento diretto dell'autore. La libertà concessa ai personaggi dal genere (il poema cavalleresco) permette questa compresenza di elementi umani contraddittori, ricomposti dalla saggezza non metafisica, laica, che Ariosto sfoggia. Il mondo dell'"Orlando furioso" è vasto, geograficamente ma anche dal punto di vista paesaggistico, reale e immaginario; dal punto di vista strutturale alimenta il trapasso di vicenda in vicenda e di tema in tema. Una ricchezza fluente della vita, in cui operano insieme la "virtù" dell'uomo e la "fortuna" (= il caso), visibile anche al livello dell'organizzazione dell'ottava. Ariosto supera la frammentazione e la dispersione del discorso proprie dell'ottava canterina e di quella boiardesca, creando unità strutturali ampie. Opera terrestre e mondana, l'"Orlando furioso" non nega ma ignora il soprannaturale. E' il momento in cui una civiltà riflette e sublima i propri spiriti e i propri valori. Momento in cui, dal punto di vista letterario, si compie il percorso dall'epos al romanzo. Smarriti gli ideali assoluti e totalitari, propri del cristianesimo e della scolastica, Ariosto non si distacca mai dalla sua concreta esperienza biografica, di uomo di corte e di privato, con i suoi affetti e le sue fantasie di evasione. Guarda alla propria epoca, anche agli avvenimenti politici, con occhio non moralistico né semplicistico. E quella che poteva essere solo un'opera celebrativa e retorica di un casato (gli Este) diventa sguardo dall'alto sulle vicende umane, trasfigurate nella favola cavalleresca, abbozzo di discorso storico. La cristianità è così vista come un insieme di forze eterogenee, anche in conflitto tra di loro; i suoi personaggi non sono mai del tutto positivi o del tutto negativi, ma portatori di umana grandezza e altrettanto umani difetti. Il tutto confluisce in un equilibrio che è regola interiore, espressione misurata degli affetti. In questo equilibrio scompare ogni confine tra realtà, finzione e sogno.



[1997]


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