Luis de Góngora y Argote

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Luis de Góngora y Argote

Nato a Córdoba nel 1561, figlio del giudice e letterato Francisco de Argote , e di Leonor de Góngora da cui prese il cognome. A Córdoba e poi a Salamanca studiò giurisprudenza, lettere, matematica senza laurearsi. Si avviò alla carriera ecclesiastica, a 18 anni prese gli abiti minori. Nel 1585 fu economo del capitolo della cattedrale di Córdoba. Si recò in missioni ecclesiastiche a Madrid, Granada, Valladolid, Cuenca, Burgos.
Le sue poesie intanto (le prime risalgono al 1580) si diffondevano, suscitando polemiche. La sua attività letteraria gli creò difficoltà con i superiori. L'arcivescovo Pacheco lo accusò di malcostume: tra i capi d'imputazione, il parlare durante le ceri monie, assistere alle corride, scrivere poesie.
A 56 anni prese gli ordini maggiori. Con l'aiuto di alcuni nobili amici, come Rodrigo Calderón, il duca di Lerma, riuscì a diventare cappellano d'onore di Filippo III. Caduti in disgrazia i suoi protettori, malato, incapace di risolvere i suoi problemi finanziari, cercò la protezione del nuovo favorito, il conte di Olivares. Fu al seguito di Filippo IV.
Colpito da epilessia, tornò a Córdoba. Morì qui, nel 1627. Pochi mesi dopo usciva in Spagna la prima edizione dei suoi componimenti poetici, che suscitarono convinte adesioni e dissensi radicali.

Góngora scrisse testi teatrali, tra cui La costanza di Isabela (Las firmezas de Isabela, 1610), e La commedia del dottor Carlino (La comedia del doctor Carlino, 1613). Sono opere di scarsa compiutezza e incisività.
La sua grandezza è nella vasta produzione lirica. In essa sono due filoni: uno caratterizzato da toni semplici, popolareggianti, dove arguzia e burla hanno toni mordaci e anche aspri, ma anche forme delicatissime, cantate, di incomparabile grazia; un altro filone lussureggiante e straripante di colori e armonie interne, con cui celebra la bellezza stilizzata del paesaggio e dei sentimenti. Non sappiamo se corrispondono a due periodi diversi dell'attività poetica di G., oppure a due modi contemporanei. Góngora scrisse romances, letrillas, sonetti (tra cui alcuni stupendi per struttura e condensazione), e quattro poemi maggiori: la Canzone per la presa di Larache (Canción a la toma de Larache, 1610) con cui inizia la più intensa creatività gongoriana. La Favola di Polifemo e Galatea (Fábula de Polifemo y Galatea, 1612). Le Solitudini (Soledades, 1613) tra le sue cose migliori. Il Panegirico del duca di Lerma (Panegí rico al duque de Lerma, 1616).
Partendo dall'idea classicistica del XVI secolo, che tendeva a raggiungere la bellezza e l'armonia assolute, Góngora crea una poesia che ricava dalla ricchezza della lingua una corrispondente rappresentazione del mondo, una poesia sistematicamente tesa a stupire i sentimenti e soprattutto l'intelligenza. Con estremo virtuosismo, trasforma attraverso la metafora gli oggetti. Egli impiega le più complesse figure retoriche: dalla metafora più condensata e inedita all'iperbato, la sinestesia (la combinazione di sensazioni diverse), fino alla più curiosa delle assonanze o delle allitterazioni. E raggiunge con il suo endecasillabo una musicalità senza precedenti. Góngora crea una nuova logica dentro la logica tradizionale, una poesia aperta all'interno di una poesia chiusa. La sua influenza non si limitò sulla poesia del secolo al gongorismo. Essa agì anche sulla poesia simbolista della fine del XIX secolo (Mallarmé , Guillén).



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