Friedrich Hölderlin

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Friedrich Hölderlin

1) notizie biografiche

Friedrich Hölderlin nacque a Lauffen-on-Neckar [Württemberg] nel 1770. Orfano di padre, fu presto separato dalla madre. Compì studi severi in seminario, maturando un profondo risentimento contro la violenza dei pedanti e la religiosità ufficiale. A Tubinga, nel celebre collegio teologico protestante dello Stift, divenne amico di Schelling e Hegel. Studiò Kant, Spinoza, Rousseau. Nel 1793 fu abilitato all'ufficio di pastore, che tuttavia non volle mai esercitare. In quest'anno è la sua adesione entusiastica agli ideali di libertà della rivoluzione francese. Vi vede il ritorno alla libertà e dello spirito dell'antica Grecia, sogna che la Germania possa diventare la nuova Ellade dell'europa moderna, in una nuova primavera del genere umano.
Si trasferì a Jena, seguì le lezioni di Fichte , frequentò Schiller. A Weimar si incontrò con Goethe e Herder. Nel 1796 divenne precettore dei figli del banchiere Gontard, a Frankfürt. Si innamorò della coetanea Suzette, moglie del banchiere, che divenne l'ispiratrice e il modello di "fanciulla greca" delle sue opere (Diotima). Dopo la forzata separazione da Suzette, visse a Homburg (1800), poi a Hauptwyl [Svizzera] fu per tre mesi precettore presso un commerciante (1801). Chiesto inutilmente a Schiller un incarico di greco a Jena, si trasferì a Bordeaux come precettore nella casa del console di Amburgo. Lasciò Bordeaux il 9 maggio 1802, attraversò a piedi la Francia diretto in Germania, e apprese durante il viaggio che Suzette era morta.
Nel 1804 l'amico I. von Sinclair gli procurò un posto di bi bliotecaro. Era già malato di schizofrenia, le sue condizioni si aggravarono. A partire dal 1806, dopo un periodo di ricovero nella clinica psichiatrica dell'Università di Tubinga, fu dato in custodia a un onesto falegname svevo, Ernst Zimmer. Zimmer si era recato a visitare il poeta dopo averne letto "Hyperion". Il proprietario della clinica, Autenrith, gli propose di ospitarlo a casa sua, e il falegname accettò. Lo alloggiò in una sua torre sulle rive del Neckar. Là visse per 37 anni in una condizione di mite demenza: aveva momenti di fortissima agitazione, di solito legati a ricordi del passato, che diminuirono però con il passare degli anni. Trascorreva il tempo suonando la spinetta e scrivendo strani versi che firmava con il nome di Scardanelli e con altri pseudonimi, ricevendo molti visitatori deferenti e commossi cui si rivolgeva in modo cerimonioso ("Vostra altezza" "Vostra Maestà " "Vostra Santità"), e passeggiando per la stanza (che chiamava, per la sua forma, «l'anfiteatro»), passando ore e ore a contemplare l'amato paesaggio delle valli del Neckar e dello Steinach. Morì qui a Tubinga, a 73 anni, il 7 giugno 1843.

2) opere

Hölderlin scrisse numerose poesie, e la tragedia in versi La morte di Empedokles (Der Tod des Empedokles), giuntaci in tre redazioni successive (1797-1799), incompiuta. Nel suicidio del filosofo greco, rappresenta il desiderio di immolarsi per la redenzione degli uomini ma anche l'ambizione di uguagliarsi ai celesti.
Romanzo epistolare è Hyperion o L'eremita in Grecia (Hyperion oder der Eremit in Griechenland): la prima stesura risale al 1793, quella definitiva al 1797-1799. Il giovane greco Hyperion invia dalla Grecia all'amico Bellarmino lettere cariche di un'amara delusione. Allevato nel culto della Grecia antica dal maestro Adamas, è offeso dalla realtà meschina e ottusa di ciò che incontra. E' amico del maturo e energico Alabanda, di cui apprezza la fervida attività. Si deve separare da lui, trova riparo presso il vecchio Notara e sua figlia Diotima che gli appare l'incarnazione di ogni perfezione e di ogni bellezza. Tra Hyperion e Diotima nasce un amore esaltante. Hyperion è giovane, vuole battersi per l'indipendenza del suo paese contro i turchi, ma la ferocia della guerra lo disgusta. Al suo fianco ritrova l'amico Alabanda. Gravemente ferito, decide di tornare da Diotima. Ma l'amata Diotima è morta d'amore per lui. Si rifugia in Germania, sede di un disumano attivismo e di una umanità alienata, tra pedanti e illiberali. Promettendo a sé stesso un avvenire di poeta e di educatore, trova pace nella contemplazione della più segreta armonia della natura e del cosmo.

Hölderlin è però più famoso per la produzione lirica. Essa inizia con inni di imitazione schilleriana, che cantano i grandi ideali dell'umanità: Inno all'umanità (Hymne an die Menschheit, 1791), Inno all'amore (Hymne an die Liebe).
Già nel periodo francofortese si avvicina ai metri della poesia classica antica. La natura diventa per lui capace di liberare l'uomo dall'irrigidimento storico-sociale: Al dio del sole (Dem Sonnengott), Fantasia a sera (Abendphantasie).
Attraverso riferimenti a figure della mitologia greca, Hö lderlin cerca di dare concretezza a esperienze sue e del presente: Natura e arte o Saturn e Jupiter (Natur und Kunst oder Saturn und Jupiter), Ganymed. Nelle odi Alle Parche (An die Parzen) e Canto del destino di Hyperion (Hyperions Schicksalslied) Hö lderlin la coscienza della propria tragica grandezza. Culmine del simbolico rapporto con il mondo antico è l'ode L'arcipelago (Der Archipelagus, 1800).
Altre poesie, come Pane e vino (Brot und Wein), sono rivolte alla nazione tedesca e hanno come tema il rapporto storico tra oriente e occidente, sapienza pagana e verità cristiana.
Attraverso le strofe pindariche di Come un giorno di festa... (Wie wenn am Feiertage..., 1800) il destino di Dioniso e quello del poeta si identificano. Di qui la tematica degli inni successivi, dove la Festa, la Redenzione, la Resurrezione accompagnano le figure di Napolé on (il "conciliatore"), di Cristo (nunzio del divino), dell'Aquila giovannea, del Poeta. Sono le grandi liriche scritte nel 1801-1802: L'unico (Der Einzige), Il Rhein (Der Rhein), La migrazione (Die Wanderung), Patmos le cui successive redazioni testimoniano la progressiva demenza di cui fu affetto Hö lderlin.
Dopo, con l'irrompere della malattia, Hö lderlin scrisse ancora testi di altissima qualità poetica come Ricordo (Andenken, 1803). Ma si tratta di testi sempre più indecifrabili e sconnessi, frammenti che emergono da una mente fusa. I versi scritti nel 1807-1843 sono raccolte nelle Poesie della torre: per lo più descri zioni di paesaggi nel variare delle stagioni e brevi riflessioni edificanti.

3) il misticismo poetico

La poesia di Hölderlin è una poesia tragica, si situa all'incrocio di esperienze contraddittorie: il "divino" come ineffabile religioso, la conoscenza dialettica, la "begeisterung" (ispirazione entusiastica) e la coscienza del divenire. Attraversa queste odi l'aspirazione a una palingenesi che saldi età e luoghi remoti come membri di un solo corpo.
Un famoso verso di Hölderlin dice che sono i poeti a fondare ciò che è destinato a durare. La poesia è per Hö lderlin fondazione del mondo e del suo significato, coinvolge l'intera persona, rigenera la realtà. Anche attraverso Hö lderlin si rinsalda il mito poetico, quella scissione che era avvenuta tra filosofia (e religione) e poesia, viene a rimarginarsi. Viene ricreata l'unità della vita di cui simbolo diventa la terra nativa, la sua Svevia trasfigurata a un'ideale Grecia. Il linguaggio di Hö lderlin, spezzato e classico, è l'espressione della totalità. Il nume cui si rivolge Hö lderlin è il Cielo, il Padre Etere che tutto nutre e abbraccia, ma la sua poesia venera e unisce in un respiro panico i fiumi tedeschi e l'arcipelago greco ("Arcipelago" è uno dei suoi più alti poemi), i fiori, gli alberi e gli eroi, il respiro del vento, la sacra luce della sera e soprattutto Cristo e Dioniso fusi in una religiosità cosmica, permeata di grecità e di cristianesimo. La poesia riunisce ciò che la società e la riflessione ha separato. La nostalgia di ricongiungersi con la totalità porta alla tragedia: Empedokles si getta nell'Etna. La notte, la tragedia, la desolazione non sono ignote a Hö lderlin (si legga per esempio la lirica intitolata "La brevità o Metà della vita"), ma egli non perde la fede nell'ideale di armonia tra Uno e Tutto, né la speranza della sua realizzazione nella società. Il tempo di miseria contingente è vissuto come transizione, tenebra che pre cede un nuovo giorno. Per questo anche nella lacerazione si avverte una sacra armonia, una luce numinosa che nulla riesce a spegnere: «Un figlio della terra | io sembro, fatto per amare, fatto per soffrire» dice l'ultimo verso di "Terra nativa". E la grandissima poesia "Alle Parche", che invoca solo un'estate e un autunno e in cui parla un' «anima, privata in vita del suo | diritto divino», si conclude con l'accettazione del silenzio dell'Ade in cui tace persino l'arpa del poeta: «Ho vissuto | una volta sola, e da dio: di più non ho bisogno».
La delusione politica per il crollo delle speranze rigeneratrici, l'involuzione culturale e politica dei tedeschi, e la morte della donna amata gli fanno conoscere il tempo della notte, l'assenza del divino, l'esilio degli dèi: l'uomo, come nel "Canto del destino di Hyperion" precipita in un baratro senza fondo. Ciò spezza la coscienza stessa di Hölderlin che trascorre gli ultimi decenni nella demenza.

Bibliografia: Friedrich Hölderlin

Hymne an die Menschheit (1791)
Hymne an die Liebe
Hyperion oder der Eremit in Griechenland (1793, 1797-99)
Dem Sonnengott
Abendphantasie
Natur und Kunst oder Saturn und Jupiter
Ganymed
An die Parzen
Hyperions Schicksalslied
Der Tod des Empedokles (tragedia, 1797-99)
Der Archipelagus (1800)
Brot und Wein
Wie wenn am Feiertage... (1800)
Der Einzinge (1801)
Der Rhein
Die Wanderung
Patmos
Andeken (1803)
-Poesie della torre (1807-1843)





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