Il melodramma e la canzone, tra il 1790 e il 1850

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Il melodramma e la canzone, tra il 1790 e il 1850

Il melodramma

Tra i generi letterari di confine, in questo caso tra scrittura (poesia, fiction teatrale) e musica, un posto importante occupa nella prima metà del secolo il melodramma. Grande fenomeno di costume e sociale, veicola forti attenzioni da parte del ceto medio e alto. Si coagulano attorno al genere fenomeni quali il divismo e il tifo, su interpreti e su autori. Il melodramma fu un grande veicolo delle idee romanticiste. Librettisti di capacità medie e spesso mediocri, fecero da tramite per il grosso pubblico, divulgando una serie di topoi e muthoi tipici del romanticismo. La nostra attenzione oggi va soprattutto alle qualità musicali delle singole opere, ma non dobbiamo dimenticare la parte testuale che, se anche ci sembra in genere la parte meno viva di queste opere, è specchio di un'epoca e dei "valori" delle classi sociali cui si rivolgevano quelle opere.
Con il romanticismo si ebbe un rinnovamento degli argomenti e delle tematiche: ambientazioni medievali e moderne, vicende turbinose e appassionate, finali tragici. Si accentuò la convenzionalità del linguaggio e delle situazioni, una certa serializzazione. Tra i librettisti sono da ricordare Felice Romani , Salvatore Cammarano e Francesco Maria Piave.
Un compositore poliedrico come Rossini si affidò per il testo del suo Guglielmo Tell al libretto di Etienne de Jouy, su cui intervenne a semplificare e rendere meno indigesta la cosa il giovane Hippolyte L.F. Bis, autore di versi mielosi e basso- romanticistici, che però là dove intervenne servì a alleggerire e rendere più consono alla musica il libretto di Jouy . Il "Guglielmo Tell" ebbe, nei soli teatri Parisni e vivente Rossini ben 500 rappresentazioni. Fin dalla sua prima rappresentazione ebbe un consenso unanime di critici e pubblico. Il successo di "Guglielmo Tell" fu tale che nei vari paesi europei fu "adattato": a Roma la censura pontificia fece sostituire il protagonista con il meno pericoloso Rodolfo di Sterling, e si costellò l'opera di riferimenti a santi e al cielo. In Prussia Guglielmo Tell divenne Andrea Hofer. In Russia Carlo il Calvo. A Vienna non ci fu nessuna modifica, ma fu pagata una claque alla prima che gridava alla fine "viva gli Asburgo!". A Milano l'eroe divenne William Wallace, gli svizzeri furono trasformati in scozzesi e gli austriaci in inglesi, e fu soppressa la scena della mela. Il melodramma allora coagulava tanta attenzione pubblica da imporre l'intervento di censure e diplomazie politiche di vari generi, in connessione con i problemi politici e ideologici dei vari stati.
E' intorno alla metà del secolo che cominciano a emergere 'scuole' nazionali europee, soprattutto quella francese e tedesca (con Richard Wagner), che porteranno alla crisi della 'scuola' melodrammatica italica. Dopo sarà la svolta data dal 'melodramma naturalistico'.

La canzone

«Ogni anno a la festa di Piedigrotta, l'8 di settembre, il popolo napolitano va nella grotta di Pozzuoli, e lì l'uno sfida l'altro a cantare improvviso, e la canzone giudicata più bella si ripete da tutti: è la canzone dell'anno. Ce ne sono delle belle; questa ["Te voglio bene assaje"] fu tra le bellissime, ed io non posso dimenticarla. Tre cose furono in quell'anno: le ferrovie, l'illuminazione a gas e "Te voglio bene assaje"».
Sono i ricordi di Luigi Settembrini, in quel 1839 anno della prima ferrovia italiana (la Napoli-Portici) arrestato per cospirazione e rinchiuso nel carcere di Santa Maria Apparente. Ne scriverà trent'anni dopo, nelle "Rimembranze". Nella sua cella aveva sentito la voce di una donna cantare questa canzone e s'era informato sulla faccenda con il carceriere - la donna che cantava era sua figlia -. E' una testimonianza attendibile e proveniente da un letterato che serve a datare una delle più note canzoni napoletane, Te voglio bene assaje, e tu non pienze a me. Nella ricostruzione degli studiosi si pensa che autore dei versi sia stato Raffaele Sacco. Per la musica una testimonianza d'epoca [una lettera a firma Raffaele De Rubertis, indirizzata al giornalista G.M. Scalinger, apparsa su "La lega del bene" anno II, n.38, settembre 1887. Citata da: Ettore De Mura, "Enciclopedia della canzone napoletana"] attribuisce a un certo Campanella, amico di Sacco.
"Te voglio bene assaje" ebbe un successo enorme, e mantiene tutt'oggi una notevole fama, tra i 'classici' del repertorio della canzone napoletana. Essa inoltre segnò la consacrazione in epoca moderna della festa di Piedigrotta come piattaforma di lancio per le nuove canzoni. La tradizione che lega la canzone a Piedigrotta è piuttosto antica. Secondo *Svetonius anche Nero volle esibirvisi quando passò da Napoli; mentre Petronius nel "Satyricon" parla di un culto priapeo legato alla zona. Nel XIII secolo vi fu edicato un santuario cristiano che divenne meta di pellegrinaggio (la città era allora ancora lontana, e Piedigrotta era campagna) e di festa per il 7 settembre: nel 1860 quando Garibaldi entrò a Napoli si recò a rendere omaggio alla Madonna di Piedigrotta.



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