Cronaca post 1989
La produzione cinematografica europea dopo il 1989
Dopo il 1989 la produzione cinematografica europea è attraversata
da una ridefinizione di ruoli e di produzioni. L'intera produzione
dell'ex "cinema dell'est" sembra praticamente sparire
dall'orizzonte cinematografico dei critici e degli studiosi "occidentali".
Viene a mancare la funzione mecenatista dello Stato, finanziatore
di progetti e film. Produzioni e attività ne risentono fortemente.
In occidente la crisi economica e la ridefinizione di ruolo all'interno
della nuova Europa unita rinsecchisce le cinematografie nazionali.
Il cinema statunitense è sempre più dominante e monopolistico.
La comparsa del digitale provoca mutamenti d'abitudine e di consumo
intanto tra le famiglie - da poco interessate dalla "rivoluzione
del VHS" e ora condotte dall'industria dell'hi tech alla "rivoluzione
del DVD" -, e tendenzialmente anche nella produzione e distribuzione
dei film, con la possibilità di sostituire la tradizionale
pellicola con i nuovi supporti dati in digitale.
Dal punto di vista dei contenuti e delle produzioni, continua
(anche se numericamente e qualitativamente in decrescendo) la produzione
dei generi di consumo: commedia comica e brillante, thriller ecc.
La guerra nella regione ex Jugoslava permette la produzione e diffusione
di film più impegnati, focalizzati sul tema della guerra
e della sofferenza delle popolazioni civili, dello scontro etnico
e religioso (Kusturica).
La cinematografia europea negli anni Ottanta e Novanta tenta -
ma nebulosamente - strade autonome e caratteristiche, di fronte
allo strapotere della cinematografia statunitense. Ci si rintana
in una produzione di nicchia, valorizzando i migliori autori attraverso
il circuito dei cinema d'essai e del festival (Cannes dal 1946,
Venezia dal 1932, Berlin dal 1951). Mentre i francesi tentano in
questi anni la resistenza culturale ed economica attraverso la sovvenzione
della propria cinematografia da parte dell'intervento dello Stato
sia in forma diretta che sotto forme protezionistiche, momenti di
buon cinema si hanno sporadicamente, e ogniqualvolta le cinematografie
regionali recuperano i paesaggi umani e urbani (o sub-urbani) del
proprio folklore, riuscendo a valicare il confine dell'evocativo
e del simbolico.
Le cose migliori provengono dalle prove di una cinematografia
indipendente e eccentrica rispetto alla produzione "media"
e destinata al consumo. Il filone regionalista si fa forza del realismo
e dei sapori caratteristici - visi, temi, paesaggi -. Alcuni registi
riescono a fotografare il clima generale di spaesamento attraverso
i toni del grottesco (Ciprì
e Maresco), la presenza del diverso (Almodovar),
il simbolismo (della fuga o dell'infanzia: Salvadores),
il paradossale calato nel quotidiano.
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