Zapatero non cede di fronte alla guerra santa della Chiesa spagnola
E’ guerra aperta in Spagna sul divorzio lampo, le nozze e le adozioni gay, la clonazione terapeutica e la fecondazione assistita. A fine anno scade la proroga dei finanziamenti di Stato alla Chiesa cattolica...
“Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” è un precetto evangelico che proprio non si addice alla Chiesa e al Vaticano, che decidono di abbandonare gli altari per indossare fischietti e striscioni e condurre la loro battaglia contro il “Diavolo” , alias José Luis Rodriguez Zapatero, direttamente dalle piazze spagnole.
L’occasione è la manifestazione convocata a Madrid dal “Forum spagnolo della famiglia” in difesa del “vero matrimonio”. Una nota della Conferenza episcopale spagnola incoraggia i fedeli a prendervi parte perché “ci troviamo davanti ad una questione della massima importanza morale e sociale, che esige dai cittadini, ed in particolare dai cattolici, una risposta chiara ed incisiva usando tutti i mezzi legittimi”. Domenica scorsa molte parrocchie spagnole assomigliavano più a sezioni di un partito politico che a luoghi di culto, con la distribuzione di manifesti e documenti preparati dalle delegazioni diocesane “Famiglia e Vita” e arringhe dagli altari o dai microfoni di “Radio COPE”. L’etere è stato scelto dal cardinale Varala, Arcivescovo di Madrid, per ribadire che “il matrimonio e la famiglia sono realtà radicate nella natura stessa dell’uomo e, pertanto, non possono essere modificate, invertite secondo il proprio arbitrio o manipolate da alcun potere umano”. Mentre l’Arcivescovo di Granada, Mons. Javier Martínez (che ha finanziato 22 pullman per garantire la partecipazione dei fedeli di Granata alla manifestazione di Madrid), con toni da Santa Inquisizione minacciava come la messa in pratica dei matrimoni gay “causerà un danno immenso e sarà una fonte di distruzione e di sofferenze senza fine per la società spagnola”.
La Conferenza episcopale spagnola ha lanciato un appello agli impiegati pubblici affinché ricorrano all’obiezione di coscienza per non celebrare matrimoni tra coppie gay. I vescovi spagnoli hanno chiesto inoltre ai senatori cattolici di votare contro il progetto di legge proposto dal governo di Zapatero, che è stato approvato dalla Camera bassa lo scorso 21 aprile e che sarà sottoposto prossimamente alla votazione del Senato. “La legge che il governo vuole approvare - scrivono i vescovi in un comunicato - non ha il carattere di una vera e propria legge perché sarebbe in contraddizione con la retta ragione e la norma morale”. “La funzione della legge civile -aggiungono - è sicuramente più limitata di quella della legge morale, ma non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare la coscienza. L’ordinamento democratico dovrà rispettare questo diritto fondamentale della libertà di coscienza e garantire la sua esecuzione”. La futura legge, sostengono, “sarà cosi dannosa per il bene comune come una moneta falsa lo è per l’economia di un paese”.
Insomma, è guerra aperta sul divorzio lampo, le nozze e le adozioni gay, la clonazione terapeutica e la fecondazione assistita. A fine anno scade la proroga dei finanziamenti di Stato alla Chiesa cattolica e il governo del premier socialista potrebbe decidere di tagliare i fondi pubblici alla Chiesa con cui è ai ferri più che corti. L’avvertimento arriva, con una intervista al quotidiano barcellonese “La Vanguardia”, dal guardasigilli Juan Fernando Lopez Aguilar, difensore dell’allargamento dei diritti civili. A fine anno scade l’ultima proroga della disposizione transitoria dell’attuale sistema di finanziamento ecclesiale, pattuito nell’87 tra la Conferencia Episcopal Espanola (Cee) e l’ex governo socialista del premier Gonzalez. Allora le gerarchie religiose si impegnarono, nel giro di 3 anni, ad autofinanziarsi con l’apporto volontario dei fedeli dello 0,5 per cento della loro dichiarazione dei redditi sulle persone fisiche (in Italia è lo 0,8). Un compromesso, però, mai rispettato negli ultimi 15 anni. Lo Stato, sia con Gonzalez che con il premier popolare Aznar, ha sempre anticipato mensilmente (quest’anno 11,78 miloni di €, su 141,46 previsti per il 2005), molto più di quanto versavano i fedeli. E non ha mai chiesto indietro la differenza tra la somma anticipata e quella incassata. Un gap a fondo perduto pari, solo tra l’88 ed il 2002, a 450,89 milioni di Euro. In questo contesto, Aguilar suona la carica: “La realtà è che l’apporto dei fedeli non è sufficiente, non arriva neppure al 70%. Quest’anno abbiamo sborsato 35 milioni di euro in più”. E subito dopo, avverte: “L’ Esecutivo e la Chiesa sanno che questa situazione non è sostenibile all’infinito. È razionale che convochiamo una negoziazione che potrebbe aver luogo quando scadrà l’ultima proroga, alla fine di quest’anno”. Calendario alla mano, significa che l’accordo sulla riforma del sistema di finanziamento ecclesiastico deve essere concluso prima della redazione della Finanziaria 2006, nel prossimo autunno.
Ma c’è di più. Il ministro alla Giustizia, da cui dipende il decisivo sottosegretariato agli Affari religiosi, paventa anche tutta una serie di notevolissime riduzioni fiscali per i religiosi “che occorre negoziare” . Quali? Esenzione dell’Iva (concessa dall’89 contro il parere della Ue), imposte sui beni immobili, successioni, donazioni. Spiega Lopez Aguilar: “Dobbiamo essere capaci di mettere sul tavolo queste questioni senza che si dica che ci scontriamo con la Chiesa. Non dobbiamo dimenticarci che è una situazione eccezionale della Chiesa cattolica, di cui non usufruiscono altre confessioni costituzionalmente equiparate”. Insomma, è la resa dei conti del governo con la Conferenza episcopale.
L’incitamento all’obiezione di coscienza contro i matrimoni gay, promossa sia dal Vaticano che dalla Conferencia Episcopal è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma l’incitamento all’obiezione di coscienza ha suscitato forti malumori e proteste anche all’interno della comunità cattolica. Diverse organizzazioni di base e numerosi teologi si sono infatti espressi in questi giorni a favore delle unioni omosessuali, denunciando “l’inammissibile ingerenza” dei vescovi nella vita civile del paese. Persino la rivista gesuita “Mensanjerò”, non certo un covo di teologi della liberazione, si è esplicitamente pronunciata a favore di una Chiesa non intransigente e arroccata nell’ortodossia che “non escluda nessuno in funzione del sesso o dei sacramenti”. I più attivi nella controversa vicenda sono i religiosi di un collettivo che si è riunito intorno alla rivista “IglesiaVivà” e al sito web di informazione religiosa “Atriò” che hanno indetto una campagna di raccolta firme assai critica nei confronti della linea dell’episcopato e che spiega come la disobbedienza civile invocata dalle gerarchie ecclesiastiche iberiche è fondata su una “dottrina che non deriva dagli insegnamenti del Vangelo”, mentre “il matrimonio civile è un istituto giuridico, una costruzione umana che può e deve evolversi per adattarsi ai nuovi modi di intendere la vita sociale”. Il ragionamento è semplice ma logico: per secoli le autorità cattoliche hanno avallato istituti giuridici anticristiani come ad esempio la schiavitù, ma poi hanno accettato di seguire l’evoluzione storica. Per quale motivo non può accadere lo stesso con i matrimoni tra omosessuali?
Altrettanto critiche le comunità del cattolicesimo di base appartenenti alla “Rete europea per la libertà”. Al termine della XV assemblea annuale che si è svolta a Madrid, hanno pubblicato un documento dal titolo eloquente: “Un altro mondo è possibile con una chiesa senza discriminazione sessuale”. La rivoluzione civile spagnola sembra davvero inarrestabile.
L’articolo di Carla Ronga è stato pubblicato su www.aprileonline.info n° 284 del 19/06/2005
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