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Z-EYES… da un racconto dell’Ottocento una testimonianza di grande attualità sulla violenza di genere

Un sussurro nel buio / di Louisa May Alcott ; traduzione di Alessandra Calanchi. - Galaad Ediizoni, 2020.

Z-eyes: Recensione a più mani di alcune/i studenti della laurea triennale di Letteratura Angloamericana, prima annualità, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

La violenza di genere ha tante facce e non solo quella fisica. Esiste la violenza psicologica, che tramite la manipolazione, una delle forme più subdole che il linguaggio può assumere, inculca nel cervello della vittima determinate convinzioni negative, minandole l’autostima fino ad arrivare a compromettere la percezione individuale che la vittima ha di sé, facendola sprofondare in una prigione senza sbarre ma fatta di terrore e angoscia. Il carnefice attua tali meccanismi con l’obbiettivo di possedere completamente la vittima, il suo corpo, i suoi beni, togliendole ogni tipo di libertà e di autonomia; questa è la tematica trattata nel racconto Un sussurro nel buio, in cui l’autrice narra della violenza perpetrata a danno della protagonista, la giovane Sybil, da parte di un uomo, lo zio, con l’obbiettivo ultimo di arrivare a possedere i suoi beni. (Bianca Maltoni)

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Copertina di Un sussurro nel buio, di Louisa May Alcott

Il racconto fu pubblicato (inizialmente anonimo) nel 1863 dalla scrittrice americana Louisa May Alcott – sì, proprio lei, l’autrice di Piccole donne, Piccole donne crescono e I figli di Jo – ma è una sorpresa: il tema trattato è infatti anche qui il matrimonio, ma dalla prospettiva della violenza fisica e psicologica esercitata sulle donne. Infatti, le vicende raccontate includono coercizione, somministrazione di droghe, rapimento e infine la reclusione di una donna in manicomio perché vuole sottrarsi a un matrimonio combinato. (Alberto Beltrami)

Oltre ai suoi sogni e alla sua libertà, alla protagonista vengono anche tagliati i suoi bei capelli, da sempre simbolo di bellezza e femminilità, per sottolineare le sue “colpe”, la sua “disubbidienza”. Il taglio dei capelli femminili è una pratica che torna ciclicamente nel corso della storia, in diverse epoche e in diversi contesti come ad esempio nei campi di concentramento nazisti o alle ragazze in procinto di prendere i voti (la regola del taglio di capelli è stata obbligatoria fino al 1962). (Beatrice Fedele)

Nella scena in cui sono in carrozza, Sybil sembra divertirsi nello stuzzicare lo zio, il quale viene dipinto come un uomo composto e serio, tuttavia nel momento in cui lui raccoglie la provocazione, lei si spaventa e credo sia proprio qui che cominci l’abuso. Vorrei citare Pier Bruno Crosso, che scrive: “Annullare una donna con la violenza psicologica adesso è codificato, e riguarda sia il Codice penale che quello morale. Oggi viviamo in un’area sanificata rispetto a questo. Lo pensi con sollievo mentre leggi. Ma dentro di te lo sai. Dentro di te lo sai che oggi una donna non la puoi rinchiudere in un manicomio, ma la puoi ancora rinchiudere in una cucina e amputarle tutte le speranze.” (Manuela Marulli)

La mia lettura di Un sussurro nel buio è stata profondamente focalizzata nella ricerca di queerness nell’opera. Ciò è nato non solo da una mia abitudine di lettore appartenente alla comunità LGBTQ+ ma anche dalla citazione che figura nell’introduzione al libro della prospettiva adottata da Gustavus Stadler. Egli dimostra quanto le opere di Louisa May Alcott possano essere lette sia in chiave femminista sia in chiave queer. Infatti, molti suoi personaggi – la più celebre dei quali è sicuramente Jo di Piccole Donne – presentano dei lati del proprio carattere che sfidano le nozioni di genere e spesso includono un sottotesto – se non proprio un riferimento esplicito come nel caso di Geoffrey e Adam di Mutevoli umori – di un desiderio omosessuale. Sybil, protagonista del racconto, può essere considerata un’eroina queer in quanto rifiuta il matrimonio imposto da un’autorità patriarcale in nome di una libertà assoluta alla quale lei aspira. In particolare, ho trovato dolce il fatto che Sybil apprezzi la femminilità di Guy. Così facendo, la protagonista dimostra di essere una vera femminista in quanto non solo lotta per le dinamiche sociali legate alla donna, ma è toccata più in generale dalle questioni di genere. Mi colpisce soprattutto che tale descrizione sia stata scritta un’autrice dell’Ottocento e mi rattrista pensare che fosse notevolmente più open-minded di troppe persone che vivono oggi ancorate nel mito della mascolinità tossica e del disprezzo della femminilità. (Nicholas Gamba)

Ritengo che anche un uomo possa ritrovarsi in alcuni punti del racconto e che sia importante che anche noi ragazzi leggiamo libri che affrontano questi temi, soprattutto in una società come quella odierna, dove i diritti delle donne sono ben noti ma comunque ancora non rispettati da tutti. Questo libro, infatti, sotto certi punti di vista purtroppo è ancora attuale: in molti paesi è ancora normale considerare la donna come un oggetto ed è in uso la pratica del matrimonio combinato, basti pensare alla storia di Saman Abbas, la 18enne uccisa qui in Italia, presumibilmente proprio dalla sua famiglia, dopo aver rifiutato un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan. (Tommaso Mariotti)

Si parla spesso nelle scuole e nelle università di violenza contro le donne e di come sia importante avere il coraggio di chiedere aiuto e di liberarsi dalla tirannia di qualcuno, ma si parla poco di educazione sentimentale che forse è la chiave per sradicare questa realtà ancora troppo presente ai giorni d’oggi. Questo libro sicuramente è un inno all’emancipazione, alla determinazione a non essere mai legati alle volontà di qualcuno e di non permettere a nessuno di approfittarsi della nostra apparente debolezza. Ma è anche un esempio perfetto di come le dinamiche del potere e dell’oppressione avvenivano e avvengono tutt’ora e di come ci si può disfare di esse. Per questo ritengo che Un sussurro nel buio sia un libro perfetto con cui iniziare a indirizzare ragazzi e ragazze a una equilibrata vita relazionale e a non cadere nelle brutte abitudini, che anche inconsciamente, assorbiamo dal mondo che ci circonda e dai luoghi comuni della nostra società patriarcale. (Aurora Cerisoli)

Tra le scarpette rosse che ogni 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, vengono esposte in tutte le piazze, dovrebbero esserci anche le scarpe di Sybil e di tutte le donne che hanno lottato per avere il loro posto nel mondo, perché Sybil al giorno d’oggi ha solo cambiato nome ed è divenuta Mahsa Amini, Malala Yousafzai, Daphne Caruana Galizia, o ha preso il nome di tutte le donne che si sono ribellate alla società patriarcale già descritta dalla Alcott nel 1863. (Christian Falcone)

Vorrei concludere dicendo che questo libro è stato assolutamente coinvolgente e a mio parere molto chiaro su quello che si voleva trasmettere al lettore. Sono sollevata che abbia avuto un lieto fine perché sono convinta che tutte le donne siano ben consapevoli degli orrori ai quali possono andare incontro nelle loro vite ma pochissime sono a conoscenza che c’è una possibilità per loro di trovare la luce alla fine, e quindi avere speranza. Non credo che dei traumi possano sparire del tutto, soprattutto se si tratta di ferite della mente ma credo che se presi seriamente e trattati con cura prima o poi si possa arrivare a un senso di pace. (Martina Carraro)

In conclusione, posso affermare con molta convinzione di aver esaminato un capolavoro della letteratura, in grado di denunciare esplicitamente la condizione e il contesto di cui la donna era inconsciamente vittima. Mi sento di definire il finale “sorprendente”, in quanto prevedevo non ci fosse scampo per Sybil. Ma questo non fa altro che confermare la lungimiranza della Alcott, che permette a ogni donna di confidare fino all’ultimo nella speranza di un futuro migliore. (Marisa Cioccariello)


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