Xusraw, o come dicon tutti, Cosroe

Andrea Gariboldi, Il regno di Xusraw dall’anima immortale: riforme economiche e rivolte sociali nell’Iran sasanide del VI secolo, Mimesis, Milano, 2006
L’Iran è sempre stato per l’occidente una brutta rogna. Posto in posizione geografica strategica, di passaggio e sorveglianza sui traffici con l’Oriente (la Cina e l’India), grazie a questa sua posizione ha sempre avuto ricchezza e la tendenza a essere occupata da forze poco malleabili. I Greci ne subirono i tentativi di espansione (fino alle Termopili e a Maratona), i Romani non riuscirono a replicare quanto era riuscito al giovane Alessandro, l’espansione fino alle porte dell’India della lingua greca. Tutta l’esistenza dell’Impero bizantino è occupata (prima dell’arrivo degli arabi) dalla politica di contrapposizione con l’impero che occupava la regione (oggi) iraniana. La Persia che nel VI secolo era in mano alla dinastia sasanide.
Giustamente Antonio Panaino, nell’introduzione al testo di Andrea Gariboldi (Il regno di Xusraw dall’anima immortale: riforme economiche e rivolte sociali nell’Iran sasanide del VI secolo) rileva come il campo di studi italiani su questa civiltà è decisamente carente. E’ da dire che tutta la cultura accademica e universitaria non fa mai molta figura in nessun campo storico, da quello greco a quello romano (se non pochissime eccezioni) e via via per il resto delle civiltà. Lo studio di Gariboldi è meritorio proprio perché copre un tassello. Scritto in maniera non iniziatica, abbastanza agevole anche per un non specialista, Gariboldi analizza con competenza i vari problemi storiografici dati da un regno, quello di Cosroe I, che fu di ricostruzione dopo le alterne vicende avutesi sotto il suo predecessore Kawad.
Lo studio di Gariboldi ha alcuni limiti d’indagine. Manca tutta la parte archeologica. Ma già l’analisi numismatica e quella condotta sui testi (di parte bizantina e di parte successiva araba, non sempre coevi e anche per questo con problemi interpretativi non indifferenti) Gariboldi riesce a farsela sufficiente. Apportando nel contempo importanti progressi sulla conoscenza dell’epoca.
Uno dei problemi fondamentali dell’epoca fu quello delle riforme. C’era la necessità di una ricomposizione non solo delle strutture del regno ma soprattutto di una ridistribuzione delle ricchezze. Di qui la nascita di movimenti di rivolta. I mazdakiti, che secondo la vulgata posteriore (e diffusa non senza interesse dai conservatori zoroastriani; poi ripresa con entusiasmo dalle storiografie marxiste) voleva gli espropri delle proprietà (gli espropri proletari?) e la messa in comune delle donne, riuscirono a trovare ascolto nella prima parte del regno di Kawad. Una specie di "primavera araba" per ricollegarci a un fenomeno sociale contemporaneo di portata estesa? Come sottolinea Gariboldi, è probabile che i mazdakiti agissero all’interno dello zoroastrismo, di cui si consideravano i veri interpreti. Un movimento purista dello zoroastrismo, a connotato comunque religioso. Il confine tra purismo e fondamentalismo è sempre molto labile. In cui certamente c’era l’interesse del nemico vicino, l’impero che noi chiamiamo bizantino (e che allora erano semplicemente i "romani"), ma soprattutto l’impoverimento della popolazione e la corruzione dei ceti al potere. Non sappiamo in che termini reali si presentasse la rivendicazione sociale dei mazdakiti, il sospetto è che molto fu poi storpiato e propagandato dai "vincitori" di questa storia. Ma ciò non significa che non fu scardinante, e tale da mettere non solo in crisi ideologica il regno, ma farne scoppiare le contraddizioni (come si diceva un tempo, negli anni Settanta del secolo scorso). E se è vero, come sottolinea Gariboldi, il modo di produzione dell’Iran del VI secolo non era "feudale" ma tipico di una civiltà "idraulica". Con connotati che a noi paiono oggi intermedi tra la civiltà a schiavismo evoluto bizantina e quella orientale indo-cinese (il "modo di produzione orientale" di cui parlava Marx).
Il regno di Cosroe (Xusraw) riuscì a ricreare un equilibri. Non fu una "restaurazione". I mazdakiti furono fatti fuori, è vero, ma molte delle istanze sociali che erano emerse costrinsero la dinastia a trovare una risposta. E la ricostruzione operata fu tale che il regno di Cosroe tornò a essere una potenza anche militare, tale da costringere i bizantini ad arretrare - territorialmente -. Quando nel 529 viene chiusa la Scuola di Atene, gli ultimi 7 filosofi neoplatonici emigrarono proprio alla corte di Cosroe. Di lì a qualche anno se ne tornarono indietro, ma è significativo della capacità comunque aggregativa che la corte di Cosroe poteva avere all’epoca.
Cosroe fu l’ultimo dei grandi re persiani, prima dell’arrivo di lì a poco degli arabi che in pochi mesi (in pratica) travolgeranno tutti gli Stati dell’area, a significare come i successori di Cosroe non furono in grado di creare qualcosa di altrettanto solido e duraturo. (E lo stesso impero bizantino dovette ritirarsi fino agli spalti di Bisanzio perdendo tutta la Turchia odierna).
Il libro di Gariboldi è pieno zeppo di spunti, analisi, informazioni importanti. Così sull’importanza della monetazione in oro e sui diversi valori della moneta, a confronto con la monetazione coeva bizantina. Un libro importante, che merita di essere letto.
Andrea Gariboldi, Il regno di Xusraw dall’anima immortale: riforme economiche e rivolte sociali nell’Iran sasanide del VI secolo, Mimesis, Milano, 2006
Sinossi: Questo libro affronta dei temi cruciali nella storia dell’Iran sasanide del VI secolo, vale a dire la grande riforma di Xusraw (531-579 d.C.) e la rivoluzione sociale di Mazdak. Dopo questi avvenimenti l’impero persiano non fu più quello di prima. Tuttavia, a causa dell’enorme lacuna delle fonti storiche, sappiamo ancora veramente poco circa l’identità e la dottrina di Mazdak e sulle concrete misure sociali, economiche e fiscali che il governo sasanide adottò per fronteggiare la situazione. Per merito delle profonde riforme del proprio impero e di una politica vincente nei confronti dei Romani, Xusraw si guadagnò la fama di re giusto e divenne, durante i primi secoli dell’Islam, il modello ideale della regalità, rendendo così il suo ricordo veramente “immortale”. Vengono trattati, inoltre, alcuni fondamentali “elementi di economia” sasanide, mettendo in risalto le peculiarità del sistema economico dell’Iran tardo antico, come l’uso delle monete d’oro e d’argento, lo sfruttamento delle acque canalizzate e dei deportati di guerra per scopi agricoli, nonché la presenza di vasti possedimenti regali e delle “fondazioni pie”. Una parte del libro è dedicata al complesso problema del cosiddetto “feudalesimo” sasanide.
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