Vogliono trivellare anche gli abissi

È quello che già minaccia l’Artico e che rischia di arrivare anche nel Pacifico e nei nostri mari.
Immaginate delle macchine gigantesche calate a migliaia di chilometri sul fondo dell’oceano. Dei caterpillar che setacciano i fondali per estrarre metalli come cobalto, manganese e nichel, uccidendo la biodiversità che abita gli abissi, mentre enormi nubi di detriti si sollevano per centinaia di chilometri mettendo in subbuglio alcuni degli habitat più stabili del pianeta.
È quello che già minaccia l’Artico e che rischia di arrivare anche nel Pacifico e nei nostri mari. Si chiama Deep Sea Mining, estrazioni minerarie in acque profonde che potrebbero spazzare via interi ecosistemi marini.
- STOP DEEP SEA MINING
Aziende italiane come Saipem e Fincantieri sono già interessate ad avviare le attività estrattive nel Mediterraneo. Se non li fermeremo, enormi cingolati e altri macchinari saccheggeranno ecosistemi già fragili, per lo più ignoti e, per ora, incontaminati.
I fondali marini sono l’ultima frontiera delle multinazionali assetate di metalli. Se non le fermeremo, enormi cingolati e altri macchinari verranno calati sul fondo dei mari per saccheggiare ecosistemi già fragili e per ora incontaminati.
Ad oggi decine di Paesi sostengono una moratoria per le estrazioni minerarie negli abissi. L’Italia non è tra questi. Ecco perché chiediamo ai governi, incluso il nostro, di bloccare sul nascere l’avvio di questa nuova distruttiva industria estrattiva e mettere al sicuro le profondità marine dalle attività minerarie, creando dei santuari marini.
La minaccia del Deep Sea Mining sta diventando sempre più concreta: compagnie minerarie come The Metals Company stanno facendo pressione sui governi per ottenere il permesso di iniziare le estrazioni negli abissi, Se riuscissero nel loro intento, le conseguenze per mari e oceani sarebbero disastrose.
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