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Vicenda Renzi-professoressa. Chi ci perde è la libertà d’informazione

Alcuni esempi per capire meglio questa vicenda – Se la professoressa sarà condannata, saranno colpite e messe a tacere le fonti. Indispensabili per i giornalisti

di Adriano Todaro - mercoledì 30 novembre 2022 - 2739 letture

La recente vicenda della professoressa che riprende con un telefonino, in un’area di sosta autostradale (Fiano Romano), Matteo Renzi a colloquio con un personaggio dei Servizi segreti con tanto di scorta e la possibilità che la stessa possa essere ‒ per quella ripresa ‒ condannata sino a 4 anni di reclusione, ha dell’incredibile. Nello stesso tempo, però, questa vicenda dimostra un’ignoranza totale delle regole vigenti, dei Codici deontologici, di regole e sentenze. Per chiarire meglio le cose che ho affermato, parto da un assunto e da alcuni esempi:

L’assunto: l’opinione pubblica ha il diritto a essere informata, ma questo diritto non deve interferire, non deve entrare in conflitto con il rispetto della vita privata delle persone.

Esempio 1 ‒ Vado a fare la spesa e un fotografo mi riprende. Ho tutto il diritto, se non voglio, di non permetterlo.

Esempio 2 ‒ Partecipo a una manifestazione, corteo ecc. Il fotografo mi riprende. Può farlo perché la manifestazione avviene in un luogo pubblico (la pubblica via o piazza). Fa parte del diritto dell’opinione pubblica a essere informata.

Esempio 3 ‒ All’interno della propria abitazione, l’on. Pinco Palla sta prendendo il sole nudo. Il fotografo lo riprende da un’altra palazzina con il teleobiettivo. Compie un reato.

Conclusioni: Nel primo esempio, il sottoscritto non è persona nota e non ho una dimensione pubblica, quindi la legge mi protegge. Nel secondo esempio, la manifestazione o l’assemblea aperta al pubblico avviene, appunto, in luogo pubblico quindi il fotografo fa solo il proprio lavoro. Nel terzo esempio, la legge parteggia per l’on. Pinco Palla perché il fotografo ha “invaso” un luogo privato.

Ancora un esempio ‒ L’attrice X prende il sole, a seno nudo, in una spiaggia. Quando s’avvede del fotografo che la riprende, reclama e denuncia. Ma ha torto perché è in una spiaggia pubblica. Se aveva paura di essere ripresa a seno nudo, non doveva scoprirsi.

Torniamo al diritto dell’opinione pubblica a essere informata. È sempre un diritto? Vediamo un po’. I giornali non debbono diffondere informazioni che non siano indispensabili, soprattutto quando le informazioni sono legate a particolari riservati, come la vita sessuale delle persone e attinenti, quindi, alla loro sfera più strettamente privata. Questo per non spettacolare o strumentalizzare scelte personali. In pratica il giornalista deve astenersi a descrivere le abitudini delle persone (sessuali ecc.) anche quando si tratti di persone che rivestono posizioni di particolare rilevanza sociale o pubblica, salvo che ricorra il requisito dell’essenzialità dell’informazione.

E quando è essenziale la notizia? L’Ordine dei giornalisti fissa i paletti dell’essenzialità della notizia, «quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione del protagonista. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche, deve essere rispettata se le notizie e i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla vita pubblica».

Il Codice fa sempre una differenza netta fra cittadini qualsiasi e coloro che rivestono «particolare rilevanza sociale o pubblica». In poche parole il Codice tutela in modo rigido le persone comuni, ma non i personaggi pubblici anche perché «Chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica». (Tribunale di Roma, 13 febbraio 1992). Sempre, ovviamente, che le notizie su questi personaggi siano essenziali per la finalità dell’informazione. L’articolo 615 bis del Codice penale s’interessa proprio del problema dei fotografi: «Chiunque, mediante strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie e immagini attinenti la vita privata svolgentesi nei luoghi indicati dall’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni». E quali sono i luoghi cui fa riferimento l’articolo 614? Sono l’abitazione, i luoghi di privata dimora o le loro pertinenze, come giardini, box, orti, cortile ecc.

E qua torniamo alla vicenda professoressa-Renzi. Dov’era Renzi quando è stato videoripreso? In una pertinenza privata? No. Era in un luogo pubblico, un’area di sosta autostradale. È un cittadino qualsiasi che ha diritto a incontrarsi con chi vuole lui? No, perché è un esponente del Parlamento, una persona nota che «ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire…». Quindi la professoressa ha notato un personaggio pubblico fermo a parlare, in un’area di sosta autostradale quindi pubblica, con un non meglio individuato personaggio che viaggiava con la scorta. Incuriosita, ha preso il telefonino e ripreso tutto. Attenzione: non quello che dicevano, ma solo il loro incontro fotografico.

Il video è stato consegnato, poi, a Report e a Il Fatto Quotidiano. Compito dei due giornali era cercare di capire chi fosse il personaggio con la scorta che parlava con Matteo Renzi ed è quello che hanno fatto. Era il dirigente dei Servizi segreti Marco Mancini. Ora la professoressa rischia di essere condannata in base all’articolo 617 septies, cioè diffusione di riprese e registrazioni fraudolente. In questo modo viene incriminata una fonte giornalistica.

La finalità è suscitare paura fra i cittadini. Se io vedo qualcosa con al centro un “potente”, meglio voltare la testa da un’altra parte per non essere inquisito. Le fonti, per i giornalisti, sono indispensabili per poter lavorare. Colpire una fonte, significa colpire la libertà d’informazione.


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