Vestivamo alla palombara

Ma ve lo ricordate, voi, il tempo del virus? Forse siete troppo giovani. Eravate ancora piccoli. Ma io c’ero e sì, che me lo ricordo! Bei tempi andati…

Si stava in casa tutto il giorno, anche per lavorare. Chi aveva un cane no, poteva uscire, ma io avevo un gatto – furba, eh? – e potevo starmene tutto il giorno sul divano. Prima, facevo la didattica a distanza; poi andai in pensione – doveva durare un mese o due, ma il virus non finiva più – e così mi ritrovai vecchia e sola. Col mio gatto.

Ma che bei tempi! L’Emilia, finalmente, era tornata rossa come al tempo dei comunisti, e si usciva di casa solo per fare quel po’ di spesa – che poi, se volevi, te la portavano a casa – e chi voleva poteva andare in Chiesa, ma non c’era più l’acqua santa, no, era stata sostituita dal dispenser col disinfettante.

E quante volte al giorno ci si lavavano le mani! Allora sì, che c’era ordine e pulizia! Saponi, detergenti, e guanti in lattice quando dovevi portar giù la spazzatura o andare al bancomat.

E in faccia? Le mascherine! All’inizio erano quelle chirurgiche, poi arrivarono quelle da cantiere, infine la gente si sbizzarriva con tessuti alla moda. L’importante era coprire naso e bocca. Le donne musulmane ci guardavano con una strana espressione di pietà divertita. Non s’era mai visto che una donna occidentale rinunciasse al rossetto!

Le mascherine diventarono poi sempre più robuste. S’inventarono un aggeggio che copriva anche gli occhi, poi anche le orecchie, perché i virus arrivavano sempre più forti.

E finimmo per sembrare astronauti, o meglio – palombari. Si camminava per strada guardinghi, sospettosi, si faceva una gran fatica a respirare, non si vedeva l’ora di tornare in casa.

Quelli sì, ch’erano bei tempi.